A Milano è in corso il convegno internazionale “Una alternativa Euromediterranea contro la Fortezza Europa”. Qui di seguito la relazione introduttiva ai lavori:
Il convegno internazionale promosso dal Cestes e dalla Piattaforma Sociale Eurostop, intende approfondire il confronto sulla necessità e le possibilità di costruire una alternativa Euromediterranea all’ Unione Europea, cioè all’apparato istituzionale e di comando che le classi dominanti hanno costruito sull’Europa. Un apparato che si conferma essere sia gabbia per i propri popoli sia un elemento di destabilizzazione, ingerenza coloniale e guerra contro i popoli della sponda sud del Mediterraneo, dell’Africa e del Medio Oriente
Abbiamo tenuto molto affinchè a questo confronto prendessero parte rappresentanti di organizzazioni di altri paesi come Ensemble Insoumise (Francia), Unità Popolare (Grecia), CUP (Catalogna), Askapena (Euskal Herria), Annahj Addimocrati (Marocco), rappresentanti di organizzazioni sindacali come l’Usb che stanno concretizzando l’unità tra lavoratori italiani e lavoratori immigrati nella lotta e rappresentanti di organizzazioni politiche con le quali il confronto su questi temi è in corso da tempo.
Vogliamo innanzitutto smantellare una sanguinosa menzogna che continua a venirci presentata: quella che l’Unione Europea continui ad essere rappresentata come strumento di pace, del benessere dei popoli e dei diritti civili. In realtà questo apparato istituzionale sovranazionale sta diventando sempre più causa dell’impoverimento di crescenti settori sociali in tutti i paesi UE, sta trasformando l’Europa in una fortezza aperta all’interno ma chiusa ed ostile ai migranti, sta promuovendo politiche interventiste nei paesi arabi e in quelli Africani, come in Libia, Siria, Mali, Niger. Infine ma non certo per importanza, l’Unione Europea sul piano economico, tecnologico, militare sta accelerando i processi di concentrazione monopolista e di gerarchizzazione decisionale per essere un soggetto competitivo a livello mondiale con gli USA, la Cina, la Russia.
Questa competizione inter-imperialistica si fa infatti sempre più accesa, e rappresenta il grande pericolo per l’umanità nel suo complesso. È quindi compito delle forze popolari e progressiste mettersi di traverso in questo meccanismo che porta solo guerra e miseria, ed attaccare frontalmente il proprio imperialismo, che per noi si incarna nel progetto di integrazione europeo della UE.
Per sostenere tale competizione di tipo imperialistico, sono stati avviati processi di riorganizzazione produttiva e finanziaria che peggiorano le condizioni sociali generali e riducono l’occupazione; di riorganizzazione politica che porta ad un restringimento degli spazi democratici e della dialettica sociale ed infine una politica vessatoria e di sfruttamento verso gli immigrati consolidando l’immagine di “Fortezza Europa” condividendo e non certo ostacolando gli obiettivi delle forze di destra.
Queste politiche antipopolari e antidemocratiche attuate dall’establishment europeo incontrano però la sostanziale condivisione delle forze di “sinistra” in nome di un europeismo del tutto subalterno alla mistificazione sulla natura intrinsecamente democratica della UE. E’ una subalternità alle scelte più antipopolari fatte rispetto alle condizioni dei popoli all’interno e all’esterno della Fortezza Europa. La linea seguita in Grecia da Tsipras ne stato è l’esempio più eclatante.
Per Eurostop questa posizione subalterna alla necessità dell’Unione Europea e alla sua presunta riformabilità è completamente errata ed autolesionista per tutte le forze di classe, democratiche e di sinistra che vogliono battersi per la liberazione e l’autodeterminazione dei popoli.
In questo senso il Convegno Internazionale di oggi a Milano è un’ulteriore passaggio per rimettere tra gli obiettivi prioritari quello della rottura dell’Unione Europea e del progetto di un modello e di una area di integrazione regionale fondata su criteri radicalmente opposti e alternativi a quelli delle classi dominanti in Europa.
