Dopo i circa 180 procedimenti penali avviati già nelle prime settimane successive alla cosiddetta “guerra del latte” sono arrivati ora a 600 gli indagati tra pastori e solidali attivi nello sciopero dello scorso febbraio.
Una vera persecuzione di massa che deliberatamente intende punire le migliaia di persone – pastori ma non solo – che per quattro settimane hanno paralizzato la Sardegna per la prima volta ponendo l’inaggirabilità della crisi del settore.
La lotta di febbraio muoveva dall’attacco alla speculazione degli industriali trasformatori caseari che, pagando ai pastori il latte a 60 centesimi al litro, sotto lo stesso costo di produzione, mantenevano sotto scacco migliaia di allevatori continuando a fare profitti sul mercato internazionale del pecorino romano. Attacchi alle cisterne del latte, presidi ai caseifici industriali, blocchi stradali, blocchi ai porti.
Sono stati questi i comportamenti unificanti di uno sciopero che all’astensione dal conferimento del latte ai padroni univa la capacità di bloccare l’isola e la produzione di un formaggio prodotto con latte rubato al lavoro dei pastori. Questi stessi comportamenti che hanno posto il problema di uno squilibrio di poteri e interessi nella filiera sono ora sotto la lente della giustizia.
Le procure corrono ai ripari per proteggere gli interessi degli industriali, per tornare a nascondere il problema o, come dichiara un “insigne” sociologo ascoltato dall’Unione Sarda qualche giorno fa, rifilare “una lezione da imparare”. Quale? Non alzare la testa.
Ma non sono dello stesso avviso i pastori protagonisti della lotta e quelli raggiunti dagli avvisi di garanzia. La lotta è stata giusta smuovendo l’opinione pubblica dell’intera isola, chiarendo gli in campo, il ruolo contrapposto di produttori e trasformatori industriali nella filiera, chiarendo il ruolo di un mercato predatorio.
Una lotta giusta e doverosa per una categoria per anni paralizzata dalle vertenze spente nei tavoli regionali ma che tuttora risulta ben lontana dall’aver raggiunto soluzioni soddisfacenti All’inizio della nuova campagna il prezzo del latte resta basso, circa 80 centesimi al litro, lontano dalla richiesta dello sciopero di febbraio che rivendicava un prezzo giusto di un euro a litro.
Il bando indigenti, la soluzione tampone del governo che avrebbe dovuto far salire il prezzo del pecorino romano sul mercato con il ritiro delle forme invendute facendo quindi contestualmente far salire il prezzo del latte non è mai arrivato. Le griglie di progressione legate alle variazioni sulla borsa delle quotazioni del pecorino non sono state rispettate e ancora tanti conguagli del 2019 non sono stati saldati.
Insomma, ancora promesse disattese che fanno salire la tensione consigliando a magistrati, polizia e carabinieri di aumentare la pressione sui pastori per scoraggiare con denunce e provvedimenti amministrativi il ritorno della protesta.
Nel frattempo una rete di solidarietà tra pastori e sostenuta dall’associazione Libertade sta permettendo ai protagonisti della lotta di condurre una campagna per una comune difesa legale. Un importante strumento che si da come obbiettivo quello di non permettere di isolare gli allevatori e creare nuove reti di sostegno.
Domani nel paese di Siniscola (Nu) in piazza del mercato si terrà un importante appuntamento pubblico di raccolta fondi per le spese legali dei prossimi mesi con l’importante sostegno di alcuni gruppi a tenore di Orosei, Orune, Siniscola, Mamoiada, Lula che si esibiranno in concerto. Intanto per il 7 gennaio è prevista la prima udienza in Procura a Nuoro sui fatti del blocco di Lula del 13 gennaio.
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