In Italia il sistema di finanziamento pubblico alle scuole private paritarie esiste da ormai parecchi anni. A Bologna come nasce e come si evolve l’ipotesi di finanziare le scuole private con fondi comunali?
Nel 94 l’allora giunta comunale Vitali iniziò questa convenzione stanziando circa 250 milioni di lire a favore delle scuole materne private, quelle che poi saranno classificate come “paritarie”. Le motivazioni su cui si basò questa scelta, e che ancora oggi vengono riproposte, sono sostanzialmente due, diametralmente opposte. Da un lato si reputò che il sistema educativo pubblico delle scuole dell’infanzia (pubbliche) qui in Emilia Romagna, soprattutto Reggio Emilia e Bologna fornisse standard molto più elevati rispetto alle scuole materne (future paritarie): per appianare il divario invece di chiedere l’apertura di nuove sezioni statali, si ritenne di dare un finanziamento alle scuole materne purché rispettassero certi parametri di qualità; l altra motivazione è invece tutta politica. Nel 94 l’Italia viveva in quella fase di ridistribuzione delle forze politiche che di li a poco avrebbe portato alla spaccatura della DC e del centro sinistra. La scelta allora fu quella dell’avvicinamento dell’allora PDS a tutto il ceto cattolico che poi ha di fatto dato corpo e anima alla Margherita prima e al PD poi e che qui a Bologna ha sempre rappresentato una forza considerevole nonostante la tradizione di sinistra di questa regione.
Di fatto però i controlli che dovevano garantire la qualità del servizio non sono mai stati effettuati. Una riprova l abbiamo avuta nel 2006 con Cofferati in cui il comune dichiarò di non riuscire a far fronte a tutte le richieste di iscritti tra scuole comunali e statali. In quell’anno come allora RdB chiedemmo al comune una verifica sulla modalità di utilizzo di questi fondi e l allora assessore alla scuola cadde dalle nuvole e non seppe darci nessuna risposta. Oggi ci dicono che quei soldi che sono nel frattempo arrivati a 1.180000 E, vengono usati per garantire certi standard di qualità, per garantire certe rette, ecc. e che sarebbero necessari per garantire il servizio della scuola paritaria a circa 1730 bambini ogni anno. Ma attenzione perché in verità questa motivazione è abbastanza ambigua: solo una piccola parte dei bambini che si rivolgono alla scuola privata sono in qualche modo costretti dal fatto che non ci sono piu posti nelle sezioni pubbliche, il resto ci va per scelta, sia essa di carattere religioso, culturale o altro. Perché quindi dovremo dare supporto a chi di fatto puo permettersi a priori questa scelta? Un’altra motivazione sta nel fatto che queste scuole già di fatto ricevono finanziamenti da Stato e Regione (i quali non sono toccati da questo referendum). Il finanziamento comunale si traduce in circa 600 E a bambino; eliminando questo finanziamento quindi le rette dovrebbero aumentare di 600E. Ma dato che il finanziamento è cresciuto negli anni, ma non è mai stato accompagnato da una diminuzione delle rette o da un aumento degli iscritti: dal momento che questo non è mai avvenuto, siamo portati a pensare che la gente sceglierebbe la privata indipendentemente da questo finanziamento, che di fatto non si traduce ne in un aumento della qualità del servizio, ne della sua quantità.
Cosa provoca quindi la nascita del comitato referendario?
Il comitato nasce precisamente l’anno scorso. Mentre nel resto d’Italia negli ultimi anni lo Stato è intervenuto per aumentare la presenza di scuola materna statale nei territori qui non è mai avvenuto.. in verità perché qui non è mai stata fatta la richiesta di aprire nuove scuole statali: il comune sbandiera il fatto che il 60% della scuola materna è garantito da esso stesso mentre lo Stato da solo il 16%. Ma in verità l’anno scorso, 450 bambini sono stati esclusi dalle graduatorie per la scuola pubblica e il comune non ha mai chiesto allo Stato di intervenire, preferendo dirottare i richiedenti verso le scuole private. Una parte di questi bambini poi sono stati assorbiti nella scuola pubblica ma molti sono stati costretti a rivolgersi alle scuole private. Quest’anno, sull’onda e pressione dovuta anche dal referendum, la richiesta di aprire nuove sezioni è stata fatta, tramite richiesta allo Stato, o tramite manovre comunali che hanno aumentato le sezioni comunali togliendone ai nidi (che è considerato un servizio alla persona, e non un diritto come è invece considerata la scuola materna). Il comitato è nato con un primo quesito referendario, bocciato però dal comitato dei garanti; a quel punto il comitato si rifonda su un nuovo quesito, ritenuto questa volta ammissibile. L’unica organizzazione sindacale che ha deciso di fare una campagna compatta su questo referendum è stata di fatto l’USB, ma al comitato hanno aderito anche i COBAS, la FIOM e l FLC (anche se la CGIL è formalmente schierata sul fronte del B). Dentro al comitato ci sono tutti coloro che negli ultimi anni hanno lottato per la scuola plurale e contro i tagli all’istruzione, a cui si sono uniti i comitati genitori che oggi toccano con mano la ricaduta di questi tagli. Due anni fa la Cancellieri aveva tentato di imporre una tassa per l’accesso alla scuola materna, con un aumento delle tariffe in corso d’anno. In un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo anche questo è un segnale del fatto che la gente ha toccato con mano cosa volevano dire i tagli e oggi si rende conto di dover mettersi in moto e lottare per difendere i propri diritti, e quelli dei propri figli all’istruzione garantita.
