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“9 dicembre”. Corrispondenze da Vicenza, Torino e Padova

Su quanto avvenuto oggi in alcune città relativamente alla “rivoluzione del 9 dicembre” abbiamo ricevuto alcune corrispondenze utili per inquadrare la situazione sul campo. Anche se segnalano diversità e situazioni a “macchia di leopardo”, il quadro che ne emerge non appare affatto rassicurante.

 

Una corrispondenza dalla provincia di Vicenza

Ci siamo dislocati nei caselli di Vicenza ovest, Montecchio, Montebello, Soave. Nei 4  caselli diversa situazione. tratto comune: molti giovani e comunque età media attorno ai 40.

A Vicenza ovest e tangenziale  circa   200,  molti fascisti, poca gente vera, un presidio super tollerato  e di fatto senza presenza di polizia, in tutto una decina. se la polizia avesse voluto  il blocco sarebbe stato spazzato via in pochi minuti.

A Montecchio la situazione più grossa ed esplosiva: 300 persone molti piccoli imprenditori, negozianti, disoccupati, e giovani studenti; alcuni con la bandiera italiana con il fascio littorio, altre che salutavano con il braccio teso; qui blocchi veri  anche nella statale per Verona..la polizia è intervenuta con un certo numero per convincere di essere morbidi, in parte riuscendoci. Presenti alcuni  padroncini  accompagnati dai loro dipendenti, avevano le tute.

A Montebello la protesta viveva con l’aiuto dei montecchiesi, blocchi a tratti in autostrada.

A Soave  quartier generale della protesta; Life, Cospa, tutti ben organizzati con trattori , camion, tendoni, sala stampa circa un 300 persone  sopratutto agricoltori, negozianti, imprese edili, artigiani, disoccupati.

L’autostrada funziona decentemente mentre appunto i caselli sono in parte bloccati.

La cosa sta continuando anche se bisogna attendere domani per capire meglio; se resistono attireranno nuovi adepti, altrimenti tutto si affloscia.

Una prima valutazione:

Una composizione sociale particolare fatta di artigiani, negozianti, piccoli imprenditori, studenti. Del resto nel veneto LIFE, COSPA, AZIONE RURALE sono cose vere con un loro seguito.

Che sia una movimentazione reazionaria, oltre alle cose, dette lo si percepiva da molti discorsi, e dal fatto che più di qualcuno invocava il colpo di stato militare, pur dicendo che la cosa purtroppo non era possibile perchè  anche i generali sono diventati casta. La partecipazione di gruppi di studenti, tra cui anche migranti,  in realtà ha fatto  il numero.

I leader di questi presidi sono tutti attorno ai 40 anni,  qualificabili come  o ex leghisti o  di destra, non necessariamente fascista. I fascistelli erano presenti con i loro leader

 

Due corrispondenze da Torino

Da Torino città: Tanto per essere chiari da subito: la giornata di mobilitazione di trasportatori, artigiani e commercianti oggi, a Torino, è andata oltre le aspettative e le previsioni. Un primo bilancio vede parecchie centinaia di persone in piazza stamane, nei diversi “blocchi” e poi al momento degli scontri di Piazza Castello, ma soprattutto una quota molto alta di esercizi commerciali chiusi – alcuni convintamente hanno appeso sulle saracinesche il volantino dell’iniziativa, altri per timore di ritorsioni si sono accodati – e soprattutto un certo senso di approvazione nei discorsi raccolti per strada.

Per strada per la verità si è visto anche altro, come automobilisti infastiditi che hanno tentato di reagire (rimediando qualche cazzotto e qualche calcio) alle provocazioni squadriste dei manifestanti che provavano a bloccare i mezzi (soprattutto quelli pubblici) incolonnati, usando spartitraffico mobili. Dell’episodio è testimone chi scrive, mentre stamattina si recava al lavoro, nella periferia sud della città.

Ancora più interessante è stato però verificare, all’arrivo a scuola (un istituto superiore), che più di metà degli studenti non era presente a scuola, “per sciopero” a dire dei compagni di classe. Era girata ieri, tra l’altro, la falsa notizia della chiusura delle scuole da parte del sindaco, e molti ne hanno approfittato. C’è da tenere presente che nessun corteo studentesco o sciopero (vero) riesce di norma a tenere a casa tanta gente.

