Mentre governanti giallo-verdi fanno le finte scaramucce sulla lettera di Bruxelles e contro l’Unione Europea, in realtà, stanno preparando il massacro sociale in linea con quanto richiesto dalla Commissione Europea che chiede ancora tagli alla spesa pubblica. E dove vuole cominciare a farli i tagli il “governo del popolo”? Ma certo, sempre lì: al Servizio Sanitario Nazionale!
Nella bozza di testo del nuovo Patto della Salute inviata dal Ministero della Salute non vi è certezza del livello di finanziamento. Anzi, contrariamente a quanto richiesto dalle Regioni, si subordina il finanziamento del prossimo anno alla variazione del quadro macroeconomico, ovvero, si sta preparando l’ennesimo sanguinoso taglio di ben 2 miliardi al Fondo Sanitario Nazionale.
Il Servizio Sanitario Nazionale, sempre più aggredito da tagli e privatizzazioni, è, ormai, al collasso. Gli ospedali non riescono a garantire più l’accesso alle cure; le liste d’attesa si allungano vertiginosamente; ci sono sempre meno medici mentre quelli che ci sono vengono sottopagati e gli infermieri sono costretti a turni di 16 ore. Cui prodest?
Appare sempre più evidente come, anche questo governo, come tutti gli altri, intenda continuare nell’opera di destrutturazione del sistema sanitario pubblico in favore di quello integrativo privato seguendo il modello americano, con al centro le assicurazioni e le strutture private.
Il Sistema Sanitario Nazionale viene, dunque, progressivamente svuotato ed impoverito in modo tale da indurre sempre più cittadini bisognosi di cure ed esami a rivolgersi alla sanità privata, anche a costo di investire i risparmi di una vita. Ed infatti sempre più gente rinuncia a curarsi.
E poi sanno di potere contare sulla sponda benevola di CGIL, CISL, UIL che stanno tirando, da diversi anni, la volata alle grandi compagnie assicurative (Unipol in testa) con l’inserimento nei contratti collettivi nazionali dell’adesione obbligatoria, da parte dei lavoratori, ai fondi di sanità integrativa. D’altronde, c’è una relazione diretta tra questa forsennata spinta al “welfare aziendale” da parte di Confindustria e grandi sindacati, da un lato, ed il procedere insesorabile dei tagli che sono stati fatti e che si vogliono continuare a fare nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale, dall’altro.
E’ quanto, del resto, afferma, con estrema chiarezza, il “Rapporto annuale sullo Stato Sociale” presentato a fine maggio scorso, presso l’Università “La Sapienza” di di Roma da Felice Roberto Pizzuti, professore ordinario e direttore del master in Economia pubblica, quest’anno incentrato sul tema «Welfare pubblico e Welfare occupazionale».
E’ proprio illustrando i numeri – e le conseguenze – del sempre più esteso “welfare contrattuale” che Pizzuti dimostra la relazione diretta tra spinta al welfare aziendale e sottrazione di fondi al Servizio Sanitario Nazionale: «Lo scambio delle prestazioni del welfare occupazionale col salario monetario, mentre alle imprese (oltre a fidelizzare i dipendenti) frutta sgravi fiscali e contributivi che circa dimezzano il costo delle prestazioni, per i lavoratori implica una corrispondente riduzione della pensione pubblica e del trattamento di fine rapporto».
Sempre secondo il rapporto del Prof. Pizzuti ” L’utilizzo di aumenti contrattuali pagati tramite fondi defiscalizzati che i dipendenti utilizzano soprattutto per la sanità privata tolgono poi risorse alla sanità pubblica, stimati in oltre 2 miliardi(!)”.
Analogamente a quanto avvenuto per le pensioni, al di là delle divergenze di facciata, anche stavolta appaiono tutti uniti nel fare da sponda all’assalto finale della speculazione finanziaria ad un altro diritto che dovrebbe essere inalienabile ed universale e che secondo la nostra Costituzione è un diritto fondamentale dell’individuo (art. 32): il diritto alla salute.
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