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La posizione dell’Italia sul Venezuela. Tutte le mozioni presentate al Senato

Qui di seguito le mozioni sul Venezuela approvate o respinte ieri dal Senato e la comunicazione in aula del Ministro degli esteri Moavero Milanesi a nome del governo.

MOAVERO MILANESI, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

“Signor Presidente del Senato, onorevoli senatrici e senatori, il Governo segue con la massima attenzione l’evolversi dei drammatici eventi in Venezuela, specie da quando la crisi sociale, politica ed economica si è tradotta in una terribile emergenza umanitaria e in un’inedita crisi istituzionale.

Le odierne comunicazioni in quest’Aula, dove ero venuto il 30 gennaio per un’informativa, sono molto importanti in quanto permetteranno anche all’Assemblea di esprimersi, con un voto nell’ambito del sindacato che il Parlamento ha sull’attività del Governo. Cercherò quindi di riassumere, nei suoi punti essenziali, la posizione del Governo che sono stato incaricato di esporre qui oggi.

Mi permetto di indicare quattro punti rilevanti che riassumono e sintetizzano la posizione del Governo. Il primo punto, riguarda la forte preoccupazione per l’emergenza umanitaria; l’obiettivo è quello di trovare soluzioni non conflittuali che consentano, da un lato, le forniture essenziali dei beni base (medicinali e derrate alimentari) senza indugio e, dall’altro, l’assistenza alle migliaia di profughi che dal Venezuela sono andati nei Paesi vicini. L’Italia al riguardo è impegnata con lo stanziamento di appositi fondi nel quadro dell’aiuto internazionale umanitario diretto.

Il secondo punto è la ferma condanna, da parte del Governo, di ogni tipo di violenza e repressione, di violazione delle libertà fondamentali e dei diritti umani. Siamo favorevoli a un processo di soluzione pacifica inclusiva che, nel quadro di una riconciliazione nazionale, consenta di percorrere appieno il percorso di democrazia e scongiuri un aumento delle tensioni che potrebbero anche condurre, come credo tutti temiamo, a situazioni di guerra civile.

In terzo luogo, il Governo ritiene che le elezioni presidenziali dello scorso mese di maggio in Venezuela siano state inficiate nella loro correttezza, nella loro legalità e nella loro equità e, dunque, non attribuiscano legittimità democratica a chi ne sarebbe risultato vincitore, signor Nicolás Maduro. Al contrario, il Governo riconosce la piena legittimità delle elezioni legislative che hanno portato nel 2015 all’elezione dell’Assemblea nazionale. Il Governo chiede nuove elezioni presidenziali nei tempi più rapidi possibili. Queste nuove elezioni presidenziali devono essere naturalmente libere, credibili, trasparenti e devono essere riconosciute come tali dalla comunità internazionale. Devono svolgersi con la sua piena garanzia.

In quarto luogo, il Governo è impegnato affinché siano tutelate la sicurezza e gli interessi dei nostri compatrioti residenti in Venezuela (una comunità di 150.000 persone) e l’operatività delle aziende italiane operanti, nonché la tutela della vasta comunità venezuelana di origine italiana.

Non sto a ripercorrere i vari sviluppi che hanno portato a questa situazione, anche perché in buona parte avevamo già avuto modo di condividerli in occasione dell’informativa di non troppi giorni fa. Vorrei solo ricordare alcuni punti cardine dell’attuale contesto. Cominciamo dal livello di Unione europea. Come sapete, il 26 gennaio ci fu una dichiarazione comune e condivisa da tutti gli Stati membri (quindi noi inclusi) che dava sostegno all’Assemblea nazionale in quanto organo legittimamente eletto e democraticamente legittimato del Venezuela, che condannava ogni violenza, repressione e ogni deriva di tipo conflittuale e faceva un appello urgente alla convocazione di nuove elezioni presidenziali. In questa dichiarazione, l’Unione europea si riservava di procedere a passi ulteriori, qualora nell’arco dei giorni successivi non ci fosse stato uno sviluppo. Come sapete, l’evoluzione su questo fronte sono stati, in particolare, il voto del Parlamento europeo del 31 gennaio, che ha riconosciuto il presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana Juan Guaidó quale Presidente ad interim e il successivo riconoscimento, effettuato dalla grande maggioranza dei Paesi membri dell’Unione europea.

L’evoluzione sul versante dell’Unione europea ha anche portato all’attivazione di un Gruppo internazionale di contatto che comprende Paesi dell’America latina e Paesi dell’Unione europea, fra i quali ci siamo anche noi. Il Gruppo ha tenuto la sua prima riunione il 7 febbraio e ha un mandato esplicito; cioè non è un gruppo di contatti generici: ha il mandato esplicito di favorire nel migliore dei modi il processo che consenta di arrivare presto a elezioni presidenziali pienamente qualificabili di democrazia. Alla riunione del 7 febbraio, alla quale ho partecipato in rappresentanza del Governo italiano, la conclusione è stata espressa in un comunicato che ha indicato tre punti; sono importanti perché rappresentano in questo momento una traccia del percorso che può essere seguito per arrivare concretamente alle elezioni, al di là degli auspici o delle linee di indirizzo politiche espresse. Il primo punto riguarda l’obiettivo concreto delle elezioni presidenziali il prima possibile, libere, democratiche e garantite. Il secondo punto riguarda l’incarico ai due co-presidenti del Gruppo, che sono rappresentati dall’Uruguay e dall’Unione europea, nella persona dell’alto rappresentante per la politica estera Federica Mogherini. I due co-presidenti sono incaricati di prendere contatti opportuni con tutti gli attori venezuelani per individuare gli elementi che possano consentire di avviare un processo che conduca alle elezioni e – secondo elemento – di accelerare il flusso di aiuti umanitari (l’elemento emergenziale di cui dicevo). Il terzo elemento, di cui a questo comunicato del Gruppo di contatto del 7 febbraio, è la costituzione di una missione tecnica preparatoria ad hoc che si recherà in Venezuela nelle prossime settimane per avviare queste fasi di preparazione dei contatti necessari a mettere in moto il percorso elettorale che, come ben ci rendiamo conto, è tutt’altro che semplice da organizzare con tutti i crismi della garanzia democratica.

Segnalo che sono anche attivi, sul versante delle questioni venezuelane, altri gruppi di Paesi: il Meccanismo di Montevideo, che riunisce Paesi dei Caraibi, Uruguay, Messico e Bolivia, che ha una posizione favorevole al dialogo negoziale, senza chiedere però nuove elezioni presidenziali; c’è poi il Gruppo di Lima, che riunisce undici Paesi americani, la maggior parte dell’America latina, più il Canada, che si è espresso in maniera netta nel riconoscimento del ruolo del presidente dell’Assemblea nazionale Juan Guaidó.

La situazione in Venezuela, naturalmente, è oggetto di attenzione anche nell’ambito delle Nazioni Unite, dove le posizioni diverse, in particolare da parte di Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza (Stati Uniti, Russia e Cina) determinano anche la presenza di proposte di risoluzione diverse in ambito ONU.

Senatrici e senatori, la situazione è naturalmente estremamente complessa, piena di incertezze e di gravi rischi. L’obiettivo, che credo possa essere condiviso, è quello di evitare degenerazioni, porre fine alle violenze e agli atti di limitazione delle libertà fondamentali, intraprendere un percorso che possa portare ad uno sbocco elettorale per ridare la parola al popolo venezuelano. È anche molto importante evitare di favorire o comunque non riuscire a controllare derive verso situazioni ancora più conflittuali.

Per questo, la posizione del Governo che sono incaricato di rappresentarvi è favorevole ad un clima che possa favorire una riconciliazione nazionale, un clima di dialogo, pur rimanendo ferma nella condanna, come ho già detto più volte, delle violenze, nella chiara richiesta di nuove elezioni presidenziali credibili, nel non riconoscimento delle elezioni presidenziali che si sono svolte in precedenza. Il Governo naturalmente, oltre ad essere a disposizione dei due rami del Parlamento per riferire costantemente sul tema, ha sempre tenuto al corrente con lealtà e con trasparenza i partner europei di questa posizione, oltre che i nostri alleati principali, a cominciare dagli Stati Uniti. (Applausi dai Gruppi M5S e L-SP-PSd’Az).

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La prima mozione è quella approvata.

(6-00043) n. 1 (12 febbraio 2019)

Emanuele PELLEGRINI, FERRARA, BONFRISCO, AIROLA, IWOBI, CIAMPOLILLO, VESCOVI, LUCIDI, PACIFICO, PETROCELLI, PUGLIA, TAVERNA.

Approvata

Il Senato,

            udite le Comunicazioni del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale sui recenti sviluppi della situazione in Venezuela,

        premesso che:

            il 10 gennaio 2019, in Venezuela Nicolas Maduro, giurando davanti alla Corte costituzionale, ha dato inizio al suo secondo mandato presidenziale dopo che il 20 maggio del 2018, alle elezioni presidenziali, boicottate da una parte dell’opposizione e giudicate fraudolente da diversi attori interni e internazionali (tra cui il Parlamento europeo, l’Unione europea e l’Organizzazione degli Stati americani), aveva ottenuto circa il 70 per cento dei voti: l’insediamento si è tenuto davanti alla Corte suprema e non davanti alla Assemblea nazionale come previsto dalla Costituzione, poiché quest’ultima, controllata dall’opposizione, è stata dichiarata “in ribellione” dal Tribunale Supremo controllato dal regime. A sua volta l’Assemblea nazionale ha dichiarato Maduro un “usurpatore”; alla cerimonia non ha partecipato nessun Ambasciatore degli Stati membri dell’UE, né dei Paesi del “Gruppo di Lima”;

            il Presidente dell’Assemblea nazionale, Juan Guaidò, il 23 gennaio 2019, invocando gli articoli 233 e 333 della vigente Costituzione ha giurato come Presidente ad interim fino a che non ci saranno nuove elezioni presidenziali democratiche;

            nelle Americhe, il presidente dell’Assemblea nazionale (An) conta sull’appoggio degli Stati Uniti, del Canada e di undici Paesi “latini”, tra cui Brasile, Argentina, Cile, Colombia e Perù, e dell’Organizzazione degli Stati americani (OSA), per tramite del suo segretario generale – Luis Almagro – uno dei più severi critici del Governo di Caracas;

            Nicolas Maduro è sostenuto da Bolivia, Cuba e Nicaragua, mentre Uruguay e Messico, dopo un appello congiunto a “tutte le parti, tanto dentro quanto fuori il Paese, per ridurre le tensioni ed evitare una escalation di violenza che potrebbe aggravare la situazione”, hanno lanciato il “Meccanismo di Montevideo” che si propone di favorire dialogo e negoziato tra le parti;

            la Cina ha chiesto a tutte le parti coinvolte di “mantenere la razionalità e la calma e di cercare una soluzione politica attraverso il dialogo pacifico, all’interno della cornice della Costituzione venezuelana”, ribadendo di essere contraria all’intervento esterno in Venezuela e auspicando che la comunità internazionale crei condizioni favorevoli a tal fine, sulla base di un principio di non interferenza;

            la Russia si schiera con il Venezuela “amico e partner strategico” “per salvaguardarne la sovranità e per proteggere il principio di non interferenza negli affari interni” e “condanna fermamente coloro che stanno spingendo la società venezuelana nell’abisso di sanguinosi conflitti civili”;

            l’Unione europea, con una dichiarazione del 26 gennaio, a nome di tutti i 28 Stati membri, oltre alla condanna per le morti provocate dalla violenta repressione del regime, ha reiterato il sostegno all’Assemblea nazionale in quanto organo democraticamente legittimato e il pressante appello alla convocazione urgente di elezioni presidenziali credibili, riservandosi, in mancanza di un annuncio in tal senso “nei prossimi giorni”, il riconoscimento della leadership del Paese ai sensi dell’articolo 233 della Costituzione venezuelana;

