“Finalmente ci siamo!”, gridano i 5S. È arrivato il momento dell’attacco alla casta, l’inizio della sua fine. Riducendo il numero dei parlamentari faremo un deciso passo in avanti contro inaccettabili privilegi. Ma sarà davvero così?
Facciamo un passo indietro. Da trent’anni, in contemporanea e a causa dell’affermarsi del dominio del pensiero unico liberista e delle sue politiche economiche di distruzione dei diritti sociali e del lavoro, il sistema politico italiano cerca la formula magica della governabilità, la regola che sostituisca al consenso reale il potere elettorale, conquistato con leggi maggioritarie che permettano alla minoranza tra la popolazione di diventare maggioranza assoluta nelle istituzioni.
Così da trent’anni le riforme elettorali e quelle costituzionali stravolgono il principio costituzionale fondante della rappresentanza: un Parlamento che sia specchio del Paese. Invece, il Parlamento è dominato da maggioranze costruite a tavolino con leggi elettorali che cambiano di volta in volta a secondo delle convenienze di chi governa. Questo ha provocato una drastica riduzione della partecipazione al voto – che sempre di più coinvolge solo le minoranze che sperano di vincere – e la spoliticizzazione del voto stesso, ridotto sempre più a voto utile o voto al “meno peggio”.
Infine, il sistema maggioritario e la distruzione della rappresentanza hanno prodotto il trasformismo negli eletti, molti dei quali si presentano in coalizioni o partiti solo perché questi hanno la possibilità di vincere e li abbandonano a secondo delle convenienze.
Tutto ciò produce crisi della partecipazione, corruzione politica, drastica riduzione della democrazia.
La riforma costituzionale voluta dal M5S si inquadra perfettamente in questo circolo vizioso, nel quale la riduzione degli spazi democratici provoca rifiuto di massa della politica, che a sua volta viene usato per ridurre ancora gli spazi politici.
La riduzione del numero dei parlamentari è una misura demagogica che allude alla lotta alla corruzione e alla inefficienza politica facendo credere che meno persone deciderebbero di più e meglio, mentre in realtà si riducono ulteriormente gli spazi della rappresentanza e della democrazia e si fa un altro passo verso quella dittatura di fatto del governo, che era al centro dei progetti della P2 e che oggi viene chiesta dai poteri finanziari e dai vincoli dell’austerità UE.
Se le democrazie sono a sovranità limitata perché devono adattarsi agli obblighi dei mercati globalizzati, allora i parlamenti e le Costituzioni devono contare sempre meno, come già scritto in un documento della Banca Morgan nel 2013.
Potere al Popolo! ritiene che le crisi economica sociale ed ambientale debbano essere affrontate con più partecipazione e democrazia e non invece dando ancora più potere ai governi. Per questo PaP! si oppone al taglio dei parlamentari voluto dal M5S, erede della controriforma costituzionale voluta da Matteo Renzi, e a ogni progetto di riduzione della rappresentanza nel nome della governabilità.
COSA DICE LA RIFORMA COSTITUZIONALE?
Il progetto prevede la riduzione del numero di senatori da 315 a 200, e dei deputati da 630 a 400, per un totale di 345 rappresentanti in meno (modifiche degli artt. 56 e 57 della Costituzione).
Non è la prima volta che provano a ridurre il numero dei parlamentari. Un tentativo lo fece anche D’Alema con la Bicamerale e l’ultimo tentativo in ordine di tempo lo ha fatto Matteo Renzi, sonoramente sconfitto dal voto popolare che presentava un deciso NO in faccia ai progetti “autoritari” dell’allora primo ministro. In definitiva i peggiori tentativi di torsione autoritaria li dobbiamo storicamente al PD, anche se la riforma dei 5S è molto simile a quella di Quagliarello del NCD (centro-destra).
COSA DICONO I TIFOSI DELLA RIFORMA E COSA PENSA POTERE AL POPOLO
“Meno sprechi, più efficienza”, così il Ministro 5 Stelle Fraccaro presentava la riforma a gennaio.
“Meno sprechi”. Come al solito, quando si parla di soldi c’è una guerra delle cifre. Il Senato costa all’incirca 540 milioni. Riducendo il numero di senatori il risparmio, stimato in circa 60 milioni, sarebbe irrilevante, soprattutto se consideriamo che il prezzo che pagheremo sarà quello di uno sbilanciamento del potere a favore del Governo, ovvero del potere esecutivo, a danno del potere legislativo, incarnato da un Parlamento in uno dei suoi due rami: il Senato. Avremmo cioè un sistema più autoritario.