Le contrapposte letture di docenti e studenti sono, credo, meritevoli di qualche riflessione. Con i pochi presenti in classe, una prima, ho provato a dare qualche coordinata in più sulla giornata di oggi, sulle sue ragioni, sulle sue più o meno occulte guide politiche e ideologiche. Su questo molta confusione. Ma, piuttosto inquietante, una istintiva consonanza con l’umore della piazza – politici a casa, casta, qualunquismo diffuso – e una altrettanto significativa individuazione, tra le cause della crisi, dei lavoratori immigrati, sui quali ben presto si è concentrata la discussione. Essi sono vissuti come “oggettivi concorrenti” lavorativi da parte dei ragazzi e dei loro genitori. Più lucidi, ma non immuni dalla distorsione di cui sopra, i ragazzi marocchini o rumeni, mentre la provenienza centromeridionale dell’80% delle famiglie d’origine dei ragazzi (rapida inchiesta per alzata di mano) non pone il minimo freno (anzi tra di essi ci sono i più oltranzisti contro gli immigrati). Durante l’ultima ora, in una quarta, giunge la notizia (il collegamento telefonico è costante…) che un gruppetto di manifestanti è entrato a scuola, apostrofando docenti e personale ata, e rivendicando un lavoro, probabilmente di fronte a quella che viene percepita come una categoria di garantiti.

Tra i docenti, molti dei quali nei giorni scorsi e oggi discutevano delle primarie del PD, l’irruzione a scuola è valsa a far venire fuori i pensieri più profondi: “se fanno così i ragazzi, il lavoro non glielo daranno mai; ma non lo sanno che per lavorare a scuola ci siamo dovuti laureare, mica tutti possono pretendere un posto del genere”. La media borghesia intellettuale (con qualche lodevole eccezione) si sente ancora protetta e non capisce le posizioni né di proletari e sottoproletari devastati dalla crisi, né della piccola borghesia commerciale che sta perdendo reddito e posizioni e tenta la sua protesta di pancia.

Si legge nei siti di movimento o sui profili facebook un’oscillazione fra l’attacco diretto alle posizioni piccolo-borghesi e bottegaie emerse oggi (“Cari pesci piccoli, razzisti ed evasori, c’è la crisi e il pesce grande vi mangia. È il capitale, se non vi piace costruiamo il socialismo…”, tutto giusto ma bisogna trovare il modo per farglielo capire, le giuste mediazioni!) e, invece, l’idea che mobilitazioni di questo genere diventeranno sempre più frequenti e bisognerà esserci (per contrastare ma anche provare ad egemonizzare) per dare una prospettiva diversa. Il dilemma è antico. Certo, chi pensa che la costruzione della rappresentanza politica del blocco sociale debba passare anche attraverso un allargamento dei tradizionali gruppi di riferimento della sinistra anticapitalista e dei comunisti, sappia di trovarsi davanti ad un lavoro difficile. Chi invece pensa di potersi mantenere vergine e puro senza fare i conti con il “populismo”, “l’uscita dall’Europa” e il senso comune di queste classi subalterne, immaginando di trovare la purezza operaia in qualche cielo della teoria o della memoria, si condannerà all’insignificanza, il peggiore destino per chi cerca di fare politica.

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Dalla periferia torinese. Un amico è stato alla manifestazione. Abita nel quartiere San Paolo e mi ha riferito alcune cose. Innanzi tutto sa per certo che alcuni negozi del suo quartiere hanno ricevuto minacce, non semplici pressioni. L’adesione dei commercianti, al di là delle minacce, è stata di massa. Lui mi confermava, vedendo il suo quartiere, quello che ho potuto constatare anche io di persona facendomi un giro nel mio quartiere. Il 99% dei negozi ha chiuso. I pochi negozi che io ho visto aperti erano i supermercati, le farmacie di turno, le rivendite di tabacchi, aperti grazie anche agli introiti delle macchinette mangiasoldi, e qualche bar. Sui bar, infatti, pare non ci sia stata l’adesione di massa e alcuni “manifestanti” sono entrati nei bar a saccheggiando, come anche è stato riferito nel tg regionale, o intimando i gestori mandare via i clienti e ad abbassare le saracinesche, come apprendo da testimonianza indirette, ma sempre legate ai fatti narrati da tg.
Quanto agli scontri in piazza, il compagno, sempre per sua testimonianza diretta, mi ha riferito che gli scontri sono stati minimi e riconducibili agli ultras della curva Scirea, il gruppo si chiama I Drughi. Qualche pietra e qualche bottiglia, ma niente di più. Per contro la polizia ha risposto solo con qualche lacrimogeno. Per il resto, i manifestanti hanno inneggiato alla polizia con cori a favore e applausi, ai quali le forze dell’ordine hanno risposto deponendo il casco e mostrandosi quanto mai “friendly”. Anche su questo episodio ci sono video e foto su internet e facebook (vedi anche il nostro profilo).
Altro fatto è la presenza di alcuni degli studenti medi che in massa hanno disertato le aule oggi (come conferma un insegnante e questo amico, insegnanti alle superiori, istituti professionali). La presenza degli studenti tuttavia è stata molto generica, senza grandi contenuti politici, anzi si allineavano alla diffusa tendenza antipolitica della giornata.
I discorsi provenienti dalle due camionette poste in piazza Castello si incentravano per lo più sul disprezzo per la classe politica, le banche e le tasse. Pochi e vaghi i riferimenti all’euro e all’Unione Europea. Gli ambulanti sono stati tra i protagonisti della giornata, questo è certo. Gli è anche stato riferito che in corteo sono stati lanciati slogan contro immigrati.

