Al netto delle facili ironie e dei matti scatenati che magari non credono allo sbarco sulla Luna ma hanno un’incrollabile fiducia nei risultati delle votazioni sul blog gestito da Casaleggio (ma i pazzi stanno in tutti i partiti, quindi amen), bisogna cominciare a guardare al Movimento Cinque Stelle come a un soggetto politico ormai da qualche anno sulla piazza e, quindi, valutarlo per quello che si propone di essere al cospetto di quello che effettivamente è.
Vediamo. Rappresenta una forza parlamentare di forte opposizione al sistema che alle ultime elezioni politiche ha preso il 25 percento dei consensi popolari, arrivando a un pelo dalla vittoria. Adesso, malgrado un fisiologico calo, i consensi di questa forza si aggirano intorno a un non certo disprezzabile 20 percento. Detta così non è affatto male, no? Già si odono in sottofondo le melodie di Syriza e Podemos, che in Grecia e Spagna stanno facendo sfracelli.
Invece, purtroppo per noi, le cose stanno un po’ diversamente. Al di là della indiscutibile insussistenza parlamentare (in due anni i pentastellati sono riusciti ad essere decisivi soltanto nell’elezione di un giudice costituzionale, oggettivamente un po’ pochino), il grave problema del Movimento Cinque Stelle è il suo non riuscire ad essere fronte di opposizione sociale. A parte i soliti esaltati da social network che scrivono SEMPRE IN MAIUSCOLO e aggiungono punti esclamativi alla fine di ogni frase (!!!1!!!), non si vede in giro una pratica diffusa di «grillismo», non esiste il fondamentale «blocco sociale di riferimento» al quale il Movimento dà o darebbe o dovrebbe dare voce. Semplicemente, la base pare essere un’accozzaglia abbastanza indistinta ed eterogenea di indignati generici, persone che stanno subendo la crisi in maniera devastante, ex qualcosisti che ce l’hanno a morte con il partito (di solito di centrosinistra, ma non solo) che li ha trombati a morte. Certo una parte dei suoi parlamentari e dei suoi eletti nei comuni e nei Consigli Regionali rappresentano spesso l’unica sponda istituzionale per movimenti sociali, sindacati di base, comitati, pronti a presentare interrogazioni, progetti di legge, a ricevere i protagonisti di proteste e conflitti. Ma, a parte nelle istituzioni, il movimento esiste, in pratica, quasi esclusivamente dentro le urne.
Insomma, cosa vuole essere il Movimento Cinque Stelle? Il santuario dell’anticasta? Il tetro simulacro di un nuovo ordine fondato sulla potenza dell’adsl? Dire che «l’onestà andrà di moda» è lodevole, ma le persone oneste, a ben guardare, stanno un po’ ovunque e arrogarsi il diritto di spacciarsi per monopolisti del rispetto delle regole del vivere comune pare un’esagerazione bella e buona.
L’ecologia? Ci sono ancora i Verdi (seppur ai minimi termini) e certe battaglie, anche qui, vengono condotte da un sacco di gente, non è che le ha scoperte Grillo. La lotta alla casta? Pannella parla di partitocrazia – a volte a sproposito – da mezzo secolo. La difesa dei diritti? Parrebbe di no, comunque mettetevi in coda. La legalità? A parte che è un concetto di destra, si faceva prima a tenersi Di Pietro. I giovani? Ma, signora mia, i giovani non sono una categoria sociale: c’è il figlio dell’operaio e il figlio dell’imprenditori, il figlio di chi è qualcuno e di chi non lo sarà mai.
Ma allora che motivo ha di esistere, il Movimento Cinque Stelle? Difficile a dirsi, per ora nei sondaggi Grillo regge, ma quelli che si sono stufati della tiritera vaffanculeggiante crescono di ora in ora. Guardiamo all’elezione dell’ultimo Capo dello stato. Va bene sostenere un nome di bandiera (il pessimo Imposimato. A proposito, ma non lavorava per Mediaset?), ma dal punto di vista del calcolo politico, la faccenda è stata gestita con un dilettantismo imbarazzante. Nel 2013 la campagna per Rodotà aveva smosso mari e monti, invece Imposimato è stato scelto da un pugno di blogger a mezzora dall’inizio delle votazioni. Troppo poco tempo per imbastire una qualsiasi campagna, anche d’opinione. E non staremo qui a dire che se fosse uscito il nome di Prodi il Pd avrebbe avuto un bel problemino da risolvere, altro che Mattarella. Però, insomma, se l’obiettivo era rompere il patto del Nazareno, il risultato è stato far scoprire al grande pubblico che, in realtà, tutto dipende dal volere di Matteo Renzi. Geniale.
Ci sarebbe molto da dire sui fuoriusciti. Alcuni si sono stufati del duo Grillo-Casaleggio che governano il Movimento con la croce e con la spada, ma molti altri abbandonato la casa madre indubbiamente per convenienza personale e opportunismo, avvicinandosi a quel Pd che fino a qualche momento prima avevano descritto come il ‘male assoluto’. Però, ammettiamolo, l’emorragia comincia ad essere un bel po’ estesa, e gli atteggiamenti sclerotici (Tv sì, tv no. Trattiamo con il Pd sì, trattiamo con il Pd no. Interviste sì, interviste no. Eccetera) certo non aiutano a farci capire.
In buona sostanza, cosa vuole essere il Movimento Cinque Stelle non si sa. Mancano tre anni alla fine della legislatura (non ci azzardiamo nemmeno a sperare che questo incubo finisca prima) e il tempo per provare a dire qualcosa ci sarebbe anche. Ma non aspettiamo più fiduciosi la svolta. A questo punto aspettiamo e basta.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa