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I mercenari italiani in fermento per nuova operazione in Iraq?

L’Iraq e il petrolio sembra che stiano di nuovo mettendo in fibrillazione il mondo dei mercenari, oggi definiti in modo più rassicurante “contractors”.  I contractors, spesso sono ex militari assunti “a contratto” da imprese di sicurezza private per operare in zone ad alto rischio. Le regole d’ingaggio prevedono la sorveglianza a proprietà e strutture, la protezione ravvicinata a personalità come ambasciatori imprenditori , l’addestramento di soldati e la scorta a beni in movimento, come le navi.

Secondo il quotidiano La Stampa, anche i mercenari italiani si starebbero allertando passandosi voci e “curriculum” a seguito della instabilità e degli scontri che minacciano gli impianti gli impianti peroliferi nel Kurdistan iracheno, in particolare quelli della zona di Erbil. I governi che undici anni fa invasero militarmente l’Iraq (Italia inclusa) appaiono riluttanti a inviare truppe sul posto e preferiscono bombardare dall’alto con droni e aerei le colonne dei miliziani dell’Isis. Il ”lavoro sporco”, a questo punto, potrebbero farlo i mercenari che risulterebbero ingaggiati come privati da soggetti privati (le compagnie petrolifere). In alcuni casi, proprio nel Kurdistan iraqeno e a Baghdad, già lo stanno facendo.

Ma, secondo La Stampa, in Italia ci sarebbero ben 1.590 mercenari disponibili a recarsi in Iraq a protezione degli impianti petroliferi. A coordinarli ci sarebbero “vecchie conoscenze”, incluso Salvatore Stefio che proprio in Iraq venne sequestrato insieme ad altri tre mercenari, tra cui Fabrizio Quattrocchi che venne ucciso dai sequestratori iracheni. Stefio insieme a Giampiero Spinelli, furono processati  dalla procura di Bari per “Arruolamento o armamenti non autorizzati a servizio di uno Stato estero” (art.288 del Codice penale) ma assolti. Secondo il tribunale i “contractors” non devono essere ritenuti dei mercenari. Incassata l’assoluzione Stefio è però rimasto nel settore della “security” e oggi ricompare nel servizio de La Stampa sull’arruolamento di “personale per la sicurezza” da inviare nel nord dell’Iraq per 5mila euro al mese. Stefio nega però di saperne qualcosa. La stessa linea viene seguita da Raffaele Gaudiano, titolare della Assisecurity, altra agenzia di “servizi sicurezza informazioni”. Il documento con l’operazione Oro Nero con destinazione Iraq appare però piuttosto dettagliato. Le società di mercenari attualmente operanti in Iraq sono le seguenti: Aegis Defense Services (britannica), LLC; DynCorp International, LLC; EOD Technology Inc.; Global Strategies Group (Integrated Security) Inc.; International Development Solutions, LLC; SOC, LLC,; Torres International Services, LLC e Triple Canopy Inc.

 

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L’articolo pubblicato oggi su La Stampa

 

Iraq, mille mercenari italiani pronti a proteggere i pozzi di petrolio di Erbil

Francesco Grignetti

C’è una grande fibrillazione in questi giorni tra i contractor italiani – veri, presunti, aspiranti tali – per un progetto che ha preso a circolare in quegli ambienti. È l’Operazione Oro Nero. Non c’è bisogno di dire che rinvia ai pozzi iracheni messi a rischio dall’avanzata degli islamisti e alla necessità di garantire la sicurezza ai tecnici che vi lavorano. Tutto molto prevedibile. Meno prevedibile che a capo dell’Operazione Oro Nero sia indicato Salvatore Stefio, l’uomo che fu rapito in Iraq esattamente dieci anni fa assieme a Fabrizio Quattrocchi, Umberto Cupertino e Maurizio Agliana.  

