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“Il 28 giugno in piazza contro Renzi e l’Unione Europea”. Intervista a Michele Franco (RdC)

Sabato 28 giugno a Roma, per la prima volta una manifestazione popolare declinerà l’opposizione all’apparato che le classi dominanti hanno edificato sull’Europa per meglio affermare i proprio interessi nella competizione globale. Ma l’Europa non è l’Unione Europea. Quest’ultima infatti è la struttura attraverso cui si è costituito un polo imperialista, antipopolare, antidemocratico e militarista. L’Unione Europea e il governo di Renzi sono il problema. Occorre costruire la soluzione. Contropiano ha intervistato su questo Michele Franco della segreteria della Rete dei Comunisti.

Il 28 giugno a Roma si terrà la manifestazione nazionale di apertura del controsemestre popolare che movimenti sociali, sindacali e politici intendono opporre al semestre italiano di presidenza dell’Unione Europea, per il lavoro, il reddito, il welfare e contro la guerra alle porte dell’Europa. Con quale spirito e con quali obiettivi state promuovendo questa mobilitazione?

I compagni che ci conoscono, nei movimenti di lotta ed oltre, conoscono la nostra posizione di profonda alterità al processo, in corso da tempo, di costruzione dell’Europa Imperialista. Una critica radicale che abbiamo avanzato fin dal primo palesarsi dell’insieme dei dispositivi economici, politici e militari che stanno concorrendo, pur tra contraddizioni, al configurarsi dell’Euro/Polo. E’ naturale, quindi, che abbiamo favorito e sostenuto l’indizione della manifestazione del 28 giugno a Roma e dell’insieme delle iniziative con cui vorremmo si caratterizzasse l’opposizione al semestre di presidenza italiano dell’Unione Europea.

Quella del 28 giugno sarà una manifestazione che, nonostante le differenze su alcune questioni tra le varie forze che la promuovono, denuncia esplicitamente le politiche imposte al nostro paese dalle istituzioni europee attraverso una struttura antidemocratica e trattati calati dall’alto. Che bilancio fate rispetto alla relazione tra Italia e Unione Europea?

L’Italia fa parte del novero dei paesi che fin dal primo momento sostiene il processo di definizione e costruzione dell’Unione Europea. Tutti i governi che si sono succeduti – pur con modalità che riflettevano i tempi ed i modi che i diversi esecutivi intendevano interpretare nella loro relazione con questa entità sovranazionale – sono stati animati da uno spirito europeista che, come è evidente, marcia verso l’ulteriore concentrazione/centralizzazione del capitale e il varo di nuove politiche antisociali. Certo la destra Berlusconiana, nel periodo della sua vigenza, non ha favorito l’accelerazione dei fattori di integrazione europea ma, questa linea di condotta, rifletteva l’anomalia della vicenda politica italiana ed è stata liquidata, come è noto, dall’azione stritolatrice dei poteri forti europei.

L’Italia, dunque, nonostante i suoi fondamentali economici che non collimano con gli standard necessari per una adeguata competizione globale dei capitali, è un pezzo fondamentale dell’Europa Imperialista. Anche per questo, come Rete dei Comunisti, quando prospettiamo la rottura della gabbia dell’Unione Europea, siamo consapevoli che questo obiettivo potrà concretizzarsi solo con l’avvio di un forte movimento di lotta a partire da quei paesi (i Pigs) in cui le dinamiche della crisi e dei meccanismi di rapina dell’Unione Europea sono più stridenti con le condizioni di vita e di lavoro dei ceti popolari e dell’insieme della società.

In Italia sono da tempo presenti decine di lotte e conflitti di vario tipo e natura, che però rimangono spesso sul terreno della singola vertenza e faticano ad individuare un terreno di scontro contro i vincoli che la dimensione sovranazionale – l’Unione Europea – pone al pieno esercizio dei diritti democratici e sociali in questo paese. Che ne pensate? Insomma, si può continuare a denunciare gli effetti dell’austerità senza indicare il meccanismo che genera e impone tali politiche?

I marxisti sanno che le dinamiche sociali, a causa delle difficoltà oggettive e soggettive della fase politica che stiamo attraversando, subiscono quella che Marx definiva….”la legge del minimo sforzo”. Chiunque pratica il conflitto sociale e sindacale conosce gli ostacoli che si incontrano, anche nello svolgimento delle vertenze, i quali impediscono l’unità e la connessione tra i diversi fronti di lotta ed il riconoscimento nell’Unione Europea la matrice autentica dell’insieme delle politiche di austerity.

