Il Russiagate in salsa lumbard è profondamente ridicolo, ma rivela una realtà tragica.
Ridicolo è Salvini, capitato in un gioco molto più grande delle sue piccole dimensioni. Ora il leader della Lega si comporta come uno Scaiola qualunque, tutto è a sua insaputa.
Sarà la magistratura ad accertare se son girati davvero soldi, o se i pataccari della Lega Lombarda abbiano cercato solo di millantarsi con Putin.
Il fatto vero è che questo scandalo esplode proprio appena dopo che Salvini si era recato a Washington, per giurare al vicepresidente Pence, a destra di Trump, obbedienza su tutti fronti nei quali gli USA sono in conflitto con la Russia. Comprese quelle sanzioni che il leader della Lega aveva solennemente dichiarato di voler togliere appena giunto al governo e che poi ha confermato per due volte.
Nella politica italiana di oggi la cialtroneria per un po’ paga, in quella internazionale mai. Salvini ha fatto il bullo furbastro con Putin e Trump quasi contemporaneamente. Non si fa; e c’è solo da chiedersi se siano stati gli USA a far esplodere lo scandalo per mettere alla prova il nuovo burattino, o se sia la Russia a voler liquidare chi ha accreditato decisioni e potere che non aveva a disposizione.
Mentre Salvini sprofonda in un ridicolo dai cui danni lo salva solo il degrado attuale della politica italiana, i suoi principali competitori non sono da meno.
Zingaretti ha scritto un commento che è una pura supercazzola. Tra disintegrazione della UE e multilateralismo di non si sa chi, il segretario del PD però una cosa la dice con chiarezza: viva gli USA, viva la NATO.
Zingaretti si mostra un fanatico del partito americano come una volta i socialdemocratici del PSDI, tra i quali quell’Antonio Cariglia a cui il leader del PD fisicamente un poco somiglia e che il grande Fortebraccio definiva con la fronte inutilmente spaziosa.
Di Maio infine ha detto poco, per non rischiare qualche problema ad un governo cui è attaccato come una cozza. Per altro da almeno due anni il leader cinquestelle ha proclamato la propria FEDELTÀ agli USA. Sì, proprio fedeltà è la parola usata usata dal vicepremier, che così ha voluto scavalcare tutti gli altri leader nella gara a chi più accontenta il padrone americano. Siamo euroatlantici ha poi più volte aggiunto Di Maio, rispolverando un termine della guerra fredda.
Insomma i tre principali leader politici italiani – il furbastro, il fanatico, il fedele – sono tre servi degli USA che non riescono a non essere ridicoli nella loro gara di servitù.
E questo è l’aspetto tragico per un paese i cui leader principali all’estero sono valutati con una quarta F, quella dei fessi.
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