Quello che leggerete non è un programma scritto da tecnici, politici o “civici” affaristi, ma la scrittura collettiva di un gruppo di persone comuni, lavoratori, precari e studenti che credono che la politica sia aggregazione e organizzazione dal basso per la conquista di diritti civili e sociali.
Quando ci incontrerete per strada non vi diremo “Lei non sa chi sono io”, ma vi chiederemo di unirvi a noi per un motivo molto semplice: divisi siamo deboli, ma uniti possiamo rovesciare questo sistema. Mentre i partiti stanno pensando a come spartirsi quello che ci appartiene, noi vi diamo la nostra idea di Regione, di vita, studio, lavoro, ambiente, comunità. Molte misure che proponiamo sono a costo zero o quasi, in altri casi pensiamo che i fondi pubblici si possano spendere meglio, oppure che ci sia bisogno di lottare.
Non lasciamo l’Umbria nelle loro mani. La vogliamo senza sfruttamento e senza padroni.
COS’È L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA E PERCHÈ DICIAMO “NO”
Dagli anni ’90 tutti i partiti al governo (Forza Italia, Lega, PD, M5S) hanno fatto piccoli e grandi passi verso l’Autonomia Differenziata (AD). Cosa significa? Lo Stato cede alle Regioni legislazione e gestione economica su alcuni temi (tra cui troviamo Salute, Istruzione, Attività produttive, Lavoro, Infrastrutture, Energia, Tutela del paesaggio…). Questo significa che in Italia potremmo avere 20 sistemi sanitari differenti, 20 sistemi scolastici differenti… a vantaggio dei ceti imprenditoriali del Nord, non dei suoi abitanti. E dove il processo di AD è più avanzato come in Lombardia, ci sono privatizzazioni con il peggioramento dei servizi e delle condizioni dei cittadini. Nell’”Italia differenziata” diritti, lavoro e servizi non saranno più garantiti dalla Repubblica, saranno un optional più o meno raggiungibile. Chi invece ci guadagna? Solo i ricchi privati che sceglieranno dove gli converrà di più sostituirsi allo Stato. Facciamo un esempio guardando in casa nostra: tra le materie dell’AD c’è quella che coinvolge la ricostruzione. Perchè finora tante promesse e zero fatti? Perchè con tutti quei miliardi in ballo, con l’AD chiunque vincerà le elezioni avrà i suoi interessi nella partita e nell’affare (chiaro perché Salvini aveva fretta di chiuderla?). Con l’AD si cerca di favorire la rendita privata e allargare ancora il divario tra ricchi e poveri nel nostro paese. Noi vogliamo redistribuire la ricchezza: innalzamento dell’aliquota Irpef per i redditi superiori ai 50mila euro e abbasseremo per i redditi più bassi. E vogliamo disobbedire al Pareggio di Bilancio del governo Monti che fa tagliare i servizi e impedisce politiche espansive agli enti locali.
BILANCIO PARTECIPATIVO = POTERE POPOLARE
Vogliamo costruire in tutti i territori della Regione il Bilancio Partecipativo. Si tratta di assemblee cittadine e di quartiere che abbiano valore vincolante per le scelte delle istituzioni. Questo permetterebbe la costruzione dal basso dei bilanci di tutte le pubbliche amministrazioni. Ad esempio, si potrebbe istituire una commissione di indagine popolare sui debiti contratti da Comuni e Regione, con il potere successivo e orizzontale di stabilire quali parti del debito pagare e se rifiutare la parte di derivazione finanziaria. Il potere popolare significa che il controllo delle istituzioni è demandato al popolo, per togliere di mezzo tutta la speculazione affaristica di stampo massonico e mafioso che ha portato la Regione e lo Stato al collasso. Una chiara stortura della democrazia rappresentativa, questo insulto ai partigiani che sedevano nella Costituente, non ci impedirà di lottare con ogni mezzo per riappropriarci della Cosa Pubblica.
BASTA PROFITTI A DANNO DELL’AMBIENTE
L’Umbria deve dichiarare l’Emergenza Ambientale. Basta cemento, vogliamo aria pulita, alberi e prodotti a km 0 in ogni quartiere. Bisogna fermare il profitto dei privati a danno dell’ecosistema, i cicli produttivi delle aziende devono essere ripensati sul modello dell’economia circolare e devono avere un ritorno sociale. Una strada da percorrere è quella degli Ecodistretti, promossi da Medici per l’Ambiente per il controllo popolare sull’uso di terra, acqua e aria. Vogliamo avere la possibilità di dare l’esempio: piste ciclabili ovunque ce ne sia la possibilità. Vogliamo lo sviluppo di tutta la filiera legata alla coltivazione e all’utilizzo della canapa. Vogliamo ridare piena dignità ai coltivatori e permettere loro di vendere i loro prodotti senza sottostare alle assurde regole valide per la grande distribuzione, e vogliamo la messa al bando di diserbanti e pesticidi. Sono loro, le comunità agricole con il loro lavoro a salvaguardare boschi e fiumi. Dove passano cemento e speculazioni l’Umbria Cuore Verde d’Italia diventa ogni giorno il paradiso dei centri commerciali e della malavita. Perciò non cederemo un solo metro del nostro Appennino a SNAM per un gasdotto inutile e dannoso che piace solo a chi cerca un guadagno facile in un territorio già compromesso dal terremoto e dal grave spopolamento in corso.
SERVIZI PUBBLICI: VOGLIAMO TUTTO!