            il medesimo giorno 26 gennaio sei Stati UE (Francia, Germania, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna) hanno deciso unilateralmente di fissare un termine di otto giorni entro il quale andava presa l’iniziativa da parte di Nicolas Maduro di convocare nuove elezioni presidenziali;

            fra il 31 gennaio e il 4 febbraio la maggioranza dei Paesi UE, interpretando la Costituzione venezuelana, ha spinto affinché si arrivasse ad un riconoscimento da parte di tutti gli Stati membri dell’UE del Presidente dell’Assemblea nazionale come Presidente ad interim del Venezuela, affinché procedesse nei tempi più rapidi alla convocazione di nuove elezioni presidenziali;

            il 31 gennaio l’Unione europea ha annunciato la costituzione del Gruppo Internazionale di contatto sul Venezuela con l’obiettivo di favorire un processo politico che consenta di realizzare al più presto elezioni presidenziali democratiche (ne sono membri l’Unione europea e otto Stati membri – Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia – e quattro Paesi latino-americani – Bolivia, Costarica, Ecuador e Uruguay);

            il 4 febbraio i sei partner europei anzidetti hanno riconosciuto Juan Guaidò quale Presidente ad interim del Venezuela, subito seguiti dalla maggior parte degli altri Stati membri dell’UE;

            il 7 febbraio si è riunito a Montevideo per la prima volta il Gruppo internazionale di contatto – con la partecipazione per l’Italia del ministro Moavero – che ha approvato una dichiarazione finale che pone l’accento sull’obiettivo di elezioni presidenziali libere, trasparenti e credibili al più presto possibile – arrivando anche a concordare sull’invio di una missione in Venezuela che stabilisca contatti con tutti gli attori in funzione di quell’obiettivo – e sull’invio di aiuti nel rispetto dei principi internazionali di diritto umanitario;

            l’8 febbraio il Tribunale Supremo di giustizia di Caracas ha dichiarato nullo lo statuto di transizione votato dall’Assemblea nazionale e che il presidente dell’Assemblea nazionale, Juan Guaidò, ha commesso una “usurpazione”, per avere “preteso di esercitare funzioni inerenti alla Presidenza della Repubblica”;

            il Venezuela sta vivendo una gravissima crisi politica, economica, monetaria e sociale e un’emergenza umanitaria; quest’ultima è stata causata principalmente da anni di politiche economiche, valutarie e industriali fallimentari aggravate dal crollo dei prezzi del petrolio, risorsa fondamentale per il Paese; tutti gli indicatori economici sono peggiorati e si è sviluppato un insidioso mercato nero, con notevoli effetti destabilizzanti;

            l’instabilità di questi anni ha determinato l’acuirsi della crisi economica, con tassi di inflazione che gli analisti stimano intorno al milione e trecentomila per cento e secondo alcune previsioni, potrebbe raggiungere quota 10 milioni per cento nei prossimi mesi;

            in questi cinque anni di crisi il Venezuela ha visto ridursi il proprio PIL di oltre il 40 per cento, precipitando in una progressiva mancanza di prodotti alimentari, farmaci e servizi essenziali,

        impegna il Governo:

                1) a continuare ad attivarsi affinché siano tutelati la sicurezza e gli interessi dei connazionali residenti in Venezuela e delle aziende italiane operanti nel Paese;

                2) ad assumere ogni iniziativa utile, anche in sede di Unione europea, affinché sia affrontata in priorità l’emergenza umanitaria, e la crisi economica e sociale, garantendo il necessario flusso di aiuti nel rispetto del diritto internazionale;

                3) a condannare, con forza, ogni forma di violenza, repressione o conflitto armato in Venezuela;

                4) a sostenere gli sforzi diplomatici – anche attraverso la partecipazione a fori multilaterali – al fine di procedere, nei tempi più rapidi, alla convocazione di nuove elezioni presidenziali che siano libere, credibili e in conformità con l’ordinamento costituzionale.

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(6-00044) n. 2 (12 febbraio 2019)

MARCUCCI, ALFIERI, GIACOBBE, PINOTTI, RENZI, MALPEZZI, MIRABELLI, VALENTE, FERRARI, COLLINA, BINI, CIRINNA’, ASTORRE, BELLANOVA, BITI, BOLDRINI, BONIFAZI, COMINCINI, CUCCA, D’ALFONSO, D’ARIENZO, FARAONE, FEDELI, FERRAZZI, GARAVINI, GINETTI, GRIMANI, IORI, LAUS, MAGORNO, MANCA, MARGIOTTA, MARINO, Assuntela MESSINA, MISIANI, NANNICINI, PARENTE, PARRINI, PATRIARCA, PITTELLA, RAMPI, RICHETTI, ROJC, ROSSOMANDO, SBROLLINI, STEFANO, SUDANO, TARICCO, VATTUONE, VERDUCCI, ZANDA, NENCINI, BRESSA.

Respinta

Il Senato,

premesso che:

il 23 gennaio 2019 il leader dell’opposizione e capo dell’Assemblea nazionale Juan Guaidò si è proclamato «presidente ad interim» del Venezuela ai sensi dell’articolo 233 della Costituzione venezuelana che riconosce questa facoltà al presidente dell’Assemblea nel caso in cui il presidente in carica non abbia adempiuto ai compiti del suo ufficio. A Guaidò hanno espresso immediato sostegno il Gruppo di Lima – Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Honduras, Paraguay e Perù – Ecuador, l’Organizzazione degli Stati americani (OSA), Stati Uniti e Canada;

primo Paese al mondo per riserve certificate di greggio, il Paese venezuelano è al centro di una spirale recessiva senza precedenti. Secondo il Fondo monetario internazionale, il PIL pro capite venezuelano si è contratto del 40 per cento tra il 2013 – anno dell’ascesa al potere di Maduro – e il 2017. Caracas deve fronteggiare un’iperinflazione e una sovraesposizione finanziaria di cui sono sintomatici la scarsità di beni di prima necessità e i razionamenti idrici ed energetici, aggravatisi costantemente negli ultimi quattro anni, che hanno determinato una crisi socio-politica, umanitaria e migratoria. Infatti, secondo diverse stime, almeno 2 milioni di persone si sono riversate nei Paesi circostanti. Il ponte Simón Bolívar, al confine con la Colombia, viene attraversato ogni giorno da migliaia di persone e in Brasile l’agenzia dell’ONU per i rifugiati ha cominciato a creare dei campi di accoglienza per ospitare chi sta fuggendo;

