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Roma. L’assedio del Torrino

Il Torrino è sotto assedio e non da oggi. In realtà il Torrino è una zona di sviluppo urbano a est di Roma, verso il mare, cresciuto rapidamente negli ultimi anni. In questo quadrante della città si è fatto spazio – a colpi di migliaia di metri cubi di cemento – una famiglia di costruttori rampanti della capitale: i Parnasi.

Sandro è il capostipite, ma è il suo figliolo Luca ad aver creato una rete di relazioni con la politica, soprattutto con Veltroni quando era sindaco di Roma e poi con tutto l’entourage legato al Pd e a Sel. Dagli accordi in compensazione – invenzione del “modello Roma” di Veltroni – i Parnasi ci hanno guadagnato parecchio, soprattutto nel quadrante est della Capitale ma non solo. Tu dai qualcosa all’amministrazione comunale in termini di terreni o servizi e quella ti spiana la strada per edificare tutto l’edificabile. In questo modo – e con questo modello – i costruttori romani sono tornati a fare la pacchia.

Il maggiore quotidiano capitolino “Il Messaggero” (di proprietà del primus inter pares dei costruttori romani, Caltagirone) segnala da tempo le ottime relazioni tra il milieu piddino/sellino di Roma e la famiglia Parnasi. Adesso che si avvicinano le elezioni comunali, i costruttori romani si stanno tutti riposizionando. Alemanno ha dato quello che ha potuto dare ma il Sindaco e la Giunta potrebbero cambiare e dunque occorre ipotecare il futuro della Capitale con la consueta, forte, impronta dei palazzinari. Il pressing dei costruttori su alcuni candidati alle primarie del Pd per il candidato sindaco già si è fatto sentire e la competizione – che si concluderà domenica prossima – appare senza esclusione di colpi.

Ma se la battaglia per il colle del Campidoglio si svilupperà nelle prossime settimane, quella sul grattacielo di Parnasi al Torrino è in corso da tempo e, indipendentemente dalle gelosie di Caltagirone, ci sono fondati motivi per indagare più a fondo.

L’acquisto del palazzone da parte della Provincia di Roma al tempo dell’amministrazione Gasbarra (PD) confermato dall’amministrazione Zingaretti (dirigente del PD oggi neo-presidente della Regione) non è apparso del tutto trasparente. L’interrogazione parlamentare del sen.Lannutti pubblicata nella nostra puntata precedente, metteva ampiamente in evidenza le opacità dell’operazione. Innanzitutto il costo: 263 milioni di euro da ricavare vendendo i gioielli di famiglia, ossia palazzi di pregio nel cuore storico della Capitale. Una spesa eccessiva che a molti è parsa un regalo ad un costruttore amico piuttosto che una scelta di razionalizzazione della sede della Provincia (che ha diversi uffici sparpagliati in centro e nel semi-centro della città).

A rumoreggiare adesso sono anche i lavoratori che con un documento comune firmato da tutti i sindacati – tranne, guarda caso la Cgil – stanno preparando una assemblea generale del personale per il prossimo 10 aprile.
I sindacati denunciano la scarsa trasparenza, l’aver bypassato le RSU e la non fornitura della documentazione richiesta sull’operazione Torrino. “Durante la presentazione della “Cabina di regia”, a fronte delle numerose osservazioni e rilievi di merito svolti dalle diverse componenti della RSU, abbiamo constatato un certo imbarazzo nel fornire risposte che, di fatto, non sono arrivate se non in maniera parziale e non totalmente convincente” scrivono in una nota i sindacati Cisl, Uil, Usb, Cobas, Ugl, Csa, Diccap, in pratica tutti. “Ad esempio non si è capito se i contratti sottoscritti siano preliminari o definitivi, se la società di gestione del Fondo Immobiliare costituito dalla Provincia sia di natura privata o di totale proprietà dell’Amministrazione Provinciale considerando che la stessa riscuote gli affitti degli stabili di nostra proprietà occupati da noi stessi” prosegue la nota sindacale.

Ma la questione delle questioni è il come giustificare questa spesa (più di 260 milioni di euro) per una operazione da parte di un ente – la Provincia – che sembra destinato a essere soppresso e quindi completamente destrutturato. Insomma l’impressione è che si sia messo un po’ tutti – dai lavoratori alla Corte dei Conti – di fronte ad un atto compiuto dal quale potrebbe essere difficile retrocedere. “In questa fase di profonda recessione e di crisi economica in cui tutte le forze politiche – a livello nazionale e locale – per risparmiare programmano la soppressione (purtroppo non l’accorpamento) delle Province, non si capisce perché ci si ostina a proseguire con una simile pervicacia su questa strada” scrivono i sindacati, preoccupati anche dal fatto che il dissanguamento delle risorse economiche della Provincia per questa operazione possa creare un buco che ipotechi anche le retribuzioni dei lavoratori.
Un buco che comunque già incombe sui lavoratori qualora si realizzi il trasferimento di tutte le sedi al Torrino. Un posto decisamente ameno, non raggiungibile da metropolitane o treni e che comporterà un esborso notevole in benzina o abbonamenti su stipendi che sono notoriamente i più bassi del pubblico impiego.
Alla fine dell’ operazione – dicono alcuni dipendenti – ci avrà guadagnato il costruttore Parnasi e ci avranno rimesso i lavoratori e gli utenti. Francamente appare difficile dargli torto. L’inchiesta prosegue.

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1 Commento


  • Alessandro

    Sono un dipendente della Provincia di Roma e da anni con articoli e con battaglie tramite il sindacato di base USB mi batto affinchè questo scandalo venga bloccato, anche in riflessione del fatto che la Provincia di Roma di fatto è commissariata e tra poco sparirà per essere integrata molto probabilmente in una fantomatica area vasta (parole di Zingaretti) che poi sarà il Comune di Roma…che senso ha deportare i dependenti della provincia in un palazzone in un quadrante mal servito e mal collegato, quando non si hanno nemmeno ben chiare le funzioni e l’utilità della Provincia di Roma…e che fine faranno quelli di Capitale Lavoro…verranno anch’essi con noi? Erano risorse da spendere per i dipendenti e per potenziare i servizi sociali alla popolazione e non per effettuare una speculazione immobiliare

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