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Rivolte sociali. Nell’indice del The Economist l’Italia è “a rischio medio”

La “Economist Intelligence Unit” dell’omonimo settimanale britannico – una sorta di guida dell’elaborazione capitalista – come ogni anno, ha pubblicato un “indice di rischio” sulle rivolte sociali nei principali paesi del mondo. Si tratta di una previsione relativa alle zone maggiormente a rischio disordini. Nell’indice rientrano un po’ tutte le proteste: dai movimenti contro l’austerity, protagonisti di conflitti sociali “in aumento in tutto il mondo” sia nei paesi ricchi che in quelli più poveri, ai movimenti di protesta contro le dittature (soprattutto in Asia e Medio Oriente). L’Economist sottolinea – opportunamente – che anche nei paesi emergenti come il Brasile e la Turchia emergono forti conflitti e rivolte sociali, evidenziando come tutti questi paesi “condividano alcune caratteristiche di fondo”. L’Italia viene collocata ad un livello di rischio “medio” mentre la Grecia, viene collocata nella parte rossa dell’indice cioè a rischio “elevato!.

Vedi l’articolo del The Economist

“Lo sfondo comune” secondo The Economist “è la crisi finanziaria del 2008/2009 e le sue conseguenze. Il disagio economico è quasi una condizione di una instabilità sociale o politica, ma non è sufficiente. Le diminuzioni di reddito e l’alta disoccupazione non sono sempre seguite da disordini. Solo quando la difficoltà economica è accompagnata da altri elementi di vulnerabilità esiste un elevato rischio di instabilità. Tali fattori includono una sempre maggiore disuguaglianza, malgoverno, bassi livelli di previdenza sociale, tensioni etniche“. A far accendere la miccia, secondo The Economist, sembra esser stata “un’erosione della fiducia nei governi e istituzioni: una crisi della democrazia“. 

Il settimanale rileva quasi statisticamente un indicatore sulla fiducia nelle istituzioni, già in declino dal 1970 in tutti paesi a capitalismo avanzato, registrando un’accelerazione dopo il crollo del comunismo del 1989, mentre “i sondaggi hanno documentato” come si sia avuta una nuova accelerazione dopo l’ultima crisi finanziaria. Viene evidenziato il caso dell’Egitto con l’approvazione della nuova Costituzione dove si prevedeva una elevata partecipazione che invece ha portato alle urne solo poco più del 36 per cento della popolazione. La sacrificabilità della democrazia in nome della governabilità è stata del resto uno dei punti centrali dell’elaborazione della Trilateral Commission fin dal 1974.

Secondo The Economist,in Italia il livello di conflittualità nel 2014 rimarrà a livelli medi, nonostante che la disoccupazione sia arrivata ormai ai livelli del 1977, quando il conflitto politico e sociale nel paese si produsse in modo piuttosto pesante.

 

 

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