alla situazione drammatica di questi anni non è sfuggita la comunità italo-venezuelana. Per molti di loro le pensioni, per effetto della forte inflazione, sono precipitate ad appena otto dollari americani al mese e solo grazie a un intervento dell’ambasciata italiana sono state integrate a una cifra al limite della sopravvivenza;

al deterioramento economico e al conseguente malcontento popolare il Capo dello Stato ha risposto rinsaldando l’asse con le Forze armate e reprimendo gli oppositori. Una linea anticostituzionale culminata nell’elezione, nel mese di luglio, di un’Assemblea nazionale costituente con l’intento di esautorare il Parlamento, unica istituzione non controllata dall’Esecutivo, cancellando ogni residuo di dissenso istituzionale. Già nel maggio 2018 le presidenziali – non riconosciute dai Paesi vicini, dagli USA e dai membri dell’Unione europea – avevano confermato Maduro Capo di Stato fino al 2025. Elezioni, invece, riconosciute da Russia e Cina che insieme all’Iran sono stati negli ultimi anni i principali alleati del regime di Maduro;

premesso, inoltre, che:

poco dopo la proclamazione di Guaidò, con una nota, l’alto rappresentante UE Federica Mogherini ha dichiarato che: «L’UE chiede con forza la tenuta urgente di elezioni presidenziali libere, trasparenti e credibili» e, «in mancanza di un annuncio sull’organizzazione di nuove elezioni con le necessarie garanzie nei prossimi giorni, l’UE intraprenderà ulteriori azioni, anche sulla questione del riconoscimento della leadership del Paese»;

allo scadere dell’ultimatum di otto giorni a Maduro per indire nuove elezioni, quasi tutti i Paesi dell’Unione europea, a partire da Regno Unito, Spagna, Francia, Germania, hanno riconosciuto Guaidò quale Presidente ad interim;

di fronte alla crisi venezuelana il Governo italiano ha espresso due posizioni contrapposte: al vice presidente del Consiglio, Matteo Salvini, che ha dichiarato di essere contro la dittatura di Maduro, hanno fatto seguito le dichiarazioni dell’altro vice presidente del Consiglio, Luigi di Maio, che ha, invece, sostenuto di non volere adoperare alcuna ingerenza in altri Stati e di “non riconoscere soggetti che non siano stati votati”. Parole poco chiare si sono avute, inoltre, dal presidente Conte, il quale ha dichiarato che: “bisogna cercare di evitare che il Venezuela attraverso l’impositivo intervento di Paesi stranieri, possa diventare terreno di confronto e divisioni tra attori globali”, una posizione ambigua e un equilibrismo tattico che rischiano di essere una vicinanza pericolosa a un regime repressivo. Una linea contraddittoria, dunque, che ha condannato, ancora una volta, l’Italia all’isolamento internazionale, ponendola su posizioni distanti anche dai suoi partners europei che, senza tentennamenti, hanno posizionato i propri Paesi su una linea di netto contrasto alle durissime repressioni messe in atto da Maduro;

alla mancata presa di posizione dell’Italia è seguito, infatti, l’immediato ringraziamento di Maduro, mentre a Caracas i rappresentanti della comunità italiana in Venezuela intervenuti nelle manifestazioni a sostegno di Guaidò hanno affermato pubblicamente che: “Il Governo italiano si è messo dalla parte sbagliata della storia”, chiedendo che l’Italia “aderisca alle decisioni europee di riconoscimento di Guaidò come Presidente ad interim, nominato dall’Assemblea nazionale, unico organo legalmente costituito per convocare elezioni dopo il rinnovo degli organismi competenti, secondo i termini della legge”;

considerato che:

in data 6 febbraio Juan Guaidò ha chiesto ai due vice presidenti del Consiglio, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, a Roma un incontro “nel più breve tempo possibile (…) con una delegazione ufficiale del Parlamento, guidata dal presidente della Commissione esteri dell’Assemblea nazionale Francisco Sucre e dal rappresentante europeo per gli Aiuti umanitari Rodrigo Diamanti, con la finalità di illustrare il piano di azione per il ripristino della democrazia in Venezuela mediante l’indizione di elezioni libere e trasparenti e risolvere l’attuale crisi umanitaria che sta colpendo tutti i venezuelani e più di 100.000 italiani che vivono nel Paese”;

alla predetta richiesta, alla data odierna, ha risposto affermativamente solo il vice presidente Salvini, risposta che ha confermato così ancora una volta la profonda spaccatura all’interno della compagine governativa sulla gestione della crisi venezuelana, spaccatura, peraltro, evidenziatasi anche su altri importanti dossier internazionali, si pensi in tal senso al ritiro delle truppe italiane dall’Afghanistan, annunciato dal ministro della difesa, Elisabetta Trenta, in assenza di qualunque coordinamento con il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi;

lo scorso 8 febbraio si è riunito a Montevideo il Gruppo di contatto internazionale sul Venezuela -ICG -. Il predetto Gruppo di contatto, formatosi il 31 gennaio, riunisce otto Stati membri dell’Unione europea- Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito – e diversi Paesi dell’America latina – Bolivia, Costarica, Ecuador e Uruguay -;

in una nota congiunta diffusa al termine dell’incontro, cui l’Italia ha partecipato rappresentata dal Ministro degli esteri, il Gruppo, ha affermato che “procederà a stabilire i necessari contatti con i competenti attori venezuelani e con i partner regionali e internazionali allo scopo di stabilire le garanzie necessarie per un processo elettorale credibile, nel più breve tempo possibile e consentire l’erogazione urgente di assistenza in conformità con i principi umanitari internazionali.”,

impegna il Governo:

a riconoscere immediatamente Guaidò quale Presidente ad interim del Venezuela ai sensi dell’articolo 233 della Costituzione venezuelana, rompendo, così, l’isolamento internazionale in cui si è venuta a trovare l’Italia e schierando il nostro Paese dalla parte delle democrazie liberali, con la comunità internazionale e con l’Unione europea che hanno chiesto l’indizione di nuove elezioni in Venezuela e condannato le repressioni messe in atto dal regime di Maduro;

ad adoperarsi in ogni modo per offrire sostegno alla numerosa comunità italo venezuelana residente nel Paese sudamericano;

a sostenere efficacemente e senza alcuna ambiguità l’azione del citato Gruppo di contatto internazionale sul Venezuela.