 

Corrispondenza da Padova

Oggi era il gran giorno. Quello atteso dai ben 2.376 membri del gruppo facebook del Coordinamento 9 dicembre Padova e provincia, quello a cui erano stati invitati 18mila utenti facebook e a cui 945 avevano promesso la loro partecipazione.

I presidi previsti per oggi a Padova città erano 2 e altri 4 in provincia, a Monselice, Piove di Sacco, Loreggia e Cittadella.

Il primo presidio è quello in piazzale Stanga. Un nodo strategico della viabilità cittadina in cui convergono 5 grandi strade e in cui si concentra il traffico in ingresso e in uscita verso est e nord est.

Un obiettivo strategico che gli organizzatori si ripromettevano di bloccare ad oltranza. Ma se l’obiettivo è strategico le forze per occuparlo dovrebbero essere adeguate. E’ invece mancano i mezzi pesanti, non ci sono trattori e neppure tir. C’è solo un palco da cui alcuni oratori lanciano slogan agli automobilisti di passaggio. A ora di pranzo i partecipanti sono una cinquantina. Alla cinque del pomeriggio, l’ora di punta, pochi di più. Meno delle bandiere italiane affisse ai semafori. Appena sufficienti a reggere il megastriscione di 20 metri in cui si dichiara che questo “è l’inizio della fine”.

Se questo fosse dappertutto l’inizio, potremmo stare tranquilli.

Va detto però che anche se queste non sono propriamente le “folle oceaniche” di fascista memoria, non difettano comunque della stessa creduloneria. Un oratore dal palco afferma “Siamo milioni” e la “folla” applaude convinta.

Un po’ più dignitoso il presidio al casello autostradale della zona industriale. Anche qui partecipanti sono pochi, circa una cinquantina e non sono sufficienti a tentare un vero blocco del traffico. Ma il presidio occupa comunque le 4 corsie centrali di corso Stati Uniti e il traffico procede incolonnato nelle due laterali. Cinque, dieci minuti di coda e si arriva al presidio che di fatto è solo un volantinaggio di massa. Molti tra gli automobilisti e i camionisti rifiutano il volantino.

Quello che salta agli occhi però è che in questo presidio le direttive tassative del “camerata Reginaldi” (il consigliere di Forza Nuova, a Sezze, nel Lazio, ndr) non devono essere arrivate. Le bandiere non sono quelle italiane, ma quelle veneziane con il leone di san Marco.

Su quanto succede agli altri presidi, quelli in provincia, ricaviamo informazioni dalle edizioni on line dei giornali locali. A Monselice in 15 presidiano il comune. Sulla statale per Rovigo i manifestanti sono pochi per tutta la mattinata. Solo verso l’ora di pranzo sembra arrivino a cento. A Cittadella 30 persone distribuiscono i volantini rallentando il traffico. A Loreggia ci sono 80 persone.

Del presidio di Piove di Sacco non si hanno notizie. Si sa solo che la polizia stradale ha bloccato precauzionalmente la strada dei vivai che partendo da Piove di Sacco arriva a Padova in Corso Stati Uniti, dove c’è il secondo presidio cittadino. Di fatto al momento questo della polizia stradale è l’unico vero blocco della giornata.

 

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