Assume tratti sempre più duri lo scontro in atto nel paese. Uno scontro che ha a che fare sulla concezione dei rapporti sociali, tra organizzazioni laiche e gli islamici radicali. Ma anche una ribellione sempre più capillare delle nuove generazioni contro una situazione economica fatta di miseria e sfruttamento. Sono sempre più frequenti infatti le vere e proprie sommosse che hanno per protagonisti disoccupati e studenti che si scagliano contro i sindaci e i governatori locali del partito Ennahda, che hanno preso il posto dei vecchi gerarchi del dittatore Ben Ali senza cambiare di una virgola le politiche economiche e sociali. Alle quali hanno aggiunto però una nuova imposizione: quella della morale islamica.
Ma nell’ultima settimana si è aperto un nuovo fronte, che potrebbe legare nei prossimi giorni i diversi moti di rivolta in un’unica sollevazione dei ceti meno abbienti della società tunisina. Tutto è stato scatenato da un attacco squadristico, avvenuto a Tunisi contro la sede centrale del sindacato Ugtt, da parte dei miliziani di Ennahda e sostenitori del governo. Sullo stile di quanto accade in Egitto. E’ drammatico il video, trasmesso nell’edizione del telegiornale della seconda serata di Nessma Tv, sull’attacco: si vedono centinaia di persone prima assediare la sede del più importante sindacato (tra i protagonisti della ‘rivoluzione’ contro Ben Ali) poi tentarne l’assalto, anche usando quella che sembra un’inferriata o una balaustra a mo’ d’ariete per sfondare il portone. Alle azioni degli aggressori – miliziani della Lega per la protezione della rivoluzione – si sono opposti i sindacalisti che, ben presto, vista la sproporzione delle forze, hanno dovuto arretrare. Nel video si vedono gli assalitori che inseguono i sindacalisti colpendoli con dei bastoni e con le aste di bandiere. Tra le immagini più dure quella in cui si vede un sindacalista colpito alla nuca da una bastonata crollare di schianto a terra e continuare ad essere oggetto di calci alla testa nonostante l’evidente stato di incoscienza. Solo dopo alcuni minuti si vedono arrivare, davanti alla sede del sindacato, degli agenti in tenuta anti-sommossa che si interpongono tra attaccanti e difensori, ma in atteggiamento manifestamente passivo nonostante il fatto che, nel settore occupato dagli attaccanti, un sindacalista venga inseguito e picchiato. Decine i feriti e tra essi anche Said Aidi, ex ministro ed esponente del partito Al Joumhoury, che ha subito gravi lesioni al volto per avere cercato di opporsi all’assalto.
Immediatamente la Ugtt ha lanciato un appello a uno sciopero generale nazionale per il 13 dicembre. “L’Unione generale tunisina del lavoro ha deciso di proclamare uno sciopero generale per giovedì13 dicembre su tutto il territorio della repubblica” ha scritto il sindacato in un comunicato. Replicando una mobilitazione straordinaria indetta dall’Ugtt solo altre due volte: nel 1978 e il 12 gennaio 2011, due giorni prima della caduta di Ben Ali.
Ma intanto uno sciopero generale è già in atto in quattro tra le regioni più povere e instabili del paese, con una forte adesione. La mobilitazione è stata indetta dal sindacato a Sidi Bouzid (centro-ovest), culla della rivolta popolare dell’anno scorso contro il regime ma uffici pubblici e privati sono rimasti chiusi anche nella vicina regione di Kasserine (centro-ovest), in quella mineraria di Gafsa (sud-ovest), e a Sfax (est), capitale economica e seconda città della Tunisia. La situazione è esplosiva, con scioperi, manifestazioni e scontri nelle regioni coinvolte da questa prima ondata di mobilitazioni dell’Ugtt e anche in quella di Siliana, teatro di una settimana di battaglie tra manifestanti e polizia pochi giorni fa.
“Gli incidenti deplorevoli che si sono verificati davanti alla sede dell’Ugtt non giustificano questa escalation e dovevano risolversi attraverso il dialogo” scrive in una nota il governo islamico che “disapprova l’appello allo sciopero generale” e “chiede ai dipendenti di servizi vitali quali sanità, trasporti e educazione di assicurare il servizio e compiere il proprio dovere” il prossimo 13 dicembre.
Una presa di posizione che non cita le responsabilità da parte delle milizie del partito di governo e che quindi non fa che rinfocolare gli animi. Ora la troika di partiti che compongono il governo sembra essere entrata in crisi perché uno di questi, Ettakatol, si é smarcato dalla maggioranza chiedendo lo scioglimento delle squadracce della Lega per la protezione della rivoluzione.
Tra pochi giorni ricorre il secondo anniversario dell’inizio della “rivoluzione del gelsomino”: il 17 dicembre 2010 un giovane venditore ambulante di Sidi Bouzid, Mohamed Bouazizi, si appiccò il fuoco per denunciare la miseria della gente e la repressione poliziesca.
Tunisia: è iniziata la rivoluzione 2.0?
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