Diciamolo chiaro: ad un “rottamatore” emerso soltanto grazie a della “primarie” ampiamente manipolate a suo favore si potrebbe anche chiedere – mentre si fa una chiacchierata informale in cui quello ti dice “se era per me le primarie l’avevo già abolite” – come mai questo “strumento di rinnovamento della democrazia” sia andato così facilmente in necrosi. Ma se l’intervistatore è Massimo Gramellini, vicedirettore de La Stampa, tra i protagonisti dell’assunzione in cielo di Matteo Renzi, prima semisconosciuto boyscout democristiano impiegato nell’azienda di papà, certe domande non vengono proprio in mente.
E quindi, una volta “riorganizzato” il Pd, i prossimi candidati verranno tutti scelti dal vertice, cioé da lui stesso. Secondo quali criteri? Non è difficile immaginarli…
Le elezioni amministratuve hanno fatto molto male all’imagine sempre vincente di un premier messo lì proprio per dar l’idea che ora si va avanti come treni, non ci ferma più nessuno, cambiamo tutto e il popolo è con noi. Perché, sarà banale notarlo, s il popolo non è affatto con te tu non fai più nulla di quel che ti proponi.
E’ vero che Renzi sa benissimo di essere una meteora di passaggio, obbligata a rientrare nell’ombra una volta eseguita la missione per cui era stato scelto (far fuori la vecchia guardia, parecchio imbolsita, del Pd, prendersi quel partito e fare una controriforma reazionaria della Costituzione e delle relazioni industriali sotto un mantello ufficialmente “di sinistra”). Compito che ha fin qui svolto egregiamente, con la complicità beota delle sue vittime, ma che non può durare a lungo.
La sua caducità è nella natura stessa della sua azione: antipopolare, feroce (lo vedremo nei prssimi giorni, quando si comincerà a discutere di nuova “riforma” delle pensioni), impossibile da nascondere a lungo sotto una coltre di battute, menzogne plateali, ammiccamenti “piacioni”.
Renzi sa di avere i mesi contati (e per fortuna che c’è estate che comincia ora) e promette di fare più velocemente quel che gli resta da completare: ripulire il Pd da ogni residuo nostalgico di socialdemocrazia, dare qualche altro colpo all’architettura costituzionale, demolire la scuola pubblica e svuotare la previdenza, altrettanto pubblica. Poi si farà da parte, o meglio si esporrà a una battaglia elettorale che – grazie anche al “suo” Italicum – rischia di vederlo uscire di scena già al primo turno, comunque battibilissmo al ballottaggio (esattamente come il caprio espiatorio Felice Casson a Venezia).
Su quale sia la sua vera base sociale, e quanto possa essere estesa, vale la sua stessa battuta concessa a Gramellini: «A Venezia mi è venuto incontro un signore: “Salve, sono l’unico renziano della città…” Era Brugnaro, il candidato del centrodestra che ci ha battuto». Appunto: un imprenditore, non proprio la maggioranza della popolazione. Straordinaria, per quanto involontaria, confessione sui propri veri mandanti…
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