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La sanità no, ma si taglia su tutto il resto

La sorpresa dell’ultimo momento c’è stata: i tagli alla sanità non saranno nella dimensione prevista, né con la tempistica descritta fin qui da “bozze” e indiscrezioni. Ma il motivo non è nobile (salvaguardare la salute dei cittadini), visto che il ministro Lorenzin e il Pdl avevano fatto le barricate in difesa del “loro” pezzo di governo. E di risorse finanziarie. Il taglio ipotizzato, infatti, avrebbe colpito soprattutto farmaci e contributi vari alle cliniche private.

La legge di Stabilità è stata stata varata intorno alla mezzanotte dal Consiglio dei ministri – in tempo per rispettare la scadenza del 15 ottobre fissata dall’accordo Two pack, che stabilisce l’obbligo di trasmettere il provvedimento alla Commissione europea entro la stessa data – e subito è stata presentata come «senza tasse e senza tagli sul sociale». Ma il valore complessivo del provvedimento è di circa 11,5 miliardi nel 2014, oltre a 7,5 miliardi nel 2015 e 7,5 nel 2016. Il trucco ci deve essere per forza, perché non è possibile ridurre il debito abbassando le tasse e rinunciando a tagliare qualcosa.

Partiamo dalle quasi certezze. L’intervento sugli stanziamenti della sanità nel triennio 2014-2016 che nella bozza del provvedimento della vigilia era calcolato intorno ai 2,6 miliardi di euro, non è più previsto.

E ci sono anche “spese” per 14,6 miliardi di euro (sgravi fiscali che entreranno in vigore nel prossimo triennio; 5 miliardi per il cuneo fiscale riguardante i lavoratori, 5,6 miliardi per le imprese e un miliardo per le ristrutturazioni edilizie ed ecobonus).

Altri 11,2 miliardi di euro sono destinati ad “azioni sociali” non meglio specificate, progetti di investimento e impegni internazionali. In termini triennali, gli impegni di intervento assommano nel complesso a 27,3 miliardi di euro.

Da dove verranno presi questi soldi?

Qui Letta non è entrato molto nei dettagli. Per il 2014 «il reperimento delle risorse avverrà su quattro grandi voci: 3,5 miliardi di tagli alla spesa (3,5 allo Stato e 1 miliardo per le Regioni); 3,2 milioni da dismissioni immobiliari, revisione del trattamento delle perdite di banche e altri intermediari; un miliardo e 900 milioni da interventi fiscali: 500 milioni da limatura delle taxes expenditur, e altri interventi che hanno a che vedere con le attività finanziarie, in particolare l’aliquota di bollo». Sembra chiaro, ma non lo è. Ogni voce può esser declinata in molti modi, ma di fatto ci sono molti tagli e molte tasse.

Il taglio del cuneo nel 2014 servirà per ridurre l’Irpef per le fasce medio-basse. Per le imprese, c’è una defiscalizzazione fino a 15mila euro dall’Irap per i neo assunti (in aggiunta all’organico), durata per tre anni. Dal 2014 poi ci sarà la restituzione completa (e non più solo limitata a 6 mesi) del contributo addizionale Aspi dell’1,4% (il nuovo istituto che riassume la vecchia “mobilità” e l’assegno di disoccupazione), se il rapporto di lavoro a tempo determinato viene trasformato in “stabile”. Per i lavoratori, inoltre, ci sarà il previsto aumento delle detrazioni Irpef, ma in misura minore delle promesse (1.510 euro e non più 1.600).

L’unica misura pensata per migliorare la qualità dell’occupazione è il solito “incentivo” alle imprese. «Un intervento che incentiva il passaggio dal tempo determinato al tempo indeterminato per spingere il lavoro vero». Ma dal provvedimento è invece scomparso il preannunciato aumento delle aliquote sulle rendite finanziarie /dal 20 al 22%, come l’Iva), sostituito da « un aumento del bollo sulla gestione dei titoli». La differenza? Invece di tassare il guadagno dell’investimento finanziario si tassa il fatto di avere un “portafoglio titoli”; ovvero si colpisce soprattutto ai livelli bassi del trading (ormai aperto a molti, grazie all’internet banking), mentre si risparmiano i grossi investitori. Insomma: gestire 10 miliardi o 5.000 euro avrà lo stesso aumento dei costi. Una “logica di classe” estesa anche alle rendite finanziarie! Non si era mai vista una cosa del genere, questo p veramente un governo “innovatore”…

Le altre coperture sono in alcuni casi davvero “spericolate” ossia di dubbia efficacia. 1,1 miliardi dovrebbero arrivare da “operazioni volontarie dei contribuenti” e da altre voci riguardanti gli intermediari finanziari.

1,4 mld dovrebbero venire dalla limitazione dell’elusione fiscale; 3,8 mld dagli aumenti già citati dell’imposta di bollo sui prodotti finanziari e da un intervento selettivo sulle “spese fiscali”; 1,5 mld dalla vendita di immobili (a quali prezzi, su un mercato così squinternato?).

Ma il grosso – e il “certo” – deriva ovviamente dal taglio della spesa pubblica: ben 16,1 mld. Dove? Ce lo diiranno dopo, con comodo. Inutile allarmare il popolo, no?

Sulle altre voci, sostanzialmente la tassazione sugli immobili, ecco qui le schede de IlSole24Ore:

Service tax: esce la Tares ed entra la «Trise

L a tassazione immobiliare non lascia, ma raddoppia. Anzi triplica. Con la nascita del nuovo tributo sui servizi (Trise), a sua volta suddiviso in due parti: la Tari sui rifiuti e la Tasi sui servizi indivisibili. Che sostituiranno la Tares e l’Imu sulle prime case non di lusso. Imu che invece resterebbe sull’abitazione principale di pregio e sulle seconde case. Tari e Tasi non differiranno solo per una consonante, ma per l’intera struttura. La prima sarà una tariffa e sarà commisurata alla superficie calpestabile già utilizzata per pagare fin qui Tarsu, Tia 1 e Tia 2. Per poi trasformarsi più avanti in Tarip, una tariffa puntuale e commisurata alla quantità e qualità di rifiuti prodotti. La Tasi invece sarà un tributo con un’aliquota di partenza dell’1 per mille che utilizzerà la stessa base imponibile dell’Imu. Fermo restando che il tetto massimo del prelievo non potrà superare le aliquote massime Imu: 6 per mille sulla prima casa 10,6 sulla seconda.

Banche e assicurazioni: torna la deducibilità in 5 anni per la svalutazione dei crediti

Torna per banche, intermediari finanziari e assicurazioni la deducibilità in cinque anni di svalutazioni e perdite su crediti verso la clientela. La legge di stabilità cancella l’attuale meccanismo che spalmava l’operazione in 18 anni per le quote iscritte in bilancio, almeno per la parte eccedente lo 0,30% (deducibile invece in ciascun esercizio). Una norma che era stata introdotta nel 2008 con il «decreto sviluppo» 112 del Governo Berlusconi . Ora invece queste poste diventano deducibili in quote costanti dall’esercizio in corso in cui sono iscritti in bilancio e nei quattro successivi. Con maggiori vantaggi per banche e assicurazioni che a fronte di un credito non esigibile subiscono immediatamente la perdita in bilancio. Le perdite sui crediti realizzate mediante cessione a titolo oneroso sono invece integralmente deducibili nell’anno di contabilizzazione. I nuovi criteri si applicano dal periodo di imposta 2013.

Indicizzazione delle pensioni solo fino a sei volte il minimo

La rivalutazione delle pensioni riparte con quattro scaglioni anziché i vecchi tre. Dal 2014 l’indicizzazione sarà al 100% per gli assegni fino a tre volte il minimo, al 90% per lo scaglione di pensione compreso tra tre e quattro volte il minimo, al 75% per lo scaglione tra quattro e cinque volte il minimo e al 50% per gli importi superiori a cinque volte il minimo. Per il solo 2014 resta il blocco dell’indicizzazione per la parte di pensione che supera le sei volte il minimo (3mila euro lordi). Il pacchetto previdenziale prevede poi un contributo di solidarietà, finalizzato al finanziamento delle salvaguardie per gli esodati, con un prelievo del 5% della parte di pensione tra i 100mila e i 150mila euro lordi l’anno, del 10% per la parte eccedente i 150mila euro, del 15% per la parte eccedente i 200mila euro. Il prelievo di solidarietà sarà ripetuto per tre anni.

Pubblico impiego: un altro anno senza contratto e turn over prorogato al 2018

Per il pubblico impiego arriva un nuovo blocco della contrattazione fino a tutto il 2014 con estensione alle amministrazioni dell’elenco Istat, quindi anche a diverse società in house e enti, con in più la novità che l’indennità di vacanza contrattuale per il biennio ’13-’14 andrà perduta. Prorogato fino al 2018, ma con maglie più larghe rispetto alla legislazione vigente, anche lo stop al turn over, che seguirà il seguente decalage: assunzioni al 40% dei ritiri per l’anno 2015, al 60% per l’anno 2016, al 80% per l’anno 2017. Viene poi vincolato il pagamento degli straordinari al solo personale presente in amministrazione ed applicato dal gennaio prossimo per tutte le amministrazioni il tetto massimo dei trattamenti economici parametrato a quello del primi presidente della Cassazione. Il tetto vale anche per le società controllate e i membri dei cda.

 

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