Il rischio è che alla fine prevalga il “Caligolum” ossia quel modello elettivo del tutto particolare che vide l’imperatore Caligola nominare senatore il suo cavallo. Gli strappi del governo Renzi e del suo entourage di giovani rampanti, rischia non solo paradossi che si prestano all’ironia ma anche danni seri, anzi serissimi, all’assetto costituzionale e alla democrazia rappresentativa nel nostro paese. Del resto Renzi lo ha chiarito anche alla delegazione del M5S con cui c’è stato il recente incontro bilaterale: “fate tutte le proposte che volete ma il problema è solo quello della governabilità”.
Ma gli strappi dei Renzi’s boy & girls, stanno fortunatamente producendo reazioni. “La battaglia perche’ il Senato resti elettivo non verra’ fatta solo all’interno del Parlamento ma anche nel paese, tra le associazioni e la societa’ civile” hanno annunciato in una conferenza stampa i senatori Vannino Chiti, Mario Mauro, Loredana De Petris, Felice Casson e Francesco Campanella, che hanno presentato insieme ad altri senatori, in tutto 35, provenienti da diversi gruppi di maggioranza e di minoranza, 14 subemendamenti alle riforme costituzionali tra i quali quello che chiede di mantenere l’elezione anche per il nuovo senato. ”Il principio che vogliamo difendere e che ci unisce – ha affermato la De Petris – è che la sovranita’ è del popolo,perciò entrambe le Camere devono essere elette direttamente anche se vogliamo ridurre i costi, e infatti proponiamo di ridurre il numero dei deputati oltre a quello dei senatori”. Su questa idea convergono anche i senatori “officials” del M5S, i quali in un subemendamento chiedono di mantenere il Senato eletto a suffragio universale, come è oggi, ma di dimezzare tanto il numero dei senatori quanto quello dei deputati, portandoli rispettivamente a 158e a 315.
Se il ragionamento dei senatori ribelli è formalmente corretto, su questo ultimo aspetto continuiamo ad avere fortissime perplessità, anzi, va ritenuto proprio un errore politico di sostanza. Il dato economico (la riduzione dei costi della politica) non può essere il pretesto per una riduzione quantitativa della rappresentanza. Semmai è preferibile dimezzare la retribuzione dei parlamentari ma mantenere più ampia possibile la rappresentanza elettiva in entrambe le aule del Parlamento. Dal punto di vista economico il risultato sarebbe identico (il risparmio) ma dal punto di vista politico e democratico sarebbe ben diverso.
Tra le proposte di modifica presentate dai 35 senatori provenienti da gruppi diversi e trasversali di maggioranza e opposizione c’e’ quella che prevede di aumentare le competenze del nuovo Senato allargandole ad esempio a temi sensibili come la liberta’ religiosa, i diritti civili delle minoranze, la tutela della salute, i referendum popolari e le norme in materia di Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Csm e magistratura. ”Il modello proposto dal governo non e’ il Bundesrat tedesco perche’ in Germania se la camera delle autonomie approva un provvedimento con il 60% dei voti o con i 2/3 la Camera puo’ modificarla solo con la stessa maggioranza e poi in Germania – ha osservato ancora il senatore del Pd – c’e’ una legge elettorale proporzionale con il 5% di sbarramento”. ”Dal governo e’ stata fatta una proposta chiusa, non c’e’ stato un negoziato aperto – ha dichiarato il senatore Campanella (ex M5S) – noi non ci siamo sottratti a questa grande riforma ma la verita’ e’ che questo Senato non e’ funzionale a un certo modo di governare, ossia al sindaco d’Italia percio’ deve essere superato”. Quanto alla posizione in Aula dei senatori dissidenti del Pd, Chiti e Casson hanno spiegato che ”valuteremo in base a quello che emergera’, non siamo una corrente ma anche nel regolamento del Pd e’ garantito il rispetto dell’articolo 67 della Costituzione”, ossia che i parlamentari non hanno vincolo di mandato e possono quindi votare diversamente dal proprio gruppo.
E’ certo poi che, con la nuova legge elettorale che si delinea all’orizzonte, diventerà sempre più improbabile che in futuro ci siano senatori o deputati in grado di votare secondo coscienza. Dentro le aule parlamentari ci arriveranno ristrette pattuglie sempre meno rappresentative dei diversi interessi “di classe” esistenti dentro la società. La logica della governabilità non lo prevede più. La posta in gioco sulle controriforme costituzionali ormai si va facendo pesante, sospinto dal vento oligarchico e decisionista che proviene da Bruxelles e Francoforte. La democrazia è diventata solo un costo e la governance è il dogma che ispira le classi dirigenti. Bisogna fermarli, con ogni mezzo necessario.
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