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(6-00045) n. 3 (12 febbraio 2019)

BERNINI, MALAN, AIMI, CRAXI, ROMANI, GALLIANI, GALLONE, GIAMMANCO, LONARDO, MALLEGNI, MANGIALAVORI, MOLES, RIZZOTTI, RONZULLI, VITALI, PICHETTO FRATIN, ALDERISI, BARACHINI, BARBONI, BATTISTONI, BERARDI, BERUTTI, BIASOTTI, BINETTI, CALIENDO, CANGINI, CARBONE, CAUSIN, CESARO, CONZATTI, DAL MAS, DAMIANI, DE POLI, DE SIANO, FANTETTI, FAZZONE, FERRO, FLORIS, GASPARRI, GHEDINI, GIRO, MASINI, Alfredo MESSINA, MINUTO, MODENA, PAGANO, PAPATHEU, PAROLI, PEROSINO, QUAGLIARIELLO, ROSSI, SACCONE, SCHIFANI, SCIASCIA, SERAFINI, SICLARI, STABILE, TESTOR, TIRABOSCHI, TOFFANIN.

Respinta

Il Senato,

udite le comunicazioni del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale,

premesso che:

la situazione in Venezuela è di emergenza democratica, non solo rispetto ai criteri internazionali, ma anche in aperta violazione della Costituzione che quella Repubblica si è data; l’Assemblea nazionale, regolarmente eletta il 6 dicembre 2015, è stata infatti esautorata – con procedura del tutto estranea alla Costituzione dal Tribunale di giustizia, nominato da Nicolas Maduro, il quale ha convocato un’Assemblea nazionale costituente il 25 luglio 2017, in cui il partito di riferimento del Presidente non ha avuto avversari; tale assemblea illegale ha quindi inibito ai principali partiti di opposizione la partecipazione alle elezioni presidenziali del 2018, in cui Maduro è stato ovviamente il più votato, con una partecipazione dichiarata dalle autorità al 30 per cento degli aventi diritto;

il 23 gennaio ultimo scorso, in una enorme manifestazione di piazza a Caracas, il presidente dell’Assemblea nazionale, Juan Guaidò, si è proclamato Presidente ad interim, secondo quanto stabilito dall’articolo 233 della Costituzione venezuelana, per portare ad elezioni democratiche, disconoscendo i poteri di Maduro;

gli Stati Uniti d’America, il Canada e altri Paesi (tra cui i vicini Brasile e Colombia) hanno immediatamente riconosciuto come nuovo Presidente del Venezuela l’autoproclamatosi Juan Guaidò;

il 4 febbraio ultimo scorso, Spagna, Francia, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Portogallo, Svezia, Austria, Repubblica Ceca, Lettonia, Belgio, Finlandia, Ungheria, Lussemburgo, Lituania, Danimarca, Polonia, Croazia ed Estonia hanno riconosciuto il nuovo Presidente Guaidò;

esiste una contrarietà ad azioni contro l’attuale regime da parte della Federazione Russa (che ha recentemente firmato un accordo per la ristrutturazione di 3 miliardi di debito venezuelano) e della Cina (uno dei principali creditori del Paese sudamericano) il che rende molto improbabile una risoluzione unanime dell’ONU sull’azione da intraprendere nei confronti del Venezuela;

considerato che:

la politica fortemente statalista degli ultimi venti anni, guidata Hugo Chavez fino al 2013 e poi da Nicolas Maduro, ha reso l’economia e il bilancio statale del Venezuela quasi totalmente dipendente dalle esportazioni di petrolio (il quale costituisce il 98 per cento delle esportazioni venezuelane, a fronte del 77 per cento dell’Arabia Saudita) a fronte di una spesa pubblica quadruplicata; l’inefficienza della azienda petrolifera monopolista, statalizzata da Chavez ha fatto sì che, con il calo mondiale del prezzi del petrolio avvenuto dal 2014, il ricavato della vendita non copra più i costi di estrazione; di conseguenza, nonostante il Venezuela abbia le più abbondanti riserve petrolifere del pianeta, la compagnia petrolifera governativa è arrivata ad acquistare il greggio dall’estero; per poter pagare la spesa pubblica, Maduro ha fatto ricorso all’abbondante stampa di denaro che ha portato l’inflazione a livelli ormai non più misurabili, stimabile tra il milione e i dieci milioni per cento; il rimedio di Maduro è stata l’imposizione di un prezzo massimo ai beni di consumo, cosa che li ha fatti sparire dai negozi rendendoli reperibili solo a mercato nero, inclusi i farmaci e i beni di prima necessità; presto è arrivata la cessazione dei servizi elementari per la popolazione; le proteste sono state contrastate con la compressione dei diritti politici ed individuali e la repressione violenta che ha causato decine di morti e molti arresti di oppositori;

la comunità italiana è composta da circa 160.000 persone registrate presso i nostri consolati, oltre a circa un milione e mezzo di oriundi italiani, e diverse sono le aziende del nostro Paese attualmente impegnate in Venezuela;

il Parlamento europeo ha da tempo chiesto alla Corte penale internazionale di indagare sui crimini commessi dal regime di Maduro;

