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Libia. Domenica conferenza a Roma. Ma la soluzione della crisi appare compromessa

Domenica a Roma, il Ministero degli Esteri ospiterà una conferenza internazionale sulla Libia. La conferenza promossa da Italia e Stati Uniti, vedrà la partecipazione degli esponenti delle due fazioni libiche che hanno polarizzato un paese destabilizzato su due governi contrapposti: quello di Tobruk e quello di Tripoli. In mezzo dilagano le milizie dello Stato Islamico, a sud persistono tribù e milizie armate che agiscono per conto proprio.

Il radicamento dell’autoproclamatosi “Stato Islamico”, soprattutto nell’area della Sirte (dove starebbero affluendo “foreign fighters” provenienti dall’Africa sub sahariana) viaggia in parallelo con il fallimento del negoziato avvenuto sotto il mandato dell’inviato speciale dell’Onu Bernardino Léon. Quest’ultimo ha compromesso e di molto i margini di trattativa faticosamente costruiti in questi anni. Lo scandalo suscitato dalle rivelazioni del “Guardian” circa le intese personali che sarebbero intercorse fra Léon e il governo di Dubai (che mostrano un pregiudizio di Léon a favore di Tobruk a fronte di una ben remunerata posizione del diplomatico quale direttore di un think tank del governo degli Emirati), ha azzerato la credibilità con cui le potenze occidentali, dopo aver bombardato e destabilizzato la Libia, possono candidarsi a risolutrici della crisi. L’incarico di mediatore per conto dell’Onu è statao assunto dall’ambasciatore Martin Kobler che ha preso il posto di Léon. La sua intenzione è quella di premere sulle due fazioni libiche principali affinché approvino e mettano in atto la bozza Léon. Ma, al momento, appare assai lontano il “governo di concordia nazionale” che dovrebbe riportare ordine nel paese, riavviare la produzione petrolifera, stoppare i flussi di immigrati verso l’Europa e addirittura combattere l’Isis sul terreno per conto delle potenze europee. Kobler dovrebbe cercare di recuperare la fiducia che è venuta meno – a torto o ragione che sia.

Tutti i governi coinvolti (da quelli dei paesi limitrofi a quelli europei ed anche la Nato) affermano di essere disponibili a sostenere operazioni sul territorio libico – e l’Italia è in prima fila – ma a solo a condizione che ci sia un governo di unità nazionale. Se questo non si realizza resta aperto un problema rilevante: l’intervento di forze militari straniere metterebbe queste forze di fronte al rischio di essere considerate in una forza schierata con una delle due parti ed essere quindi coinvolta in una nuova guerra civile.

 

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