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Il “pacco” della salute del governo gialloverde

La seconda bozza del Patto della Salute 2019-2021 è, se possibile, peggiorativa rispetto alla prima.

Rimangono infatti tutte le criticità e gli aspetti negativi che USB aveva già evidenziato e si aggiunge la mannaia del taglio del finanziamento al Fondo Sanitario Nazionale in caso di peggioramento del quadro macroeconomico. La clausola non è nuova, è stata infatti già introdotta dal MEF nel precedente Patto e, proprio per questo, lascia presagire un futuro fatto di annunci pubblici di rilancio del SSN e tagli occulti subordinati all’andamento economico del Paese.

Il documento riconosce la quasi totale autonomia delle Regioni in materia sanitaria e sembra preparare e favorire il terreno al progetto sull’Autonomia differenziata che è lecito immaginare, subirà una forte accelerazione dopo le elezioni europee.

Con la scusa dell’urgenza si sollecita la ricerca di tutte le fonti di finanziamento disponibili per l’edilizia sanitaria che si traduce nella pratica del project financing e la conseguente cessione per decenni al  privato dei servizi ospedalieri non sanitari.

Viene ribadita la reintroduzione surrettizia di un sistema mutualistico mediante la massiccia detassazione dei Fondi sanitari integrativi e la creazione, di fatto, di un sistema sanitario parallelo differenziato per ceto economico, dal quale guadagnerà la speculazione finanziaria accrescendo le disuguaglianze e l’ingiustizia sociale.

Nonostante i drammatici effetti della riduzione dei posti letto, della carenza di personale e delle esternalizzazioni di interi servizi siano sotto gli occhi di tutti. si prevede di abbassare ulteriormente la soglia dello squilibrio di bilancio per l’ingresso nel Piano di rientro e il commissariamento, introducendo il partenariato e l’affiancamento delle Regioni commissariate da parte di quelle cosiddette “virtuose”… praticamente chi ha tagliato bene e prima è chiamato ad esportare tale “virtù” in altre regioni.

Viene messa in discussione la libertà individuale di cercare il percorso di cura migliore, mediante una stretta della mobilità sanitaria verso altre regioni attuata attraverso accordi regionali che limitano tipologia e numero di prestazioni.

Tutto questo va chiaramente ad inficiare l’unico aspetto positivo del Patto, cioè l’abolizione del superticket di 10 € sulle prestazioni specialistiche e la graduazione della partecipazione alla spesa in funzione del reddito; misura questa che si prevede debba avvenire senza aumento delle spese e, quindi, finanziata da tagli e privatizzazioni.

L’USB di fronte a un simile scenario e per garantire la Sanità pubblica, solidale e universale, non può far altro che continuare a chiedere:

– L’ aumento costante e progressivo del Fondo Sanitario Nazionale

– La garanzia della reale erogazione dei LEA in tutte le Regioni

– Il blocco definitivo del progetto di Autonomia differenziata

– Un massiccio piano di assunzioni tale da garantire tutela e sicurezza del personale e erogazione adeguata dei servizi

– L’eliminazione del regime di libera professione intramoenia

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