Menu

Ruby, una bomba sotto il tavolo del governo

L’uomo che da vent’anni tiene il piede sul tubo dell’ossigeno di un intero paese colleziona – per ora – un’altra richiesta di condanna. Sei anni di reclusione: cinque per il reato di concussione (la pressione esercitata sui funzionari della questura di Milano perché affidassero Ruby a Nicole Minetti, anziché trasferirla in una struttura per minori come disposto dal magistrato di turno quella notte), un anno per l’accusa di prostituzione minorile; l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e quella legale per sei anni.

In oltre sette ore di requisitoria, interrotte solo da due pause – un vera prova di atletismo, sia detto senza alcuna ironia – il procuratore aggiunto milanese ha ricostruito la storia di Ruby e delle notti di Arcore, ricostruendo la notte in Questura, la “bufala grossolana” sulla nipote di Mubarak e il ruolo degli “organizzatori” Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti.

“Non ci sono dubbi” per Ilda Boccassini sul fatto che Ruby “si prostituisse” e sul fatto che “abbia fatto sesso con l’imputato e ne abbia ricevuto benefici”: sotto il controllo di Fede, Mora e Minetti aveva preso forma “un sistema prostitutivo per il soddisfacimento dell’ex premier”. E ancora, ipotizza che Berlusconi possa avere versato alla giovane marocchina 4,5 milioni di euro tra ottobre e dicembre in cambio del suo silenzio.

Le conclusioni della Procura derivano da “una scrupolosa valutazione del complesso delle prove formate nel pubblico dibattimento in contraddittorio con le parti”, ha dichiarato il procuratore di Milano, Edmondo Bruti Liberati, sgomberando il campo da “polemiche pretestuose e attacchi delegittimanti”.

La sentenza è a questo punto attesa per il 24 giugno, mentre la difesa di Berlusconi dovrebbe replicare in aula il prossimo 3 giugno.

Sul piano dell’immagine e su quello legale in nessun paese d’Europa Berlusconi avrebbe potuto evitare le dimissioni e l’uscita di scena. Non è la prima volta si dirà, ed è vero. Ma soltanto ora, alle condanne poi sempre finite con la prescrizione, si è aggiunta per ben due volte l’”interdizione dai pubblici uffici”. Una, a cinque anni, nella sentenza d’appello del processo Mediaset (che va in prescrizione nel 2014, e quindi potrebbe ancora finire nel nulla), e questa – ancora allo stato di “richiesta”, non ancora di condanna – addirittura “perpetua”.

In particolare, questo processo ruota intorno all’uso privato del potere pubblico (poliziotti “convinti” a soprassedere rispetto all’applicazione delle procedure standard e a disattendere le indicazioni di un magistrato); ovvero a quanto di più contraddittorio possa esistere rispetto all’occupazione di un ruolo istituzionale.

Non è la prima volta, ripetiamo. Ma questo processo ha qualche probabilità in meno di arrivare alla prescrizione; ed anche di concludersi con l’assoluzione (l’impianto accusatorio appare dotato di prove assirittura in eccesso rispetto alla norma).

La persistenza di quest’essere sulla scena – ripetiamo: da vent’anni il paese gira attorno alle sue disavventure, anziché veder affrontato uno solo dei problemi enormi che ha e che anche in normale regime capitalistico andrebbero affrontati – è sempre stato dunque un problema politico di prima grandezza. E che diverse volte sarebbe stato possibile “sciogliere” in modo istituzionalmente corretto. Ci sarebbe da chiedere a Giorgio Napolitano il perché della sua azione per formare un governo di “larghe intese” proprio con il Cavaliere, anziché cogliere l’ennesima occasione per rimuovere questa micidiale “anomalia italiana”. Nemmeno un presidente della Repubblica di fede piduista avrebbe concesso tanto all’uomo di Arcore.

Quindi la domanda diventa: quali sono gli interessi comuni – tra determinate aree del Pd, frazioni rilevanti della classe dirigente italiana, feccia raccolta sotto lo scudo del Pdl – che costringono a condierare “doveroso” offrire una protezione perpetua a Berlusconi?

La seconda questione è forse più semplice: quanto può durare un governo che deve continuamente gestire una grana irrisolvibile e così mastodontica? Dopo la sentenza di fine giugno avremo probabilmente una risposta pressoché definitiva.
O si rompe il fragile equilibrio voluto a tutti i costi da Napolitano & co, oppure la magistratura viene definitivamente ricondotta sotto il controllo del potere esecutivo. Quindi impossibilitata a indagare sulla classe politica.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *