La partita che Matteo Renzi è stato chiamato a giocare si chiama “fare accettare l’Unione Europea al paese”. Nel linguaggio comune “Europa” e “Unione Europea” sono sinonimi; nella realtà sono due cose completamente differenti. La prima è “un’espressione geografica” – per usare l’insulto che Metternich riservava all’Italia della prima metà dell’800 – mentre la seconda è uno “Stato in costruzione”, una macchina decisionale-amministrativa sottratta ad ogni legittimazione democratica ed al servizio del capitale multinazionale operante nello “spazio europeo”.
Naturalmente anche Renzi parla di “Europa” intendendo “lo Stato”, non certo “lo spazio”. E si comprende fin da questo apparentemente piccolo dettaglio, come la battaglia politica decisiva si giochi tutta sul linguaggio, attraverso cui si disegna e controlla un intero immaginario e quindi la coscienza delle popolazioni.
Bisogna dar atto al “sindaco d’Italia” – questi e non altri sono anche i suoi poteri reali, nell’Unione Europea del Fiscal Compact & co. – di averlo detto quasi esplicitamente ieri sera, nel corso della presentazione del libro “Non solo euro” del compianto Massimo D’Alema. Una serie di frasi a effetto, mitragliate con grande sicurezza, da cui emerge molto chiaramente “il compito” che si è assunto; ed anche il perché Enrico Letta “non ce la poteva fare”.
“Nella discussione dei prossimi mesi è maturo in tutti il convincimento che l’Europa basata solo sulla stretta aderenza ai parametri tecnocratici allontana sempre di più i cittadini”.
“Dobbiamo colmare lo spread tra le aspettative dei cittadini e il modo in cui funzionano le Istituzioni Europee“.
Infatti già ora “i sondaggi sul gradimento della Ue sono devastanti, c’è un vero e proprio tsunami”.
Quindi: “O l’Unione Europea è una sfida politica e richiama la politica alla dignità del suo ruolo o noi perdiamo”.
La soluzione che offre renzi è esplicita: “se saremo in grado di raccontare che tipo di Europa immaginiamo saremo in grado di sconfiggere il populismo”.
Raccontare un’altra Europa, qualcosa di “potabile” per un’umanità ogni giorno più in crisi, sull’orlo della disperazione, con meno reddito, meno lavoro, meno patrimonio, nessuna speranza. Una grande colpa ce l’hanno la stessa Unione Europea e i governi precedenti, Berlusconi compreso, che hanno presentato ogni “riforma” impopolare con la litanìa d’accompagnamento “ce lo chiede l’Europa”. Dopo dieci anni così, come può l’Unione Europea essere ancora vista come “un’occasione di progresso”?
Renzi la mette così. Da un lato va cambiata la retorica intorno alle “riforme strutturali”, rovesciando – fino alla banalità – la struttura argomentativa: “le riforme strutturali su lavoro, fisco e istituzioni che vanno fatti in tempi rapidi perché servono a noi e non perché ce lo chiede Bruxelles o Berlino”. Semplice, no? Non obbediamo a degli ordini, agiamo autonomamente… Peccato che ci siano tutte quelle bocciature, indicazioni, via libera, trattati, contratti, direttive, ecc, che ogni giorno l’Unione Europea – o la Bce o il Fmi – sparano contro le incertezze dell’Italia e degli altri Piigs… Ma basterà non parlarne, no? E che i giornali recepiscano il messaggio…
Dall’altro lato, andava altrettanto rovesciata la “logica dei due tempi” nelle misure economiche di adeguamento ai diktat della Troika. Prima due lire in busta paga, poi le mazzate su welfare, sanità, pensioni, ammortizzatori, diritti dei lavoratori, servizi pubblici, privatizzazioni, dismissioni, ecc. Il “prima” arriva fino alle elezioni europee di fine maggio, il “poi” comincia il giorno dopo.
E lo dice pure! “Non si tratta di fare training autogeno, dicendo ‘ce la possiamo fare’, ma affrontare il problema della crescita, prima ancora che quello del debito, per la quale il governo ha scelto di fare alcune mosse, la prima quella di concentrare attenzione al fatto che il mercato interno è completamente bloccato. C’è una fascia di persone, il ceto medio, che è stato bersagliato da un aumento dell’imposizione tariffaria e non ha più le possibilità economiche. Marketing televendita, chiamatela come volete ma noi mettiamo in tasca agli italiani un piccolo margine, un orizzonte di speranza“.
Il “racconto” di un’altra Unione Europea va dunque “sostanziato” col taglio del cuneo fiscale; e qui si è anche giocato male la carta, visto che i famosi “80 euro al mese” – se mai arriveranno – arriveranno solo ad urne chiuse, il 27 maggio.
Il rischio è immanente ad ogni scommessa. Se Renzi – e le liste del Pd – prendono una scoppola alle elezioni europee, infatti, tutta la sua “mediaticità illusionistica” finisce nella polvere. Una televendita, infatti, funziona finché riesce a far sembrare “fashion” il prodotto. In caso contrario viene chiusa e se ne propone un’altra.
Questo sono i governi italiani nell’era dell’Unione Europea.
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