Chi parla dell’emergenza abitativa in un’area metropolitana come Roma, spesso ne parla male o con una visione totalmente incompleta. Mentre i mass media e le istituzioni locali, in molti casi megafono dei grandi gruppi speculativi, continuano ad amplificare fenomeni marginali su chi vive nelle case popolari o ad attaccare le occupazioni di case, la realtà consegna ogni giorno una dimensione del problema assai più vasto e drammatico. Una dimensione che è la maledizione ereditata in una metropoli dove rendita fondiaria, speculazione immobiliare e adesso totale finanziarizzazione della questione abitativa hanno reso “norma” quella che viene rappresentata come emergenza.
L’emergenza abitativa a Roma si presenta con molte precipitazioni critiche che riguardano ormai – in modo articolato – decine di migliaia di famiglie. Ci sono quelle già sfrattate o senza casa e che spesso devono ricorrere all’occupazione delle case sfitte private o abbandonate dalle istituzioni pubbliche; ci sono quelle minacciate di sfratto sia dai padroni di casa che dagli enti previdenziali come Inps, Enpaia etc,; ci sono quelle che vivono nelle case popolari in condizioni di degrado e abbandono, criminalizzate e indicate al pubblico ludibrio come se 60 mq a Tor Bella Monaca, Tiburtino o Corviale siano un privilegio che non meritano; ci sono quelle che hanno tentato la strada dell’acquisto con i mutui agevolati previsti dalla legge, ma sono finiti in mano a truffatori e speculatori coperti dalla legge che adesso li vogliono sfrattare o hanno aumentato il prezzo rispetto a quello previsto.
E’ un intero mondo, una parte rilevante di quei 15 milioni di abitanti delle periferie che una commissione parlamentare d’inchiesta ha certificato come problema esplosivo e come timore politico.
C’è un intero pezzo di società che vive nell’incertezza e nella paura; quella di finire in mezzo alla strada, di non avere i soldi per pagare l’affitto perché la proprietà ha deciso di raddoppiarli o perché perde il lavoro o perché anche lavorando le retribuzioni sono ormai diventate bassissime e insufficienti, quella che ogni mattina può trovarsi i blindati della polizia sotto casa per lo sgombero, magari dopo anni che vive in un palazzo abbandonato e un’ora prima di portare i ragazzini alla scuola.
Questo pezzo di società, che spesso combatte diviso ognuno sul proprio fronte, sulla propria emergenza, sulla propria soluzione, ieri si è ritrovato tutto insieme e con una manifestazione ha presentato una piattaforma alla Regione Lazio e poi la presenterà anche al Comune di Roma che sembra non aver affatto compreso o non voler comprendere le dimensioni e le caratteristiche del problema (l’annuncio sui moduli abitativi di Ikea o la cantilena sulle “criticità” lo dimostrano ampiamente, ndr).
In tanti, provenienti dai vari quartieri popolari di Roma, sono arrivati in via della Pisana 1301 davanti alla sede del Consiglio regionale del Lazio (una locazione isolata, piazzata praticamente in mezzo al nulla, ndr) per chiedere una svolta nella gestione della politica abitativa a Roma e nel Lazio.
I molti inquilini delle case popolari, delle case enti previdenziali che stanno sfrattando a tutto spiano e dei palazzi dei Piani di Zona (una truffa a danno del bisogno abitativo sociale a Roma, ndr) hanno manifestato insieme alle tante famiglie che già hanno subito lo sfratto, hanno perso l’alloggio e che sono già da anni in emergenza abitativa, costretti dunque ad occupare una casa per dare un tetto alla propria famiglia.
Tutti insieme questa volta per chiedere una svolta nella gestione dell’emergenza casa nella città di Roma e nel resto della regione.
Nell’incontro che si è tenuto con i capi-gruppo della maggioranza (PD, Insieme per il Lazio) e dell’opposizione (M5S) sono stati esposti tutti i punti messi al centro della manifestazione:
– rendere operativo il piano regionale sull’emergenza casa (delibera n. 18/2014) che prevedeva l’utilizzo dei 250 milioni (fondi ex-Gescal), ad oggi ancora non spesi per Roma dove l’emergenza è più grave;
– un piano di gestione del patrimonio delle case popolari lasciato nel totale abbandono, il riconoscimento del diritto alla casa a chi ha i requisiti ed è senza titolo, l’acquisizione degli alloggi dei fitti passivi (come nel caso di Casalbruciato, dove vogliono sfrattare più di un centinaio di famiglie dopo 43 anni ecc.);
– istituzione di una commissione di inchiesta per la verifica delle modalità di gestione dei Piani di Zona e le violazioni commesse dalle imprese e cooperative costruttrici che hanno applicato per alloggi sociali canoni o prezzi di vendita ai valori di mercato;
– riattivazione dello strumento di finanziamento del piano decennale regionale di un miliardo di euro per la casa approvato nel 2009 e verifica dello stato di impegno dei fondi ex-Gescal;
– attuazione di un piano di tutela degli inquilini degli enti previdenziali (Inps, Enasarco, Enpaia, Casse ragionieri-geometri-notariato-forense, ecc.) vittime di un attacco generalizzato con l’aumento insostenibile degli affitti o con le dismissioni speculative che colpiscono le famiglie con redditi bassi e gli anziani;
– l’approvazione di una norma che definisca il canone sociale, legato ai redditi familiari così come prevede la legge, per gli alloggi della Regione Lazio e dell’Ater non assoggettati all’E.R.P.;
– applicazione della norma (L. 199/2008) che tutela chi non può pagare il mutuo della casa.
Dopo un confronto serrato, sia da parte della maggioranza che dell’opposizione è stata manifestata la disponibilità ad approvare una norma che affronti positivamente le tematiche esposte.
Seguirà adesso un incontro tra la Giunta e le forze politiche per predisporre un atto da portare all’approvazione del Consiglio regionale.
L’ASIA-USB che ha organizzato la manifestazione ritiene positiva la giornata di mobilitazione di ieri e invita gli inquilini a mantenere l’unità di questo fronte sociale sull’insieme della questione abitativa e seguire in prima persona la battaglia per conquistare il diritto alla casa per tutti.
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