Sabato 25 maggio a Roma, il Comitato No Debito ha organizzato un incontro per cominciare a discutere le possibilità di un referendum che consenta alla società di pronunciarsi sui Trattati Europei (da Maastricht al Fiscal Compact) che stanno devastando socialmente e democraticamente i paesi aderenti, in particolare i Pigs.
La questione posta non è affatto semplice ma segna uno spartiacque politico tra chi vuole mettersi concretamente di traverso contro i diktat della Troika e chi continua a parlare (e ad alimentare illusioni) su “un’altra Europa” che dovrebbe scaturire da questa Unione Europea dominata dalle oligarchie finanziarie, dalle multinazionali e da una classe dirigente che ne è l’espressione compiuta.
Questo carattere assunto dall’Unione Europea viene ben sottolineato da Franco Russo, attivista No Debito e uno dei relatori al convegno di sabato: “Oggi la volontà politica degli Stati è protesa ancora una volta alla salvaguardia del sistema capitalistico europeo, secondo modalità decise dai soli governi grazie alle istituzioni della governance europea” sostiene Russo “hanno trasformato da ademocratica in autoritaria la governance europea”.
Ma la questione di come poter svolgere un referendum su una materia come l’adesione del nostro paese ai Trattati Europei non è affatto semplice. In Italia, infatti, in virtù dell’art.75 della Costituzione sono vietati i referendum per le leggi di autorizzazione a ratificare i trattati internazionali. Uno dei motivi per il quale nel nostro paese non c’è mai stata una vera e circostanziata discussione pubblica sull’Unione Europea né, ad esempio, sull’adesione alla Nato. Nasce anche da questo l’ipocrisia dell’europeismo degli italiani o della intangibilità della Nato e dei suoi vincoli sul nostro territorio.
L’ultima bastardata l’hanno fatta nel 2012 tutti i partiti che sostenevano il governo Monti- Napolitano (PD,PdL,UdC) approvando a maggioranza dei due terzi in Parlamento il Fiscal Compact e dunque l’introduzione in Costituzione dell’obbligo del pareggio di bilancio. Se non fossero stati raggiunti i due terzi dei parlamentari si sarebbe dovuti ricorrere ad un referendum (come ricorda oggi Alberto Quadrio Curzio nell’editoriale del Sole 24 Ore). Ma i deputati del governo Monti-Napolitano sbarrarono la strada a questa possibilità di verifica ed espressione democratica su misure che investono pesantemente la vita della gente.
Dunque la via al ricorso al voto popolare sui Trattati europei sembrerebbe sbarrata. Ma il Comitato No Debito sta lavorando in una doppia direzione per affrontare ed eventualente superare questo ostacolo.
Sul piano giuridico esiste infatti un precedente. Nel 1989, in occasione delle elezioni europee, il Parlamento italiano con una legge di rango costituzionale varò un ‘referendum di indirizzo’ per chiedere ai cittadini se non si ritenesse di dover attribuire al Parlamento Europeo un mandato costituente per redigere una Carta Costituzionale europea. Per il Comitato No Debito sarebbe pertanto possibile, su un tema di rilievo come quello del Fiscal Compact, far svolgere un referendum di indirizzo, forti del precedente del 1989.
Ma indubbiamente c’è una battaglia tutta politica da combattere intorno all’obiettivo di un referendum sui Trattati Europei, una sorta di convocazione democratica che cresca dal basso, nella società e soprattutto nei settori sociali colpiti dalla crisi, devastati dalle misure adottate dai governi Berlusconi-Monti-Letta e imposte dall’Unione Europea. Una richiesta di referendum che diventi scardinante rispetto alle larghe intese su cui si regge l’attuale governo e la sua maggioranza.
Qualcuno dirà: e Grillo? Grillo e il M5S al momento hanno le idee tutt’altro che chiare, anzi. In una intervista al quotidiano belga “Le Soir” Beppe Grillo ha così riassunto la confusione delle proprie idee su tale questione. Il leader del M5S ha spiegato che ormai ”l’euro e’ una parola vuota, che non ha piu’ significato. Il problema e’ che euro vuol dire marco” o ”e’ vittima del dogmatismo di coloro che l’hanno promosso”. ”Io voglio poter parlare di un piano B per i prossimi cinque anni – osserva – Economisti importanti parlano ormai della possibilita’ di un’uscita. Altri sostengono la possibilita’ di due monete. Per esempio, per l’Italia la lira per il commercio interno e l’euro per quello internazionale”. Poi spiega di non avere un atteggiamento tranchant, ma di ”volerne poter parlare senza dogmatismi”. Sul tema dell’euro, Grillo spiega che organizzerebbe ”una moratoria di un anno. Una verifica oltre l’euro. E una campagna di informazione ai cittadini” perche’ ”Europa soffre di una crudele mancanza di informazione”. Fatto questo passerebbe alle fasi di discussione e decisione.
Dunque ancora poche idee e affatto chiare sulla richiesta di referendum né sul merito delle questioni (Fiscal Compact, euro etc.). Tra l’altro anche negli altri paesi europei, soprattutto i Pigs, stanno crescendo discussioni, piattaforme, appelli che cominciano a porre nero su bianco – seppur in modo ancora diversificato – la necessità di una rottura politica con l’euro e l’Unione Europea.
Per questo motivo, e per evitare che all’illusione di “un’altra Europa” sulla quale si trastulla da decenni – e senza costrutto – la sinistra italiana, si aggiunga una nuova aspettativa disattesa verso Beppe Grillo e le sue boutade in materia, occorre dare una accelerata alla campagna politica per un referendum contro i Trattati Europei qui e adesso. Il Comitato No Debito ha colto con largo anticipo meglio di altri la contraddizione e sabato prossimo cercherà di entrare nel merito delle proposte e delle possibilità.
Al convegno relazioneranno Giorgio Cremaschi, proprio sulla questione del referendum; il costituzionalista Gianni Ferrara, l’economista Luciano Vasapollo e Franco Russo che da tempo coordina l’attività dei giuristi attivi contro i diktat della Troika. Insomma, un appuntamento da non perdere. Alle ore 10.00 in via Galilei 56 a Roma.
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Roberto
La costituzione impone limiti severi alla possibiltà di indire un referendum in merito alle questioni citate nell’articolo e questo è un fatto. Bisogna allora partire da un referendum sull’art 75 in particolare su questi 2 punti dellìarticolo:
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio , di amnistia e di indulto di autorizzazione a ratificare trattati internazionali
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
Questo sarebbe un segno importante e darebbe la possibilità di moltiplicare l’iniziativa referendaria su argomenti cruciali.
paolo48
si deve fare ma, come dico sempre, non basta…………..
Non si puo’ piu’ accettare che la politica resti impunita di fronte a simili disastri e nemmeno che lo sia quando il malgoverno e’ cosi’ evidente come qui in Italia……….