il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, ha dichiarato in proposito: “Alla luce delle importanti manifestazioni in corso in Venezuela, appare evidente il malcontento del popolo venezuelano verso il regime illegittimo di Maduro, che non ha ottenuto la Presidenza a seguito di elezioni libere e giuste, ma aggrappandosi al potere e incarcerando l’opposizione. (…) Il presidente Juan Guaidò è l’unico interlocutore istituzionale in Venezuela, perché è l’unico a disporre attualmente di una legittimazione democratica. Siamo in contatto e seguo con grande attenzione gli avvenimenti in Venezuela. Siamo estremamente preoccupati in particolare per i rischi legati alla violenza e per la repressione messa in atto dal regime di fronte alle marce di protesta. Occorre assicurare un passaggio di potere pacifico, con elezioni libere e credibili;

giovedì 31 gennaio scorso il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza una risoluzione in cui – tra l’altro – riconosce Juan Guaidó come legittimo Presidente ad interim della Repubblica del Venezuela, conformemente al disposto dell’articolo 233 della Costituzione venezuelana; chiede che il vice presidente della Commissione, alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e gli Stati membri assumano una solida posizione unitaria e riconoscano Juan Guaidó come unico Presidente legittimo ad interim del Paese, in attesa che sia possibile indire nuove elezioni, si compiace del fatto che molti altri Stati democratici abbiano già riconosciuto la nuova Presidenza ad interim;

il 7 febbraio ultimo scorso si è svolto a Montevideo, in Uruguay, il summit che ha visto impegnati la delegazione UE (composta da Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito) riunita nell’apposito International Contact Group (ICG), guidato dall’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, e i rappresentanti di Bolivia, Costa Rica, Ecuador, Messico e Uruguay;

a margine del summit, durante la dichiarazione finale diffusa al termine della conferenza internazionale, è stata ribadita la volontà di assumere “un approccio internazionale comune per sostenere una risoluzione pacifica e democratica della crisi venezuelana”;

l’Assemblea nazionale venezuelana, dove le libere elezioni hanno dato la maggioranza all’opposizione, ha approvato la strategia per l’ingresso nel Paese degli aiuti umanitari offerti dai Governi stranieri, ma i militari venezuelani, ancora fedeli al regime di Maduro, hanno bloccato il ponte Las Tienditas, al confine con la Colombia per il passaggio di alimenti e medicinali: una situazione gravissima che causa deliberatamente gravissimi danni a una popolazione già estremamente provata dal punto di vista umanitario;

negli ultimi giorni si sono svolte in Venezuela nuove proteste e manifestazioni di massa che hanno registrato ulteriori feriti e gravi violazioni dei diritti umani derivanti da atti di violenza e di repressione nei confronti delle proteste;

condanna fermamente le violenze, che hanno provocato morti e feriti, ed esprime il suo sincero cordoglio ai familiari e agli amici delle vittime; esorta le autorità venezuelane di fatto a cessare tutte le violazioni dei diritti umani, a far sì che i responsabili ne rispondano e a garantire il pieno rispetto di tutte le libertà fondamentali e di tutti i diritti umani,

impegna il Governo:

1) a tutelare l’incolumità della comunità italiana in Venezuela e la piena tutela delle aziende italiane attualmente attive in quel Paese e dei loro legittimi interessi economici;

2) a riconoscere Juan Guaidó come legittimo Presidente ad interim della Repubblica del Venezuela, conformemente al disposto dell’articolo 233 della Costituzione venezuelana per arrivare nel più breve tempo possibile ad elezioni presidenziali con le dovute garanzie democratiche e con la presenza e la vigilanza degli osservatori degli organismi internazionali;

3) a sostenere l’azione diplomatica dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri finalizzata a definire un documento comune tra i 28 Paesi UE sulla linea della presente risoluzione;

4) a fare propria la condanna delle violenze;

5) a tenere tempestivamente informato il Senato attraverso il Ministro degli affari esteri circa gli sviluppi dell’attuale crisi venezuelana, e sulle azioni politico-diplomatiche intraprese e da intraprendere.

(6-00046) n. 4 (12 febbraio 2019)

CIRIANI, URSO, RAUTI, BALBONI, BERTACCO, DE BERTOLDI, FAZZOLARI, GARNERO SANTANCHE’, IANNONE, LA PIETRA, LA RUSSA, MAFFONI, MARSILIO, NASTRI, RUSPANDINI, STANCANELLI, TOTARO, ZAFFINI.

Respinta

Il Senato,

udite le comunicazioni del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale sui recenti sviluppi della situazione in Venezuela,

premesso che:

l’Assemblea nazionale del Venezuela ha conferito al presidente Juan Guaidò, sulla base dell’articolo 233 della Costituzione nazionale, il mandato di Presidente ad interim con il compito di indire nuove elezioni presidenziali, in un clima di libertà e di democrazia;

l’Assemblea nazionale è l’unica istituzione riconosciuta da Italia ed Unione europea, e che le successive elezioni presidenziali non sono state riconosciute dalla comunità internazionale;

preso atto delle accorate richieste giunte dai rappresentanti delle Associazioni della Comunità italiana in Venezuela;

preso atto che oltre 59 Nazioni al mondo, gli Stati dell’America meridionale, quasi tutti gli Stati dell’Unione europea e il Parlamento europeo hanno già riconosciuto il presidente ad interim Juan Guaidò;

il Gruppo di contatto creato dall’Unione europea, nella sua prima riunione a Montevideo ha approvato, con il consenso dell’Italia, un documento che chiede elezioni presidenziali libere e credibili, il ripristino dei poteri dell’Assemblea nazionale, la restaurazione di democrazia e stato di diritto, e libero accesso agli aiuti umanitari;

è necessario predisporre un piano di aiuti umanitari in soccorso della popolazione civile, stremata dalla gravissima crisi economica e sociale;

è indispensabile agire in tutte le sedi affinché la comunità internazionale contribuisca nel garantire una transizione pacifica e democratica e a realizzare misure urgenti per sopperire alle drammatiche condizioni sanitari e sociali del Paese,

impegna il Governo a riconoscere il presidente ad interim Guaidò affinché indica immediatamente nuove e libere elezioni presidenziali in Venezuela, che possano svolgersi con la garanzia degli osservatori internazionali.