Ci riprova, Stefio? Nel 2004 andò a Baghdad assieme a un drappello di improvvisati contractor italiani per accaparrarsi contratti in quel settore. La vicenda fu tragica: dopo qualche giorno, Stefio cercò di rientrare in Italia, ma durante il viaggio fu rapito da terroristi islamici assieme ai suoi compagni di avventura, Quattrocchi fu ucciso, lui Agliana e Cupertino tenuti in ostaggio per 58 giorni, e liberati infine grazie a un’operazione congiunta d’intelligence italo-statunitense. Nel frattempo molta acqua è passata sotto i ponti. Stefio attualmente è il titolare della società «Resurgit». Si occupa di formazione. La sua specialità è la prevenzione dai rapimenti in aree di crisi e, in caso malaugurato di finire ostaggi, in tecniche di sopravvivenza psicologica.  

«Ma io – dice Stefio, raggiunto al telefono – cado dalle nuvole. Ho visto che circola un documento nero che fa il mio nome e quello di Raffaele Gaudiano, ma vorrei io stesso saperne di più. Se avessi bisogno di personale, avrei fatto un avviso pubblico sul mio sito. In totale trasparenza. Così come ho fatto in passato». Già, perché Stefio è tornato ad occuparsi di security in aree di crisi. «Mi occupo soprattutto di formazione. Ma quando siamo stati in Libia, o altrove, abbiamo sempre messo gli avvisi sul sito. È così che si fa: una società di security che riceve una richiesta da un cliente, dapprima fa un’analisi dei rischi, poi redige un progetto e sottopone al cliente un preventivo. Se la cosa va in porto, allora si esamina il personale. Prima tra i propri collaboratori, poi eventualmente fuori. Nulla di schematico come è nel documento dell’Operazione Oro Nero». 

Eppure il progetto che sta appassionando i contractor italiani prevede l’arruolamento di ben 1590 persone da inviare in Iraq, una brigata vera e propria, con due comandanti in capo («Comando delle operazioni sarà affidato al signor Gaudiano Raffaele, coadiuvato e alla stessa carica dal signor Stefio Salvatore»), un reparto comando «suddiviso in 3 compagnie per Trasmissioni, Infermeria e Supporti tattici», di 70 uomini; un reparto radiomobile «costituito da 4 compagnie per Pronto Intervento, Pattuglie, Servizio scorte, Vigilanza» per totali 1042 uomini; infine un reparto Operatori di sicurezza, 388 uomini i quali «garantiranno con la loro professionalità la riuscita delle disposizioni date dalla linea di comando e verranno impiegati sui siti per il mantenimento della sicurezza dell’area».  

Chi sia il cliente che intende arruolare così tanta gente, non si sa. Il tam-tam sui social network accenna ad importanti compagnie petrolifere e a primarie società di contractor inglesi, che poi subappalterebbero agli italiani il lavoro sul campo. Si promettono turni di 3 mesi in missione e 40 giorni a casa, minimo un anno d’impiego, ma rinnovabile, a 5000 euro al mese con spese rimborsate a parte. Stipendi più alti si promettono ai 15 ufficiali da inserire nella linea di comando.  

Stefio, dunque, si tira fuori. E così il suo partner Raffaele Gaudiano: «Smentisco assolutamente tutto». Gaudiano è il titolare di una società, la «Assi security», che sul proprio sito vanta un’esperienza ventennale «proveniente dal settore militare» e promette «un’analisi accurata nei minimi dettagli, progettando un piano di sicurezza adeguato alle esigenze riscontrate».   Non ha mai avuto esperienze internazionali, però non è meravigliato. «So che sui social sta girando questo documento, mi domando chi l’ha messo e perché. Potrebbe essere un’operazione mirata a screditare me e Stefio, che è mio partner, ma che non c’entra nulla neanche lui. Mi sembra un pesce d’aprile fuori stagione». E Stefio conclude: «Qualcuno gioca sulla mia notorietà». In Iraq da allora non c’è mai tornato. E ci tornerebbe? «Preferisco focalizzarmi sulla formazione». 

 

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