Se il progetto politico è quello di eliminare il pluralismo politico, allora non c’è diavolo che tenga. Il temuto e sgangherato incontro tra Matteo Renzi e Berlusconi ha chiarito esattamente su cosa i “principali partiti” – o come preferite chiamare queste aggregazioni – si trovano perfettamente allineati.
“C’e’ una profonda sintonia sulla legge elettorale verso un modello che favorisca la governabilità, il bipolarismo e che elimini il potere di ricatto dei partiti più piccoli. Su questo tema abbiamo condiviso l’apertura ad altre forze politiche di scrivere questo testo di legge che per quanto ci riguarda; se nelle prossime ore saranno verificati tutti i dettagli, presenteremo il tutto alla direzione del Pd affinché voti lunedì alle 16”.
Renzi ha sintetizzato così “la ciccia” del passaggio politico che si va affrontando in questo paese. Con alle spalle una sentenza della Corte Costituzionale che smantella il “porcellum” proprio sui punti centrali del “bipolarismo forzoso” – liste bloccate senza preferenza e premio di maggioranza senza limiti – i due complici si sono ritrovati perfettamente d’accordo nel proporre una legge elettorale ancora più incostituzionale. Il problema è infatti quello di eliminare la rappresentanza politica. Esattamente come l’”accordo interconfederale” tra Cgil-Cisl-Uil e Confindustria mira a eliminare la rappresentanza sindacale.
Parliamo qui ovviamente della rappresentanza effettiva di interessi sociali, abilitati dunque a selezionare e proporre dei “delegati” incaricati di difenderli e imporli nella complessa opera conflittuale chiamata “democrazia”. Al contrario, questo tipo di “classe dirigente”, espressione diretta delle politiche della Troika (Renzi) e dei poteri più arretrati e oscuri della società italiana (Berlusconi), si vanno accordando per imporre un vero e proprio regime politico in cui “dal basso” non possa più filtrare alcun input o figura di riferimento. È chiaro infatti che ogni proposta mirante ad “eliminare il potere di ricatto dei partiti più piccoli” è in realtà un muro fortificato contro ogni possibilità che “piccoli partiti crescano”. Ed è abbastanza ovvio che ogni nuovo partito politico, ogni nuova visione emergente, specie se espressione dei ceti popolari sfruttati, sia all’inizio un “piccolo partito” con prospettive di crescita.
Basterebbe già questa considerazione “strutturale” per demolire gran parte dell’”ansia elettoralistica” che ancora pervade i residui della “sinistra radicale”, che va decomponendosi una tornata elettorale dopo l’altra nell’inutile sforzo di tornare in Parlamento. Se poi ci aggiungiamo la “trasformazione del Senato in camera delle autonomie, con la clausola che i suoi membri ”non percepiscano indennità e che non vi sia una loro elezione diretta”, capiamo senza sforzo che – come nel caso nelle province – si punta esplicitamente a ridurre al minimo le istituzioni “rappresentative”, sostituendole con organismi “amministrativi”. Che obbediscono senza sforzo o frizione alle direttive “centrali” (provenienti dall’Unione Europea o dall’esecutivo nazionale”.
Berlusconi ha confermato in pieno questa lettura delle “riforme istituzionali” in gestazione dettando a sua volta una nota: “L’accordo con Renzi prevede una nuova legge elettorale che porti al consolidamento dei grandi partiti in un’ottica di semplificazione dello scenario politico”. “Insieme, abbiamo auspicato che tutte le forze politiche possano dare il loro fattivo contributo in Parlamento alla rapida approvazione della legge, che speriamo possa essere largamente condivisa”, “ho garantito al Segretario Renzi che Forza Italia appoggerà in Parlamento le riforme”.
“Semplificare” è la parola d’ordine della Terza Repubblica. Sia in politica che nelle relazioni industriali. Si potrebbe anche tradurre in “non disturbate il manovratore”.
Per ora non si ha però traccia di uno schema di legge elettorale. Pare che delle tre proposte avanzate da Renzi il Cavaliere preferisca il cosiddetto “modello spagnolo”, ma la certezza si avrà solo nei prossimi giorni.
L’iniziativa ha comunque sconvolto buona parte della “base del Pd”, che ha reagito manifestando contro il proprio partito davanti alla sede nazionale. Tanto che Renzi è dovuto passare da un ingresso laterale. Mentre Berlusconi è stato accolto dai manifestanti che gridavano ‘vergogna, vergogna’ e ‘non si tratta con i criminali’. Sono state lanciate anche alcune uova, che hanno raggiunto l’auto del Caimano..
Il gioco del resto è semplice: se si elimina “il fastidio” della rappresentanza politica, poi – a chi subisce le scelte dei governi – non resta che farsi sentire in altro modo.
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