Tale ritardo culturale e politico è il prodotto, però, non solo della potenza dell’avversario di classe ma anche dei retaggi di una cultura di “sinistra” la quale, per decenni, si è incardinata ad una visione nazionale del proprio orizzonte prospettico relegando il tema dell’internazionalismo ad una retorica vuota ed insopportabile. Il non riconoscere che la costruzione dell’Unione Europea rappresenta, anche, la nuova soglia del comando e, quindi, l’entità politica/economica da cui scaturiscono i contenuti dell’offensiva sociale contro la classe operaia ed il proletariato tutto continua ad essere esiziale per la definizione di una adeguata controffensiva di classe.

Allo stesso modo anche gli atteggiamenti, di molti settori di movimento, che intravedono nello “spazio europeo” una sorta di campo liscio dove il conflitto potrebbe delinearsi linearmente non corrisponde ad una realtà continentale la quale – come caratteristica del moderno modo di produzione capitalistico – riflette crescenti contraddizioni le quali rendono improbabili processi di ricomposizione proletaria all’immediato che non affrontino l’indispensabile versante della tattica e della ricomposizione di un nuovo blocco storico in grado di interpretare processi politici più avanzati.

L’Unione Europea si è dimostrata un nemico non solo per i lavoratori, i giovani e i cittadini europei – in particolare per quelli dei paesi che subiscono le imposizioni della troika – ma anche per i popoli di aree geografiche più o meno lontane che sono state prese di mira dai meccanismi egemonici di Bruxelles, basti vedere ciò che sta accadendo in Ucraina. Che ne pensate?

La recente vicenda dell’Ucraina, dove è in corso una autentica manomissione di tipo imperialistico, ma anche la funzione di alcuni paesi europei nel quadro delle aggressioni alla Libia, ai tentativi di disarcionare il governo di Assad in Siria e al protagonismo interventista in Africa riflettono una crescente pulsione militarista dell’Unione Europea. Del resto fin dall’opera di disintegrazione della Jugoslavia i circoli militaristi europei dichiararono la direttrice di marcia del loro agire anche attraverso l’uso dei mezzi bellici. E’ evidente che la nostra opposizione politica e sociale all’Unione Europea è anche un rinnovato contributo che offriamo al generale movimento per la pace il quale se vorrà avere un futuro agente e non essere relegato al ruolo di icona inoffensiva deve riqualificare i suoi obiettivi di denuncia e di mobilitazione.

Le recenti elezioni europee ed amministrative sembrano aver delineato due scenari: vittoria di un Pd spostato su posizioni ancora più moderate e aumento netto dell’astensionismo. In questo quadro secondo voi quali spazi esistono per accumulare forze a livello sociale e politico contro il governo, le sue politiche e i diktat provenienti dall’Unione Europea e dai suoi apparati coercitivi?

Se scomponiamo ed analizziamo i flussi elettorali, in Italia e non solo, emerge una maggioranza (numerica) che non ha introiettato la filosofia dell’Unione Europea. Lo stesso Renzi ha dovuto caratterizzare la sua campagna elettorale con richieste che andavano a richiedere uno stemperamento degli aspetti più odiosi dei vincoli della Trojka e dei poteri europei. Se questo avverrà o meno dipenderà anche dal corso della crisi sistemica del capitale e dalle sue conseguenze pratiche. In tal senso l’impegno per continuare la demistificazione del complesso delle politiche dell’Unione Europea e la costruzione vera di un Controsemestre Popolare nei posti di lavoro, nei territori e nella società sono un buon viatico per tentare di accumulare forze politiche e sociali verso l’obiettivo della Rottura dell’Unione Europea.

In che modo state preparando la vostra partecipazione alla manifestazione nazionale del 28 giugno a Roma anche tenendo conto del prevedibile clima di censura da parte dei mezzi di informazione?

Tutti i nostri compagni sono impegnati nelle varie città alla preparazione della manifestazione del 28 giugno. I nostri strumenti di informazione sono, da settimane, impegnati a diffondere comunicati, contributi e notizie che, almeno in parte, possono infrangere la censura autoritaria dei media. Sui territori stiamo svolgendo assemblee, in sintonia con le altre forze politiche e sindacali, che hanno indetto la manifestazione auspicando la permanenza, anche dopo la manifestazione, di questi luoghi di discussione e di promozione politica per dare impulso ai successivi passaggi politici ed organizzativi del Contro semestre popolare.

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