Se il reale obiettivo fosse effettivamente il risparmio, è evidente che non sarebbe questa la strada da intraprendere. Il risparmio ci sarebbe se, ad esempio, si riducesse non il numero, ma lo stipendio di tutti i parlamentari. Per questo la nostra proposta è semplice: ridurre drasticamente gli stipendi degli eletti mantenendo il numero dei parlamentari.
“Più efficienza”. FALSO. Ridurre il numero dei parlamentari non serve ad aumentare l’efficienza del Parlamento. Ne decreta invece la trasformazione in un organo che ha semplicemente il compito di ratificare quanto deciso dall’esecutivo. Già oggi il potere legislativo, che la Costituzione attribuisce al Parlamento, è in realtà mortificato dal Governo che con una eccessiva produzione di decreti legge di fatto svuota la funzione legislativa parlamentare. La riduzione del numero di parlamentari, tanto voluta dal M5S, si muove nella stessa direzione della riforma costituzionale di Renzi: accentramento dei poteri nell’esecutivo, svilimento del ruolo del Parlamento, reso sempre più inutile, e meno rappresentatività democratica.
“Meno poltrone, più democrazia”, altro slogan del M5S. FALSO anche questo. Per avere più democrazia è vera l’affermazione opposta. Perché? Innanzitutto perché viene a indebolirsi ulteriormente il legame tra elettori ed eletto. I 5S per giustificare la riforma, sostengono che abbiamo un numero troppo alto di parlamentari, e che siamo secondi soltanto al Regno Unito. Questa affermazione è vera solo se il numero dei parlamentari viene valutato in termini assoluti, ma la truffa si disvela se questo numero viene rapportato agli abitanti rappresentati da ogni parlamentare perché in questo caso non siamo al secondo, ma al ventiduesimo posto. Se oggi, con 60 milioni di abitanti circa, c’è un deputato ogni 96.000 abitanti e un senatore ogni 190.000 abitanti, con l’approvazione della riforma ci sarebbe un deputato ogni 150.000 abitanti e un senatore ogni 300.000 abitanti, una autentica truffa per la democrazia rappresentativa.
Con il numero dei parlamentari ridotto ci sarà meno democrazia perché la riforma costituzionale sarà legata a una nuova legge elettorale che inasprirà i tratti peggiori del “Rosatellum”. Innanzitutto innalzando la soglia di ingresso. Oggi è fissata al 3% per la Camera dei Deputati e si passerebbe al 5%; al Senato addirittura arriveremmo a più del doppio. Tutto ciò senza modifiche esplicite della soglia del Rosatellum, che rimarrebbe del 3%, ma di una soglia implicita che deriverebbe dal fatto che ci saranno meno parlamentari da eleggere nei vari collegi. E non possiamo certo dirci rassicurati dai progetti di riforma elettorale che secondo l’attuale maggioranza – ma anche la minoranza della Lega – dovrebbe accompagnare la riduzione del numero dei parlamentari: le ipotesi al vaglio sono sostanzialmente due (un proporzionale con sbarramento al 5% o un maggioritario a doppio turno) e in entrambi i casi a farne le spese sarebbero rappresentatività e democrazia, a favore della “governabilità”, cioè delle mani libere per il Governo di turno.
La conseguenza del progetto in discussione in Parlamento? Intere fasce della popolazione del Paese rimarrebbero senza rappresentanza, ancor più di quanto non accada oggi. Di fatto, il combinato disposto di riforma costituzionale e nuova legge elettorale blinderebbe il Parlamento, lasciandolo appannaggio dei soli partiti già esistenti, estromettendo i “piccoli”, ma soprattutto, svelando la truffa dell’“uno vale uno” tanto caro al M5S. Uno non varrà uno, perché il voto di tanti sarà, di fatto, inutile. Per questo noi proponiamo sì una nuova legge elettorale, ma che vada nella direzione esattamente opposta a quella agognata da tutto – o quasi – l’arco parlamentare: una legge elettorale proporzionale, senza soglie di sbarramento, così che il voto di ogni cittadina e ogni cittadino abbia il suo giusto peso.
Drastica riduzione degli stipendi dei parlamentari, legge elettorale proporzionale e centralità del Parlamento: questo il programma di Potere al Popolo! contro la tendenza al rafforzamento dell’esecutivo, che non trova opposizione né quando al governo c’è il PD né quando ci sono Lega o M5S (per non parlare di FdI o FI).
Non un Parlamento espressione di partiti che vogliono blindare il proprio potere, ma un Parlamento veramente rappresentativo delle opinioni, delle idee e dei progetti che vivono nella nostra società.
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