(6-00047) n. 5 (12 febbraio 2019)

FAZZOLARI, URSO, CIRIANI, RAUTI, BALBONI, BERTACCO, DE BERTOLDI, GARNERO SANTANCHE’, IANNONE, LA PIETRA, LA RUSSA, MAFFONI, MARSILIO, NASTRI, RUSPANDINI, STANCANELLI, TOTARO, ZAFFINI, ALDERISI, FANTETTI, MALAN, MINUTO.

Respinta

Il Senato,

udite le comunicazioni del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale sulla situazione in Venezuela,

premesso che:

il Venezuela vive da tempo una gravissima crisi politica ed economica;

Nicolas Maduro è stato riconfermato Presidente da elezioni farsa il 20 maggio 2018 e la sua elezione è stata ampiamente contestata e ritenuta illegittima, sia dalla comunità venezuelana che da quella internazionale;

nelle piazze regna il caos con continui scontri fra manifestanti anti-governativi, sostenitori di Maduro e forze di polizia, con gravissimi bilanci tra morti e arrestati;

il Venezuela è ormai ad un passo dalla guerra civile e si contano centinaia di feriti e decine di morti negli scontri di piazza; la violenza è allarmante, la criminalità è fuori controllo e la repressione governativa è sempre più violenta: sono 7.357 i casi di tortura e trattamenti crudeli registrati soltanto nel 2017 e ad oggi ci sono circa 230 prigionieri politici e oltre 7.300 persone hanno processi penali aperti per motivi politici;

il Paese è afflitto altresì da una gravissima recessione per cui, secondo le aspettative a lungo termine del Fondo monetario internazionale, il PIL dello Stato latinoamericano continuerà a contrarsi almeno fino al 2023, mentre l’inflazione ha superato il milione per cento alla fine del 2018;

il costo della vita è insostenibile, i beni alimentari scarseggiano e un abitante su tre soffre di malnutrizione, mentre 3 milioni di persone sono ridotte completamente in miseria;

l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) ha annunciato che sono circa 2,3 milioni i venezuelani che hanno abbandonato il Paese negli ultimi anni, un milione solo tra il 2015 e il 2017 a seguito dell’acuirsi della crisi politica, economica e sociale che attraversa il Paese (un venezuelano su 20);

ogni giorno muoiono persone per mancanza di cure mediche, sia per lo smantellamento del sistema sanitario, sia per la mancanza di medicinali e attrezzature;

il collasso dell’attività economica (si pensi che la produzione petrolifera nazionale, una delle più ricche del mondo, è crollata da 2,5 milioni di barili al giorno nel 2015 a 1,1 milioni di barili a novembre 2018), l’iperinflazione e il crescente deterioramento dell’offerta di beni pubblici (salute, elettricità, acqua, trasporti e sicurezza), aggiunti alla carenza di cibo a prezzi agevolati, genera grandi flussi migratori;

considerato che:

la comunità di italiani in Venezuela è importante e numerosa; su una popolazione totale di quasi 32 milioni di abitanti, ben 150.000 sono cittadini italiani e circa 2 milioni di origine italiana;

sono migliaia le richieste di cittadinanza italiana avanzate negli ultimi anni e, di queste, solo una minima parte ha ricevuto risposta;

gli italiani in Venezuela oggi non riescono nemmeno a ottenere il rinnovo di un passaporto o a portare avanti una richiesta di cittadinanza, visto che è quasi impossibile prenotare un appuntamento attraverso il sistema on line, al punto che si è creata una rete di gestori o intermediari che vende illegalmente gli appuntamenti;

comunque i tempi per l’ottenimento della cittadinanza sono lunghissimi e molti gli ostacoli burocratici che vi si interpongono;

la comunità di italiani in Venezuela, importante e numerosa, attraverso le proprie associazioni, si è appellata ai massimi rappresentanti della madrepatria, chiedendo aiuto e sostegno,

impegna il Governo:

1) a garantire la celere evasione delle richieste di cittadinanza presentate da cittadini venezuelani di ceppo italiano attraverso l’adozione di efficaci misure anche di carattere economico e finanziario;

2) a incrementare presso la rete consolare in Venezuela le risorse umane necessarie per accogliere le domande di rimpatrio in Italia e accelerare i procedimenti di riconoscimento della cittadinanza in favore dei cittadini venezuelani in possesso dello status civitatis italiano;

3) a concedere il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, ai sensi del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3, ai cittadini venezuelani di ceppo italiano che hanno presentato richiesta di cittadinanza italiana e che sono ancora in attesa di conoscerne l’esito.

(6-00048) n. 6 (12 febbraio 2019)

DE PETRIS, ERRANI, GRASSO, LAFORGIA, BUCCARELLA, DE FALCO.

Respinta

Il Senato,

sentite le comunicazioni del Ministro degli affari esteri sui recenti sviluppi della situazione in Venezuela,

premesso che:

il Venezuela sta attraversando una grave crisi economica, sociale e istituzionale che ha aggravato la già difficile situazione umanitaria del Paese. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e l’Agenzia delle Nazioni Unite per le migrazioni (OIM), il numero di rifugiati e migranti venezuelani nel mondo ha raggiunto i tre milioni, gli indicatori economici e sociali mostrano un Paese allo stremo con una fortissima recessione, con un PIL nel 2018 a -14 per cento, una inflazione stimata oltre il 2.500 per cento, un tasso di estrema povertà del 65 per cento e una crisi sanitaria che vede gran parte delle strutture prive delle minime risorse di medicinali e strumenti;

le sanzioni finanziarie, il boicottaggio commerciale e le restrizioni dei movimenti valutari imposti dal Governo statunitense nei confronti del Venezuela hanno finito per peggiorare le condizioni di vita materiale, anziché aiutare la ricerca di una soluzione alla crisi;

