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Reddito di cittadinanza? No, caporalato di Stato con aggravante razzista

“Pacco, doppio pacco e contropaccotto” è un film italiano del 1993, l’ultimo per il cinema diretto da Nanni Loy. Il film, strutturato ad episodi, è ambientato nella Napoli degli anni novanta in cui imbroglioni più o meno professionisti, si arrangiano cercando di truffare il prossimo.

Ecco tutta l’epopea del movimento pentastellato è franata in poco più 7 mesi di governo nel repentino abbandono di tutti i principi che ne caratterizzavano la natura di movimento antisistema ma che hanno poi avuto lo stesso esito dei mirabolanti trucchi dei personaggi di quel film.

Se poi anche l’unico cordone ombelicale, il “reddito di cittadinanza” che tiene in qualche modo legato il M5Stelle ad una parte ancora consistente del suo elettorato, si rivela un pacco di dimensioni cosmiche, allora la bolla pentastellata rischia di fare molto presto la fine che fece un altro noto movimento che aveva in comune con i 5 stelle un analogo livello di indeterminatezza e di confusione, ovvero, quel “partito dell’uomo qualunque” che durò solo 5 anni (dal 1945 al 1949) perché intorno aveva dei partiti enormi e ben strutturati. Il vantaggio dei 5stelle è che quei partiti sono evaporati a parte la Lega, per l’appunto. Ciò tuttavia non vuol dire che il M5S non rischi di fare presto la stessa fine che fece il farlocco partito di Giannini.

Scrive Giorgio Cremaschi: ” Un disoccupato del Sud in affitto che riceva il reddito DOVRÀ trasferirsi al Nord per 643 euro netti mese (858 lordi) e dovrà lavorare pagar casa mantenersi con meno del reddito (780). Altra vittoria della #Lega che il #reddito vuol farlo fallire.”.

Insomma, il presunto “reddito di cittadinanza” pare essere il realtà solo un “reddito di sudditanza” ad un mercato del lavoro schiavistico e viste le premesse non può che tradursi, nei fatti, in un #caporalato di stato. Ciò non solo per come è stata concepita la norma ma anche perché tra le promesse elettorali dei 5Stelle disattese c’è la mancata abolizione del jobs act.

Di più, con l’emendamento approvato il governo imbocca la deriva che portò all’esclusione dei bambini di genitori stranieri dalla mensa a Lodi. La commissione Lavoro del Senato ha approvato un emendamento della Lega al decretone che vincola l’accesso alla presentazione di “certificazione” di reddito e patrimonio e del nucleo familiare rilasciata dallo Stato di provenienza, “tradotta” in italiano e “legalizzata dall’Autorità consolare italiana”.

Il vulnus di Lodi ha fatto scuola ed ora entra di peso in una legge dello Stato in barba all’art. 3 della Costituzione (principio di non discriminazione) introducendo un ostacolo di stampo razzista che ha come fine quello di impedire, di fatto, a tutti i cittadini di origine straniera l’accesso al reddito di cittadinanza.

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1 Commento


  • carlo

    Il vero reddito di base incodizionato, un contratto rousseauiano per ricompensare il cittadino dello spossessamento forzoso dei mezzi di produzione naturali attraverso le leggi, principalmente sulla propietà privata e l’eredità, ed i divieti di esercitare in totale libertà le attività naturali per rendersi indipendente: costruzione dell’abitazione, caccia, pesca, coltivazione ed allevamento su qualsiasi terra. Questo concetto è stato parzialmente accettato anche dai teorici del free market Von Hayek e Friedman che lo vedevano come un metodo per poter salvare l’amato capitalismo, limitando le crisi congenite del sistema e consentendo di fatto agli spiriti rapaci di accumulare la spesa delle masse. Le stesse politiche Keynesiane devono necessariamente evolvere ad un certo punto in qualche forma di sussidio per mantenere la domanda. L’intento di Keynes era sempre lo stesso, salvare il capitalismo, ed è forse per questo, che queste misure, imperfette per definizione fino a quando esisterà il lavoro umano, possono essere un’opportunità di lotta. Ai tempi nostri infatti quando la lotta e la resistenza devono storicamente e necessariamente essere anche guerriglia intellettuale, misure zoppe come il finto reddito di cittadinanza e soprattutto la riforma dei centri per l’impiego, nei suoi aspetti tecnici, necessaria per far funzionare la misura principale, possono essere un’occasione di occupazione degli spazi del lavoro da parte di molti dissidenti che fino ad oggi non hanno partecipato al “mercato del lavoro” perchè esclusi in partenza da stringenti filtri sociali e culturali. Questo tipo di misure, per poter esistere, visto che lo scopo è proletarizzare più fascie di popolazione, dovrebbero necessariamente ridurre questi filtri in ingresso, portando nel cuore di aziende e istituzioni compagni che possano iniziare da subito una serrata attività sindacale e di sabotaggio culturale del paradigma liberista. In questo senso, per lo studente che dopo la laurea si trovi proiettato con più facilità, grazie al “nuovo collocamento”, in una azienda privata, la denuncia di ogni minima irregolarità alle autorità borghesi deve essere tempestiva, così come per l’intellettuale che possa essere inserito in una qualche amministrazione pubblica, l’applicazione delle procedure deve essere inflessibile, in modo da mettere in evidenza e in crisi le contraddizioni e i conflitti interni al sistema.

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