In qualsiasi gergo popolare, dell’alta o “bassa” Italia, l’epiteto sbirro è, e resterà sempre, un insulto sanguinoso. Forse risulta incomprensibile a chi non è abituato a frequentare “il popolo”, anche se pure passando per Cortina può capitare di sentire bollare come “sbirro” qualcuno che ti sta sulle scatole…
Il motivo è semplice: qualsiasi potere si protegge con uomini armati. Sia se le minacce al potere vengano dall’interno stesso del potere (congiure di palazzo, golpe, ecc), sia se il malcontento popolare cresca oltre i livelli di guardia, sia se gruppi criminali pretendano di mantenere un “dialogo” con le istituzioni. Questi uomini armati, reclutati in mezzo al popolo e rivolti contro il popolo, sono da sempre riguardati come traditori della propria origine e/o della propria classe. Per definizione, dunque, gli sbirri sono fondamentali per la conservazione del potere.
Punto.
Quel che è avvenuto a Locri ha evidenziato una doppia strumentalizzazione del tema. La prima – scoperta – è quella della ‘ndrangheta o chi per lei, che ha contrapposto nelle scritte “più lavoro, meno sbirri” un tema sociale (la Calabria è al record nazionale in tema di disoccupazione) e un interesse privato (quello degli stessi malavitosi a “non essere disturbati”). Non c’è molto da aggiungere, perché i comunisti da quando esistono combattono le mafie di qualsiasi tipo come parte integrante del sistema di sfruttamento dei lavoratori e, di frequente, “braccio armato paramilitare” del sistema di sfruttamento. Do you remember Portella delle Ginestre?…
La seconda è un’operazione comunicativa del potere, sintetizzata in quell’incredibile “Sbirri per il cambiamento” apparso subito dopo le scritte mafiose. Per decodificarne la grammatica dobbiamo ricorrere a Michele Serra, uno specialista in materia.
“Sbirra è la mafia, e i mafiosi l’incarnazione moderna degli sbirri”. Sì, certo, ma non solo loro, vien da pensare. Dopo di che l’opinionista ex buonista – come ogni bravo giornalista – risale all’etimo di un appellativo riconosciuto come dispregiativo: “braccio armato del signorotto di turno, che lo impiega per imporre il suo potere al popolo inerme”. Giusto, senza dubbio. Proprio per quello, ancora oggi, rimane un insulto.
E no!, cambia registra il nostro. “E’ per levare il potere ai signorotti e ai loro sbirri che è nato lo Stato moderno, cui spetta, a nome di tutti i cittadini, il monopolio della forza”. La falsificazione comincia a diventare evidente. Lo Stato moderno – quello che è stato edificato dalla borghesia – è nato per togliere al monarca il diritto di fare guerra in base alla propria volontà utilizzando le risorse della popolazione tutta, borghesia compresa. Dei signorotti e dei loro “bravi” – o sbirri – non si è mai preoccupato troppo perché, monopolizzando la forza militare nazionale, disponeva di uno strumento così superiore da costringere chiunque (signorotti compresi) a dismettere le milizie signorili e a conformarsi alle regole statuali. Lo Stato italiano ha fatto parzialmente eccezione a questa regola della modernità capitalistica, accettando di contrattare con alcune milizie commerciali locali – le mafie, appunto – sia gli ambiti di libertà concessi, sia il reciproco benché tacito riconoscimento, sia l’agire di concerto contro i movimenti dei lavoratori o popolari in genere.
Il monopolio della forza ha insomma eliminato buona parte delle sbirraglie signorili (non tutte, come detto), concentrandone la funzione in quella delle polizie dello Stato.
Quindi diventa rapidamente ideologia pura il prosieguo dell’argomentazione: “I mafiosi sono una minoranza che opprime e taglieggia la maggioranza. Dunque la violenza mafiosa è tal quale l’esercizio della dittatura: io comando, tu obbedisci e taci”.
Non si accorge, l’intellettuale prestato a Minniti, di esporre la situazione normale della popolazione di tutta Europa davanti allo strapotere assoluto del capitale finanziario, delle multinazionali, della tecnoburocrazia dell’Unione Europea, che decidono delle politiche di ogni territorio attraverso ciò che resta degli Stati nazionali e, giù per li rami, fino all’ultimo comune periferico. Una baracca di potere incontestabile – l’aver dichiarato una manifestazione contro questa macchina, il 25 marzo, ha fatto mettere in moto un apparato militare mai visto prima, con il solito refrain dei black bloc in arrivo – che fa larghissimo uso di sbirri per far sì che tutti, qui in basso, tacciano.
Siete una minoranza che taglieggia la stragrande maggioranza. Bugiardi come un mafioso davanti al giudice. Violenti come un mafioso davanti alla vittima. Vigliacchi più di un mafioso, perché vi servite dei vostri sbirri dalle comode poltrone in pelle umana che occupate con i vostri “culi flaccidi” (cit.).
Proprio per questo, “siamo tutti sbirri” è un’ammissione di infamia. Che rivela i vostri tratti peggiori, anche se vi siete nascosti dietro la veste di qualche prete e le facce pulite di un po’ di boyscout. Uno slogan che vi si attaglia benissimo, voi politicanti, giornalisti mainstream, mazzettieri e faccendieri…
Ma soltanto a voi.
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Barbaro D’Ursus
Articolo da incorniciare. Preciso come una stilettata, devastante come un colpo di clava.
Riguardo al Serra Errante (non nel senso che erra: si chiama proprio così, della serie Gentiloni Silveri, Dandini de Sylva… buona classe non mente!), mi chiedo se sia ancora il caso di dare così tanto spazio e attenzione a questi intellettuali organici. Organici in due sensi: uno quello gramsciano, ma coniugato nel senso di una loro organicità al capitale e alle sue parrocchiette, non certo organico a chi lo combatte; l’altro in senso biochimico e metaforico al tempo stesso e sul quale non approfondisco…
Voglio dire: questi giornali di stato, ma non pubblici (di stato perché si reggono in piedi solo grazie a un generosissimo welfare elargito dalle autorità, mentre simile generosità non c’è nei confronti di sempre più vaste platee di cittadini disperati; non pubblici perché rappresentano soltanto e sempre più sfacciatamente i vergognosi interessi di minoritarie categorie sociali da sempre use al privilegio) devono essere abbandonati al loro destino: basta acquistarli, basta abbonarsi, basta cliccarli su internet e basta citare le loro prezzolate firme. Rendiamo palese fino all’estremo che non contano nulla, non li ascolta nessuno e che sono buoni solo a incassare, mentre predicano ai loro quattro lettori che a tutti gli altri si deve tagliare anche l’ossigeno.
E, cosa più importante, tutti gli spazi genuinamente liberi e non inquinati, di vera opposizione, si sforzino di sviluppare la loro opera in sempre maggiore autonomia: basta seguire la scia di navi ammiraglie ormai in avaria, si impari a navigare in mare aperto con tutti i rischi e le opportunità del caso. Difficile, faticoso, ma necessario. Cultura autonoma e indipendente, informazione autonoma e indipendente, pratiche autonome e indipendenti. È tutto ancora da scrivere, mentre sui vari Serra Errante s’è scritto abbastanza per i prossimi mille anni!