In questi anni abbiamo ragionato sulle possibilità che possono essere sperimentate nell’area euromediterranea e sulla ricomposizione intorno a questo progetto di un fronte delle forze popolari ed internazionaliste che sbarrino la strada ai progetti sempre più drammaticamente reazionari per l’Europa e la sua area di ingerenza coloniale a sud del Mediterraneo.
In questo progetto siamo incoraggiati dalla discussione che si è aperta in diverse organizzazioni e movimenti popolari e progressisti sia in Europa che nella sponda sud del Mediterraneo. Ci sono movimenti di lotta importanti in Algeria, in Sudan, nel Maghreb, nell’Africa francofona che possono e devono trovare un interlocutore politico, sociale, sindacale in Europa su una comune lotta anticolonialista e anticapitalista. Non possiamo rimuovere nè nascondere che una parte consistente della ricchezza accumulata in Europa è il frutto del perdurante e rinnovato saccheggio coloniale. Allo stesso modo dobbiamo combattere ideologicamente l’eurocentrismo che tuttora condiziona l’elaborazione delle forze della sinistra europea. Se non rompiamo gli apparati dello sfruttamento e del comando che opprimono i popoli su entrambe le sponde del Mediterraneo, non spezzeremo mai il meccanismo di subordinazione delle classi popolari ai gruppi capitalistici né quello dei popoli del sud verso gli apparati coloniali e neocoloniali.
La rottura dell’Unione Europea e l’indicazione di una area economica alternativa basata sulla complementarietà e la cooperazione ma in aperta rottura con la logica della competizione, della concorrenza, del mercantilismo e della intangibilità degli interessi privati, a nostro avviso ha le potenzialità per rimettere in campo non solo un funzione di opposizione ma anche quella del cambiamento rispetto allo scenario esistente e che l’establishment continua a volere come immodificabile. Con questa scenario intendono ipotecare il futuro di intere generazioni e interi popoli sostenendo che “l’unico orizzonte è quello di Tina” (There is not alternative).
Anche le ultime elezioni europee ci hanno consegnato, sul piano politico ed ideologico, la vittoria del pensiero unico euroliberale, anche rispetto alle dissonanze ormai rientrate delle forze di destra.
Questo ruolo negativo della UE si sta manifestando nuovamente e direttamente anche per il nostro paese, nel momento in cui la Commissione ha inviato una lettera per una procedura di infrazione per il rientro dal debito pubblico, un nuovo diktat che pretende ulteriori sacrifici per la popolazione. Quello che si sta prospettando per l’Italia, vista anche la fase di isolamento politico dovuto all’ingombrante ruolo della Lega e di Salvini, è il modello della “cura” adottata per la Grecia e che ha devastato socialmente ed economicamente quel paese.
In questi tre anni abbiamo posto al centro della nostra azione obiettivi decisivi ma rimossi come il rifiuto dell’ipoteca del debito pubblico, la nazionalizzazione delle banche e delle aziende strategiche, la denuncia dei Trattati europei approvati da Maastricht in poi. Siamo stati il motore su questi temi di manifestazioni di massa e campagne ed oggi stiamo portando questa discussione sul piano politico generale anche dentro l’esperienza di Potere al Popolo.
D’altra parte i nostri “sovranisti” di destra, nonostante le loro roboanti dichiarazioni precedenti, hanno accettato da tempo sia l’Unione Europea che l’Euro, rimanendo saldamente subalterni alla NATO, e dunque saranno costretti a piegarsi ai diktat della Commissione visto che non concepiscono altro orizzonte se non quello interno all’apparato europeo.
Noi intendiamo invece tenere aperto il solco di un movimento popolare che si opponga frontalmente ai diktat dell’Unione Europea, che ne sveli tra i lavoratori e i settori popolari il carattere apertamente antipopolare e antidemocratica, che agisca per l’uscita di ogni paese da questa gabbia indebolendo così ogni anello debole possibile della catena imperialista europea all’insegna dell’internazionalismo, della giustizia sociale e della cooperazione tra i popoli.
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