Le scuole private paritarie, di fatto, cosa non garantiscono rispetto alla scuola pubblica?
Innanzitutto come dicevo prima, non cè nessuna garanzia di pluralità: non c’è di fatto nessuna garanzia e nessun controllo sul tipo di educazione che viene fornita. Teoricamente le scuole private dovrebbero accogliere chiunque; di fatto se prendiamo ad esempio gli alunni disabili, che richiedono ovviamente un ulteriore insegnante di sostegno, la stragrande maggioranza sta nella scuola pubblica; l altra percentuale molto bassa è quella degli studenti stranieri. Le condizioni dei lavoratori delle scuole paritarie che aderiscono alla FISM e hanno un loro contratto nazionale, sono peggiorative rispetto alle condizioni del contratto nazionale per la scuola pubblica.
La campagna referendaria è stata molto partecipata soprattutto nell’ultimo periodo, diventando anche una questione nazionale con l’intervento di intellettuali e personaggi politici di spicco. Di fatto quali sono gli schieramenti che ha messo in evidenza?
Il dato piu imporatante di questa campagna referendaria in verità è stata la straordinaria mobilitazione dal basso su queste questioni. Nonostante il tentativo di boicottaggio da parte dell’Amministrazione (dalla scelta della data prima, alla ridottissima quantità di seggi messi a disposizione per votare poi) io credo che il risultato sarà positivo perché la partecipazione è stata importante.
Molti giornali stanno facendo passare l’ idea che questo referendum rappresenti lo scontro tra le due sinistre (PD e SEL per esempio). In verità questa campagna referendaria ha delineato la separazione netta non tanto tra due schieramenti politici, ma piuttosto tra i lavoratori e la gente comune da un lato, e i poteri forti di questa città dall’altro. Centro Destra, PD, la Confederazione CGIL e la Chiesa in questa battaglia sembrano aver trovato un fronte comune, come d’altronde succede anche quando si tratta di tagliare il 30% dei fondi sulla sanità per garantire lo sviluppo della sanità privata, o come quanto si tratta di gestire rifiuti acqua ed energia e concedere la gestione privatizzata ad Hera di tutti questi servizi. In tutto ciò da anni vediamo che alla privatizzazione dei servizi corrisponde un aumento delle tariffe e una diminuzione dei servizi.. Questo referendum, come quello di due anni fa per l’acqua pubblica, dimostra che la cittadinanza sta iniziando a capire che le politiche di privatizzazioni oggi stanno portando alla chiusura degli spazi democratici e dei diritti.
Il sindaco Merola, in qualità di rappresentante della giunta comunale si è dimostrato particolarmente ostile a questo referendum. Un commento?
Cè stata una reazione scomposta e decisamente esagerata da parte dei poteri forti di questa città per chiudere gli spazi democratici riguardo a questo referendum . L’ultima mossa di Merola, che la dice lunga sulla sua posizione, è stata la decisione di cedere la sua parte dello spazio per la propaganda al fronte del B (quello per la continuità del finanziamento alle scuole private). L amministrazione proverà a non tener conto del risultato del referendum comunque esso vada. Certo pagherebbe un prezzo politico e anche di immagine altissimo ma a quanto pare gli interessi in gioco e le pressioni sono talmente alti da poter mettere in conto anche l’ ipotesi di non essere confermati alle prossime elezioni.
Forse, aggiungiamo noi, Merola non vorrà piu fare il sindaco di Bologna, ma forse l’autorizzazione a perdere la faccia oggi rispetto a questo referendum ci rivelerà in futuro le opportune giustificazioni.
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