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Chi pagherà il prezzo della crisi di governo?

La rottura tra Lega e Movimento 5 Stelle era nell’aria da tempo, da tempo ci si attendeva il passo fatto da Salvini di rompere l’alleanza di governo. Questo è puntualmente avvenuto solo quando è diventato tecnicamente impossibile che il governo uscito dalle elezioni anticipate, nelle aspirazioni salviniane Lega-Fdi, dovesse incaricarsi della legge di stabilità per il 2020.

Insomma Salvini ha programmato la rottura per non doversi assumere la responsabilità di intestarsi una finanziaria piena di tagli alle spese e ai servizi sociali, di privatizzazioni, di nuovo blocco dei contratti pubblici, di stop alle assunzioni nella pubblica amministrazione ma soprattutto di un fortissimo aumento dell’IVA che da solo costerà, per il 2020, 23 miliardi di euro.

È scappato cioè davanti al rischio che gli italiani capissero che, al di là delle dichiarazioni roboanti, dell’odio sparso a piene mani, della voglia di uomo forte sapientemente instillata nel paese, c’è la sua totale incapacità di governare davvero lo scontro con i diktat europei e le conseguenze di questi sulla nostra  vita.

Una propaganda anti Unione Europea, quella della Lega, mai tradotta in fatti concreti, mai davvero incisiva nei rapporti di forza. Eppure in 14 mesi di governo c’era tutto il tempo per agire in profondità, ad esempio cancellando quelle modifiche all’articolo 81 della Costituzione che hanno introdotto il vincolo del pareggio di bilancio, che è la norma che impedisce al nostro Parlamento e quindi al governo di sforare il deficit per favorire la crescita o per sostenere le spese sociali necessarie al popolo e ai lavoratori italiani quali la scuola, la salute, le pensioni eccetera.

Anche l’aumento dell’IVA poteva essere scongiurato, evitando di perpetuare la pratica della sterilizzazione degli aumenti con la cancellazione della norma voluta da Berlusconi e perfezionata da Monti, che ha consentito di utilizzare l’aumento delle aliquote IVA come strumento di pagamento del debito. Si utilizzano quindi i proventi della tassa più iniqua di tutte, quella che non tiene conto della progressività delle imposte rispetto al reddito, ma che agisce in maniera indiretta sulle tasche della gente, su chi non arriva alla terza settimana del mese come su chi ha patrimoni milionari, con evidenti esiti diversi.

Ora siamo ad un passo dall’esercizio provvisorio, cioè a una formula di costruzione della legge finanziaria per il 2020 che non potrebbe più scongiurare l’aumento dell’IVA e che dovrà portare nelle casse dello Stato, per rispettare i diktat europei, ben 23 miliardi di euro il prossimo anno e 27 miliardi nel 2021.

La subalternità dei  5 Stelle alla spinta della Lega, l’accettazione supina e inerte delle politiche antisociali, razziste, xenofobe, tale da indurci a sospettare che fossero in larga parte condivise dal corpo dei parlamentari del Movimento, ha consentito questa situazione, che lascia irrealizzate o incompiute le poche promesse elettorali sullo stato di salute dei lavoratori e delle famiglie e mette a rischio davvero le tasche degli italiani.

Come si uscirà da questa situazione è ancora presto per dirlo, ma va detto subito che il protagonismo dei lavoratori sarà determinante per impedire che la situazione si risolva con una recrudescenza di politiche antisociali, razziste e antioperaie.

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