La notizia era nell’aria e si è concretizzata nel corso della giornata di ieri (1 Marzo, ndr): l’Università di Torino ha revocato l’aula concessa per l’assemblea degli Studenti contro il Technion prevista per giovedì alle 17 al Campus Einaudi.
Il copione ricorda quanto avvenuto all’Università di Cagliari, dove l’ateneo aveva negato gli spazi inizialmente concessi per lo svolgimento della Israeli Apartheid Week appellandosi ad un non meglio precisato “pluralismo” e alle “pari opportunità anche tra differenti posizioni culturali”.
E così Rosario Ferrara, il direttore della scuola di Scienze giuridiche (che ha sede al Campus Einaudi), dichiara alla “Stampa”: “Non è come sembrava (…) gli studenti ci avevano parlato di un dibattito plurale, a più voci, così non è”.
Gli fa eco il rettore, Gian Maria Ajani: “Ci era stato prospettato un certo tipo di incontro, sono venute meno le condizioni per le quali avevamo dato quegli spazi”.
Una difesa che fa acqua da tutte le parti. Da un lato gli studenti organizzatori dell’incontro hanno sottolineato di aver chiarito fin dall’inizio che i due unici relatori sarebbero stati Ronnie Barkan (attivista israeliano di “Boycott from whitin”) e Roberto Beneduce (professore dell’università e firmatario dell’appello “Stop Technion”). Dall’altro l’ateneo utilizza in maniera del tutto strumentale la motivazione del pluralismo dato che in passato non si è fatto problemi ad ospitare nelle sue sedi anche discutibili iniziative “pro-life” senza alcun contraddittorio. Anzi, come ha sottolineato uno degli studenti eletti negli organi di ateneo, ha addirittura elargito crediti per la partecipazione a queste iniziative.
La verità è questa: i casi Cagliari e Torino dimostrano come nell’università italiana non si possa esprimere il proprio dissenso contro l’apartheid che Israele da anni pratica nei confronti dei palestinesi. Come sottolinea il comunicato degli Studenti contro il Technion, che pubblichiamo integralmente in coda all’articolo, essere neutrali in situazioni di ingiustizia vuol dire scegliere la parte dell’oppressore.
L’assemblea al Campus Einaudi si terrà comunque, permesso o no. Speriamo che questa pubblicità involontaria da parte dell’ateneo ne moltiplichi la partecipazione.
“Se siete neutrali in situazioni d’ingiustizia, avete scelto la parte dell’oppressore” – Desmond Tutu.
In data 1 Marzo l’Università di Torino ha revocato l’aula concessa ai gruppi studenteschi partecipanti all’assemblea contro il Technion.
Le affermazioni del Rettore e di alcuni esponenti dell’Università italiana – comparse oggi su La Stampa – rispecchiano la retorica superficiale adottata nel discorso politico ogni qualvolta si tenti di accogliere e sostenere l’appello della società civile palestinese del BDS.
L’assemblea contro il Technion è stata pensata come un momento volto principalmente a dar spazio alla riflessione sul rapporto tra scienza ed etica declinata nel caso palestinese. Allo stesso tempo, questa vuole essere un’occasione per invitare gli studenti a riflettere sulla propria responsabilità e rapporto con situazioni d’ingiustizia e di oppressione. Per questo motivo la prima parte dell’incontro prevede gli interventi di Ronnie Barkan, “attivista israeliano per i diritti umani […] che [avrebbe raccontato] la sua esperienza di attivista per i diritti dei palestinesi” (dicitura che abbiamo espressamente utilizzato nella nostra richiesta di un’aula all’Università). In nessun momento abbiamo tentato di far passare quest’assemblea come un “seminario scientifico [con] la presenza di una controparte”, come affermato su La Stampa dal Professor Ferrara, direttore della scuola di scienze giuridiche, politiche ed economiche.
Il nostro non è un “pregiudizio ideologico”, né intendiamo dare una lettura univoca della questione, ma riteniamo anche di non poter essere neutrali parlando dell’oppressione di questo popolo e di questa situazione d’ingiustizia. Questo perché, come nel caso dell’apartheid in Sud Africa e delle discriminazioni razziali contro gli ebrei durante i regimi nazista e fascista, dichiararsi neutrali significa aver scelto la parte dell’oppressore (D. Tutu). In questo momento iniziale dei nostri sforzi per rispondere alla chiamata BDS e per sostenere l’appello degli accademici italiani StopTechnion, intendiamo focalizzarci prima di tutto sui soggetti oppressi, sulla loro privazione di giustizia e libertà, sulla violazione dei loro diritti, piuttosto che sulle affermazioni di una controparte che distoglierebbero l’attenzione e il discorso da questo nucleo di riflessione.
È sicuramente utile riflettere anche sul boicottaggio stesso e sulle motivazioni di chi decide di aderirvi e di chi non, ma non è questo il tema che ci eravamo prefissati per quest’assemblea studentesca, e non vediamo perchè focalizzarsi sui temi menzionati sopra sia meno rilevante per la comprensione del boicottaggio e perchè venga stigmatizzato con accuse di antisemitismo che rigettiamo completamente. Infatti, la decisione d’invitare Ronnie Barkan, attivista ebreo israeliano, è volta a confermare che il BDS e il nostro attivismo non mirano in alcun modo a portare avanti discriminazioni contro individui. Fare l’equivalenza tra boicottaggio di Israele e antisemitismo “è di per sé una dichiarazione antisemita”, come afferma Omar Barghouti – co-fondatore del Movimento BDS – su Il Fatto Quotidiano di oggi. Il fatto che l’Università ci abbia inizialmente concesso l’aula dando per scontato che Ronnie Barkan rappresentasse una controparte perchè ebreo conferma esattamente questa retorica.
È vero, le università italiane collaborano con il Techinion in diversi campi della ricerca scientifica, tra cui acqua e nanotecnologie. Tuttavia, come fa notare Joseph Halevi, uno dei firmatari dell’appello StopTechnion, proprio il Nanotechnology Institute del Technion mantiene stretti legami con Elbit, parte del complesso industriale-militare israeliano, strumento principale dell’oppressione del popolo palestinese. Tuttavia, il fatto che questi accordi producano “buona scienza” non esime l’Accademia e la Scienza dall’interrogativo sul rispetto dei diritti umani.
Insistiamo sulla necessità di discutere dei legami tra le nostre università e il Technion e non accettiamo di essere complici dell’apartheid e delle logiche strutturali di colonialismo d’insediamento imposte in Palestina.
Denunciamo la revoca dello spazio come un impedimento della libertà di espressione all’interno dell’Università, e intendiamo svolgere comunque la nostra assemblea al Campus Luigi Einaudi.
Torino, 1 Marzo 2016 Studenti Contro il Technion
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