Si è conclusa nel pomeriggio a Napoli la due giorni nazionale convocata dalla rete Abitare nella Crisi. Sabato era stata la giornata dei workshop tematici sulla funzione degli sportelli territoriali e sugli effetti sociali di spending review, privatizzazioni e vincoli di bilancio degli enti locali. L’assemblea plenaria di oggi (domenica) ha fatto invece il bilancio dei due gruppi di lavoro e discusso le prossime mobilitazioni nazionali che vedono impegnata la rete Abitare nella Crisi.
Il secondo gruppo di lavoro ha discusso anche dei recenti arresti di Roma e Napoli tra gli attivisti del movimento di lotta per la casa e di disoccupati, due movimenti sociali che hanno posto questioni e domande ben precise alla politica istituzionale riuscendo anche ad ottenere risultati. Solo la visione criminalizzante della magistratura è riuscita a vedere e trasformare tutto questo in “gruppi di pressione” con fini estorsivi. Praticamente rivendicare salario, lavoro, casa, reddito significa fare pressione sulle controparti per ottenere dei risultati. Ci si è interrogati su chi siano oggi gli istituti che gestiscono l’austerity, come, in nome di quali interessi e contro chi. Nasce da questo la proposta di una settimana di mobilitazione – dal 24 al 30 marzo – per l’autoriduzione delle bollette (sempre più esose) e per il ripristino delle utenze staccate dalle varie aziende che gestiscono le utilities.
Il primo gruppo di lavoro ha invece messo a confronto le varie esperienze degli sportelli territoriali sulla casa. L’indicazione che è emersa è quella di far si che gli sportelli sulla casa allarghino il loro intervento alle altre domande sociali inerenti il diritto all’abitare sul terreno metropolitano.
Interessante anche la rappresentanza delle realtà presenti. Oltre alle aree metropolitane storiche, nelle quali la lotta per il diritto all’abitare vanta esperienze consolidate (Roma, Milano, Bologna, Torino, Napoli) erano presenti numerose realtà del Meridione nelle quali questo aspetto del conflitto sociale dà segni di crescente vitalità.
Nel pomeriggio si è passati a discutere delle prossime mobilitazioni. Due giornate contro la repressione il 14 e 15 marzo (con corteo il 15), la manifestazione nazionale del 12 aprile e le proposte di mobilitazione sul 1 maggio.
La manifestazione nazionale del 12 aprile è stata riconfermata da tutti gli interventi come opportuna e necessaria. Sarebbe la prima manifestazione politica e sociale di opposizione al nuovo governo Renzi che ha nella sua tabella di marcia un progetto micidiale come il Jobs act ispirato alla flexsecurity. Il dibattito si è incentrato ancora una volta su reddito e lavoro, due questioni che molti degli interventi non vedono affatto contrapposti – come vorrebbero governo e poteri forti – soprattutto a fronte di una disoccupazione di massa e di un lavoro sempre più precarizzato con la complicità dei sindacati concertativi. Anche la questione dell’opposizione frontale all’Unione Europea, sollevata dai compagni di Ross@, sta dentro questa dimensione e in qualche modo si comincia a comprendere che tale dimensione non può ritenersi estranea – ma al contrario parte integrante – della mobilitazione e del conflitto sociale. La manifestazione del 12 aprile sarà dunque una aperta dichiarazione di opposizione e conflitto agli apparati che stanno imponendo a livello sociale europeo austerity, disoccupazione e criminalizzazione delle lotte. E’ stata avanzata l’idea di un percorso del corteo del 12 aprile che parta da Porta Pia e si concluda a San Giovanni (percorso inverso rispetto a quello del 19 ottobre)
Sul Primo Maggio sono sul tappeto diverse idee. Esclusa l’idea di una iniziativa centrale nazionale, si conferma la tradizionale May Day a Milano mentre si discuterà come far vivere un Primo maggio diverso dal “concertone concertativo” di San Giovanni a Roma ed anche nelle altre città.
Una buona partecipazione, tantissime attiviste e attivisti giovani e giovanissimi, una discussione che alterna voglia di concretezza con qualche residuo di prolissità, ma tutto sommato un buon clima che lascia ben sperare.
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