Con il voto sulla piattaforma Rosseau, Luigi Di Maio è stato confermato capo politico del Movimento 5 stelle con l’80% dei consensi. Il risultato è stato di 44.849 sì e 11.278 no su 56.127 votanti. “La riconferma del mio ruolo di capo politico è solo il primo passo per avviare una profonda organizzazione del Movimento 5 Stelle, per renderlo più vicino ai cittadini, ai territori, per rimarcare la nostra identità e per permettere a questo Governo di realizzare quella idea di Paese che abbiamo costruito negli ultimi 10 anni con esperti, portavoce ed attivisti” ha affermato Di Maio, in un post su Facebook dopo la sua conferma a capo politico del M5s. “Nelle prossime ore incontrerò i consiglieri regionali, lunedì i nostri sindaci e sabato prossimo una rappresentanza dei nostri consiglieri comunali di tutta Italia. Anche con loro parleremo di come rendere il Movimento più utile alle esigenze dei cittadini, delle imprese, delle associazioni, delle famiglie e in generale alle esigenze che vengono dal territorio”.
Annunciata anche una riorganizzazione della struttura del M5S. “Tra qualche settimana – dice Di Maio – conoscerete la nuova struttura organizzativa che per me deve prevedere compiti ben precisi in capo a persone individuate dal Movimento, penso a deleghe sull’economia, i territori, le liste civiche, le imprese, il lavoro, l’ambiente, la sanità, la tanto discussa comunicazione, tutte questioni che sono sempre state in capo a me, vista l’assenza di una struttura interna”.
Ma il referendum su Di Maio – al momento vinto da quest’ultimo, sostenuto da tutti i “padri” del movimento (Grillo Casaleggio) – se è servito a tacitare il crescente dissenso interno, non appare sufficiente a recuperarlo, né a livello centrale che locale. Un esponente storico del M5S, l’attuale Presidente della Camera Roberto Fico, ha spiegato così la sua contrarietà al referendum su Di Maio: “Ho subito detto di non essere d’accordo con il lancio della votazione di oggi su Rousseau. E per questo non parteciperò al voto. Sono sempre stato contrario alla politica che si identifica in una sola persona. Se il focus resta sulla fiducia da accordare o meno a una figura, e non sui tanti cambiamenti che invece, insieme, occorre porre in essere, non ci potrà essere alcuna evoluzione. Significa non cambiare niente”. In un altro passaggio Fico mette i piedi nel piatto sulle prospettive del M5S: “Dobbiamo decidere cosa essere. Attualmente abbiamo un vertice che però non è adeguatamente sostenuto da percorsi di confronto e ragionamento e che alle spalle non ha tutto un meccanismo di pesi e contrappesi. Occorre allora domandarsi se diventare, anche nelle forme standard, un partito a tutti gli effetti, con le dinamiche e i limiti che abbiamo sempre ritenuto di dover superare; oppure restare ancorati a una bellissima idea di movimento. Ma questo presuppone capire insieme come continuare a sviluppare questa idea oggi, in un contesto generale per forza di cose più ampio e complesso. Questo percorso da trovare insieme non è più rinviabile.
Sulla rete però i malumori della base cinquestelle non sembrano affatto rientrati. Un attivista storico del M5S a Roma aveva definito le votazioni “le buffonarie”. Un altro attivista M5S napoletano scrive che: “Il problema, a mio avviso, non è il risultato elettorale. La questione essenziale e che si pagherà l’aver abbandonato i territori, aver rinunciato ad essere megafono delle istanze degli attivisti che nei quartieri e nei paesi conoscono e combattono i problemi quotidiani. Sono arrivate le decisioni calate dall’alto, i nomi imposti presi dalla società civile, i capilista scelti dal capo politico, gli esclusi senza motivo, le certificazioni date e non date, le cordate, i doppi incarichi, sono arrivati i Pomiglianesi e amici a Roma”.
Per ora il M5S e la sua attuale leadership hanno una messa una toppa sul crescente dissenso interno. Che la toppa si riveli peggiore del buco lo vedremo presto, soprattutto sul come verrà affrontata e gestita l’escalation di Salvini dentro il governo ora che sta passando all’incasso del risultato elettorale.
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De Marco Paolo
Se il M5S crede che le cose si risolveranno con il ricorso alla comunicazione meglio si sciogliano ed entrano nella Lega altrimenti spariranno e ci rimetteranno pure le poltrone!
Abbiamo capito – Visco , Istat ecc – che lo « shock fiscal » in deficit va bene ma non il RDC che intanto è magrissimo e restrittivo … per non parlare della necessaria riduzione del tempo di lavoro riorganizzando i fondi pubblici persi in Quota 100, RDC, 80 euro in busta paga, IMU sulla prima case del terzo più ricco, ecc … )
Dunque : Si aumentano l’IVA e le tasse indirette di attorno a 25 miliardi ma a gennaio 2020. (La Lettera di Tria alla UE prevede un aumento di 1,3 % del PIL)
Intanto devono trovare 40 miliardi per la flat tax più 23 miliardi per l’IVA attuale. (La Flat tax con le autonomie regionali che bella ricetta per il Sud …)
Dunque come diceva il Presidente del Consiglio Conte in Aprile scorzo : « spending review e tax expenditures ». Eccetto che non ci dicono quanto hanno preso in 2018 con la spending review e per i tagli né DOVE VOGLIONO TAGLIARE ORA, dato che spendono già più in interessi per finanziare il debito pubblico che nel budget dell’Educazione nazionale – la quale non sembra possa ancora servire visto il brain drain ? e i nuovi « gig » o « shitty jobs » ? (Mi mancano i risultati della spending review 2018 ma la media annua fin qui era di 5 miliardi e ne mancavano 23 nel DEF per il 2018. I conti non girano )
Non si sa niente sulle spese – ad es, Quota 100 senza « struttura stabile » e RDC finanziato in deficit come dice la Corte dei conti. O sui tagli.
E non si sa ancora niente di sicuro sull’apertura dei cantieri.
Si tratta della peggiore versione della « voodoo’s economics ». Che, in oltre, non tiene conto del rialzo dello spread, della stagnazione economica – duratura visto la guerra commerciale ecc – o del rialzo del prezzo del petrolio ecc.
Imputare tubercolosa e scabbia agli migranti non illuderà più nessuno. Calpestare il pane – valori giudeo-cristiani nuovi ? – fomentando rivolta contro i Rom neanche.
La Commissione chiederà certamente spiegazioni e chiarimenti – e, in tanto, il nostro Paese è trascinando verso una rovina irreversibile.
Paolo De Marco