La speculazione delle aziende private con i fondi pubblici è responsabilità della politica. La Regione non può accettare passivamente l’austerità di tutti i governi e dell’Unione Europea. Pretendiamo il diritto alla mobilità, in un sistema di trasporti pubblici e infrastrutture di qualità gratuiti per studenti, disoccupati e precari. Vogliamo asili pubblici e lo sport pomeridiano a carico delle scuole per bambini e bambine. Vogliamo l’acqua interamente pubblica come è stato deciso nel referendum di 7 anni fa. Vogliamo anche il totale ripensamento della gestione dei rifiuti nell’ottica di una nuova economia circolare e la chiusura immediata di discariche e inceneritori. Ci scagliamo contro il progetto di una grande multiutility che prevede l’assorbimento di tutte le aziende municipalizzate umbre da parte di Acea. Rilanciamo l’idea di servizi pubblici municipalizzati a controllo popolare per una gestione orizzontale e senza profitti con il solo interesse della comunità. Questo ci permetterebbe di approvare piani per il rifacimento delle strade e delle reti ferroviarie su parametri di sicurezza e non di risparmio, come anche sistemi di gestione del verde pubblico adeguati e senza sprechi. Vogliamo il diritto alla casa, un’edilizia popolare rinnovata e accessibile per chi ne ha bisogno con gli imprenditori del cemento fuori dagli appalti pubblici e la cancellazione immediata del decreto regionale per la definizione degli affitti Ater tramite il parametro ISEE.
LAVORARE PER VIVERE E NON VIVERE PER LAVORARE
Dall’Umbria si emigra. Le grandi aziende se ne vanno e l’artigianato sta morendo insieme ai piccoli borghi spopolati. Anche l’agricoltura e l’allevamento sono da tempo nella morsa dell’imprenditoria senza scrupoli. Come se non bastasse l’Umbria ha un primato ridicolo e esemplificativo, quello dei contratti di lavoro a chiamata. Se vogliamo fare dell’Umbria un “laboratorio”, perché non cominciare a lavorare meno e lavorare tutti/e a parità di salario? Noi fin da subito lavoreremo per una legge regionale che metta seri disincentivi alla delocalizzazione. Lotteremo inoltre per la nazionalizzazione delle aziende strategiche. Vogliamo più sicurezza per tutti i lavoratori e le lavoratrici, come prevede la legge, a spese del datore di lavoro. Vogliamo che siano usati meglio i fondi europei per l’occupazione, sprecati dalle ultime amministrazioni che hanno solo fatto favori alle grandi imprese sotto forma di sgravi. Nelle zone appenniniche vogliamo incentivi al ripopolamento e per la creazione di un’economia agricola e turistica, specialmente nelle zone terremotate. Vogliamo creare una cassa di solidarietà per chi lavora nelle aziende in crisi e per chi è in lotta. Queste aziende, se necessario, passeranno sotto il controllo operaio.
GIOVANI, CULTURA E LOTTA DI GENERE
Il futuro passa dal presente di chi cresce e studia in Umbria. La nostra soluzione per l’integrazione, per la lotta agli abusi di droghe e per scardinare gli allarmi-sicurezza montati dai giornali nel clima di razzismo e repressione favorito dai ministri Minniti e Salvini e i loro decreti, è la cultura. Per questo vanno ripensate completamente le opportunità giovanili e culturali, e bisogna agire concretamente per ribaltare gli stereotipi che influiscono negativamente sulla coesione di una società davvero libera. Vogliamo tutti i fondi necessari ai centri anti-violenza e orientamento precoce nelle scuole per far conoscere ai bambini e alle bambine un mondo del lavoro libero dai pregiudizi di genere. Basta fondi pubblici per le passerelle del Pillon di turno. Meno vincoli economici e burocratici alla libera aggregazione e alle iniziative culturali e totale libertà per gli spazi sociali, cioè più vita nei centri e nei quartieri e più sicurezza sociale. Vogliamo un piano subito operativo per rendere sicure le scuole, specialmente quelle colpite dal terremoto. Vogliamo l’Università gratuita per chi ha bisogno e l’abbassamento delle tasse universitarie, e gli atenei in sinergia con i territori e le loro infrastrutture, perché la componente studentesca si possa spendere in prima persona al servizio della comunità.
BASTA SPECULAZIONI SU SANITÀ E TERZO SETTORE!
La Sanità è di tutti e tutte, deve essere gratuita e deve stare vicino al malato e ai suoi bisogni. Non c’è spazio per le speculazioni quando si parla di Salute, non vogliamo continuare a pagare ticket per controlli salvavita e macinare chilometri per curarci. Fuori l’intramoenia dalla sanità: chi lavora nel pubblico lavori nel pubblico, chi ha uno studio privato non si arricchisca con i soldi di tutti. Basta con la logica aziendale nella Sanità Pubblica. Vogliamo la riapertura immediata degli ospedali chiusi o depotenziati in nome del pareggio di bilancio. Diciamo basta agli sprechi di risorse con i subappalti di servizi pubblici sanitari a false cooperative che fanno profitto sfruttando i lavoratori e le lavoratrici, occorre subito la re-internalizzazione di tutti i servizi con assunzione a tempo indeterminato di tutti gli occupati. Vogliamo il controllo popolare sulla Sanità, con la condivisone delle scelte e l’elezione dei direttori sanitari, non lasciandoli più scegliere ai politici servi della massoneria che entrano e escono dai consigli locali e regionali. Per questo, vogliamo una legge regionale per l’incompatibilità tra pubblica amministrazione e appartenenza a associazioni con vincolo di obbedienza (massoneria).
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