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L’inferno di Concetta, dentro il girone infernale del welfare dei miserabili

Concetta Candida, 46 anni, ieri mattina si è presentata allo sportello della sede Inps di Torino Est (zona Barriera di Milano) per chiedere notizie sull’indennità di disoccupazione (Naspi) per cui aveva inoltrata domanda lo scorso 24 gennaio, una data che però coincideva con l’ultimo giorno di malattia.

La legge esistente prevede che prima di poter erogare l’assegno, l’Inps deve ricevere la documentazione che attesta la riacquistata capacità lavorativa che all’Inps era giunta però solo lo scorso 25 maggio. Pertanto, chiusa la pratica, il primo assegno di disoccupazione era stato liquidato a Concetta lo scorso 1 giugno. Ma l’incertezza che ha tormentato Concetta, era quella sul pagamento dei mesi arretrati ed è con questa ansia – che può far male a se e agli altri – si è presentato allo sportello dell’Inps. Dalle testimonianze, emerge che l’impiegata non avrebbe avuto neppure il tempo di spiegarle che i soldi dei mesi precedenti non sarebbero andati persi (e infatti sarebbero arrivati perché la domanda è di gennaio) perché sarebbe subito nata una discussione durante la quale Concetta dopo essersi cosparsa di liquido infiammabile si è data fuoco. L’intervento dei presenti ha spento le fiamme ma le ustioni sono purtroppo diffuse in ampia parte del corpo. I vestiti leggeri dell’estate non hanno opposto quella minima barriera di indumenti più pesanti. Un particolare non irrilevante è che il primo a intervenire per salvare Concetta è stato un immigrato presente anche lui nel salone dell’Inps. Lo ricorda con splendide parole il fratello di Concetta:

“Innanzitutto vorrei ringraziare quel magrebino che questa mattina intervenendo con lo spirito che è tipico delle persone perbene, indipendentemente da colore della pelle e credo religioso, ha permesso a mia sorella di essere ancora qui, grave, ma sembra meno di quello che mi avevano detto appena accaduto il fatto”.

Ma quanto accaduto all’Inps di Torino non è un episodio a sé, è la possibile e quotidiana conseguenza di quanto si respira e si vive ogni giorno in quella trincea che sono i servizi di welfare e la accresciuta e disperata domanda sociale della gente. Gli sportelli dell’Inps sono praticamente la prima linea di questa trincea. A volte a parti rovesciate. Tre giorni fa un impiegato della sede Inps del Flaminio (Roma, una delle meno congestionate essendo in una zona a medio/alto reddito), è stato aggredito a sediate da un utente. Tensioni simili, ripetute, quotidiane avvengono nelle sedi di frontiera come a Casilino, Tiburtino, Ostia, cioè nei quadranti della povertà e della disoccupazione di massa esplosa negli ultimi anni e dove i lavoratori sono in agitazione ormai da un mese e mezzo.

Lo stesso si può affermare in molte sedi Inps del Meridione, ma anche in quelle delle ex città industriali oggi in via di desertificazione produttiva come Genova o Livorno.

A questa domanda di prestazioni sociali in crescita esponenziale, il governo e la direzione dell’Inps rispondono con misure fuorvianti che acutizzano i problemi invece di dargli soluzione.

Il governo riscrive continuamente le regole degli ammortizzatori sociali (peggiorandole con il Jobs act), complicando la vita la gente e a chi deve lavorare alle prestazioni da fornire alla gente. Obiettivo dichiarato è quello di ridurre la spesa e di sfornare bonus su bonus invece che veri strumenti di sostegno al reddito (vedi il reddito minimo garantito).

Alla direzione dell’Inps piace invece giocare con gli algoritmi senza tenere conto della situazione reale di un istituto cardine del sistema di welfare, complicando la vita e il lavoro ai dipendenti e complicando la vita agli utenti. Per i dirigenti dell’Inps la filosofia di servizio pubblico – cioè fondato sulla priorità dell’utenza – è diventato un disvalore da sostituire con una logica aziendalista che privilegia l’apparenza e i parametri macroeconomici piuttosto che le soluzioni alla domanda sociale.

Di fatto si va creando un cortocircuito tra una domanda sociale in crescita esponenziale (dovuta all’impoverimento e alla disoccupazione) e una offerta sempre minore di servizi a causa dei tagli agli organici (migliaia di lavoratori andati in pensione non vengono sostituiti) e della complessificazione delle procedure e dei controlli incrociati tra Inps, Ministero delle Finanze e di Giustizia. Il risultato è che la gente può rimanere settimane o mesi senza reddito o sostegno al reddito e non sa dove sbattere la testa. Quando ci si trova in questa situazione le difficoltà o i ritardi “di procedura” nella soluzione innescano la sensazione di trovarsi senza via d’uscita, imprigionati tra un presente pesante e un futuro ancora più incerto. Concetta ha scelto di darsi fuoco, un altro utente quello di colpire l’impiegato che si trovava di fronte a lui. I veri responsabili di tutto questo sono sempre “fuori tiro” e continuano a ritenere che tutto questo è un falso problema. Fino a quando? Mettere fine a tutto questo lo dobbiamo a Concetta che si è data fuoco e all’impiegato dell’Inps di Roma aggredito.

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