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Investimenti esteri? Quelli cinesi preoccupano i “servizi”

Si fa presto a dire “dobbiamo attirare investimenti stranieri” (e quindi devastare il mercato del lavoro togliendo diritti e abbassando i salari). Il problema è che non tutti gli investitori stranieri sono uguali. Almeno dal punto di vista della “sicurezza”.

La globalizzazione è finita da un pezzo, sui mercati mondiali (avete più sentito parlare di una riunione del Wto? forse perché hanno smesso di riunirsi, o perlomeno di fare accordi globali), ma la retorica dei governanti e degli opinion maker a gettone è rimasta la stessa: “dobbiamo essere competitivi e attirare investimenti” (dovrebbero aggiungere: visto che quelli pubblici, vietati dall’Unione Europea, ormai li facciamo solo per Tav, autostrade e militare).

Poi, quando qualche imprenditore si affaccia davvero per fare shopping delle imprese “made in Italy” qualcuno arriccia il naso. Esempio: ALitalia, proprio agli arabi dobbiamo venderla? L’UNione Europea non è d’accordo, ma non si è fatto avanti nessun altro…

Ora i servizi segreti si sono attivati per “allertare” il governo Renzi sulla pericolosità di alcune operazioni che vanno prendendo corpo di questi tempi. E riguardano soprattutto i cinesi. I “servizi” – spiega il Corriere della sera – hanno selezionato tre tipi di investimento che andrebbe evitato: a) in settori per definizione strategici come il militare; b) grandi reti i collegamento; c) teconologie avanzate. Una lista in realtà abbastanza generica, perché tra i settori a tencologia vanzata – nel rapporto “riservato” consegnato a Renzi – vengono compresi ampi comparti dell’alimentare, della moda, ecc. A questo punto cosa dovrebbe essere permesso di compare, ai cinesi? Le ziende decotte che operano in settori sorpassati? Sembra difficile che investano soldi in cartolibrerie…

Sul piano operativo c’è però l’interesse attuale della China Cnr Corporation per Ansaldo Breda e Ansaldo Sts, aziende storiche del gruppi Finmeccanica, controllato dallo Stato italiano. La prima, nonostante il rosso fisso dei bilanci, è ancora un leader nella produzione di materiale rotabile per le ferrovie (locomotori, vagoni, sistemi di guida automatizzati, ecc). I cinesi stanno per l’appunto sviluppando le infrastrutture interne (anche dimostrando grande autonomia tecnologica, ormai), e quindi hanno interesse a conglobare la società italiana; che peraltro non avrebbe, da sola, nessuna possibilità di entrare nel mercato del Celeste Impero.

Mentre Sts ha brevetti eccellenti nel settore del “segnalamento”, quindi nella zona grigia- sempre più estesa – tra tecnologie per uso civile e quelle di tipo militare; che per un paese della Nato, che mette la Cina tra i competitor più probabili n un prossimo futuro, non appare il massimo della sensatezza…

Il suggerimento dell’intelligence è di non cedere il controllo di questo tipo di società, seguendo il “modello britannico” per l’inserimento di Huawei nel settore tlc: lasciarli in minoranza anzionaria, senza prendere il controllo delle società in cui investono.

Suggerimento classico da “militari”, naturalmente, che sbatte non poco contro il ragionamento classico da capitalista: non si investe laddove non ci sia possibilità di salire o scendere nella partecipazione. Si può accettare insomma di stare fuori dalla sala controllo solo in una logica speculativa di breve periodo, non se si stanno effettuando investimenti di lungo periodo in “cose concrete”, che servono come tasselli di una strategia di lungo periodo.

La globalizzazione è finita e le chiacchiere stanno a zero. L’Italia – ricordano i “servizi”, ovvero la Nato – deve progressivamente chiudere le porte agli investimenti di aziende basate (o addirittura controllate) da paesi potenzialmente “nemici”. Punto. Se poi questo significa declino industriale del paese, perdita di innovazione tecnologica (senza investimenti non si fa ricerca e non si progredisce), lento smantellamento degli anrichi “primati nazionali”… va bene lo stesso. Gli alleati (UNione Europea e Stati Uniti) sono qui proprio per questo.

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