le elezioni legislative del 2015 sono state vinte dalle opposizioni, mentre le elezioni presidenziali del 20 maggio 2018 hanno visto la riconferma del presidente Nicolas Maduro con circa il 68 per cento dei voti, per un mandato di sei anni, dal 10 gennaio 2019 fino al 2025. L’astensione è stata molto alta (ha votato appena il 48 per cento degli elettori) e ci sono state forti denunce di irregolarità, nonostante il voto sia stato certificato, in entrambi i casi, dallo stesso organismo istituzionale e gli osservatori internazionali, tra cui l’ex premier spagnolo Zapatero, abbiano dichiarato che il voto sia stato regolare;

il 5 gennaio 2019 il deputato del partito di opposizione Voluntad Popular, Juan Guaidò, è stato eletto presidente dell’Assemblea nazionale che, il 23 gennaio 2019, lo ha proclamato presidente ad interim sulla base di una discussa interpretazione dell’articolo 233 della Costituzione, che prevede la possibilità di destituire il presidente in funzione in caso di “abbandono dell’incarico dichiarato come tale dall’Assemblea nazionale”;

da tempo il Paese vede una forte contrapposizione tra Governo e opposizione che è sfociata in continue manifestazioni di segno opposto che stanno lasciando un clima permanente di insicurezza e violenze, aggravando ancora di più la già pesantissima situazione;

il 26 settembre 2018 il Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione sulla violazione dei diritti umani in Venezuela;

secondo il rapporto 2017-2018 di Amnesty International nel Paese latino-americano, infatti, in questo biennio è rimasto in vigore lo stato d’emergenza, già rinnovato più volte da gennaio 2016, anche in relazione a manifestazioni violente di gruppi organizzati. “Le forze di sicurezza”, si legge nel rapporto, “hanno continuato a fare ricorso all’uso eccessivo e non necessario della forza per disperdere le proteste. Centinaia di persone sono state arbitrariamente detenute. Sono stati segnalati molti casi di tortura e altri maltrattamenti, inclusi episodi di violenza sessuale, ai danni di manifestanti. Il sistema giudiziario è stato ancora una volta impiegato per ridurre al silenzio i dissidenti, anche tramite il ricorso alla giurisdizione militare per perseguire i civili. Difensori dei diritti umani sono stati al centro di vessazioni e intimidazioni e hanno subìto irruzioni nelle loro abitazioni. Le condizioni di vita nelle carceri sono rimaste estremamente dure. La crisi alimentare e quella sanitaria sono peggiorate, colpendo in particolar modo i bambini, le persone affette da patologie croniche e le donne in gravidanza”;

tutt’ora il governo Maduro ha il sostegno di parti della popolazione e dell’esercito e, senza una soluzione diplomatica, l’unico sbocco della crisi potrebbe essere quello di una guerra civile;

la divisione della comunità internazionale sulla posizione da assumere rispetto allo scontro istituzionale in atto in Venezuela indebolisce le Nazioni Unite ed il ruolo che esse possono e devono esercitare per evitare lo spettro di una guerra civile;

la scelta del Governo degli Stati Uniti di intervenire sempre più direttamente nella crisi venezuelana, come ha recentemente indicato il presidente Trump dichiarando in un’intervista che “l’intervento militare è tra le opzioni possibili” e, parimenti, le prese di posizione dei Governi russo e cinese di sostegno al Governo del presidente Maduro, aprono inquietanti scenari di una grave crisi internazionale, impedendo, inoltre, il pronunciamento sia del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sia dell’Organizzazione degli Stati americani;

nello scenario dell’America Latina hanno riconosciuto come presidente Juan Guaidò, tra gli altri, i Governi di Brasile, Argentina, Paraguay, Cile, mentre non l’hanno fatto quelli di Uruguay, Bolivia, Messico e Cuba, aprendo una possibile crisi in un’area particolarmente delicata;

nel Paese è presente una rilevante comunità di italiani messa fortemente in pericolo da un’eventuale escalation militare,

impegna il Governo italiano:

ad assumere un ruolo e una iniziativa nello scenario internazionale, attivando tutte le sue relazioni diplomatiche per giungere in tempi rapidi a una soluzione politica con una mediazione tra le parti che conduca a elezioni sia presidenziali sia legislative, evitando interventi unilaterali che possano aggravare la crisi e portare a scenari di guerra civile, nel rispetto del principio di autodeterminazione dei popoli che non può essere messo in discussione con interventi unilaterali al di fuori delle risoluzioni dell’ONU e degli organismi internazionali;

a incoraggiare e sostenere tutte le iniziative che si propongono il dialogo tra le parti, come indicato anche da Papa Francesco, a partire dal cosiddetto Meccanismo di Montevideo, proposto da Messico, Uruguay e Comunità Caraibica, sostenuto dalla Conferenza episcopale dell’America Latina e dalla Chiesa venezuelana;

a sostenere l’iniziativa dell’International Contact Group, composto da Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito, promosso e diretto da Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza che, assieme a Messico, Uruguay, Bolivia, Ecuador e Costa Rica, sta lavorando a una soluzione negoziale;

a sollecitare l’iniziativa delle Nazioni Unite nell’azione di mediazione per risolvere la crisi;

a intervenire con aiuti umanitari per affrontare la scarsità di cibo, medicinale e attrezzature mediche per portare immediato sostegno alla popolazione;

a lavorare per la sicurezza degli oltre 100.000 italiani che vivono in Venezuela.

(6-00049) n. 7 (12 febbraio 2019)

CASINI, ZANDA, BONINO, MONTI, UNTERBERGER, STEGER, LANIECE, BRESSA.

Respinta

Il Senato,

considerata la drammaticità della situazione politica in Venezuela e delle sue inevitabili ripercussioni su tutto il popolo venezuelano;

preso atto che l’unico organismo che la comunità internazionale riconosce come democraticamente legittimato dal popolo venezuelano è il Parlamento e che, il 5 gennaio scorso, Juan Guaidò è stato eletto Presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana;

considerata, altresì, la palese irregolarità delle elezioni presidenziali del 20 maggio 2018, come peraltro dichiarato da tutti i Governi europei,

impegna il Governo a riconoscere ufficialmente il presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana, Juan Guaidò, come Presidente ad interim della Repubblica Bolivariana del Venezuela .

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