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Coronavirus, le lacrime di coccodrillo per i “poveri ricercatori precari” durano un giorno

Ecco! Ci risiamo! Ogni volta che si affronta un’emergenza sanitaria o si arriva a qualche importante scoperta scientifica riparte il tormentone sull’importanza della Ricerca Pubblica e sulla vergogna che validi ricercatori vivano una condizione di precarietà.

L’epidemia di Coronavirus non fa eccezione e oggi, a seguito dell’isolamento del virus da parte di un team di ricerca dello Spallanzani comprendente anche una ricercatrice precaria, Francesca Colavita, giornali e social sono pieni di voci scandalizzate per questa vergogna.

Sinceramente, vista da chi lavora nella ricerca quotidianamente, disturba non poco questo chiacchiericcio che puntualmente si spegne non appena emerge qualche altra notizia o un altro scoop.

Non si è mai voluto affrontare un ragionamento serio sul sistema della Ricerca Pubblica che affrontasse il tema della governance, quello di una pianificazione degli investimenti, della condizione lavorativa e salariale dei ricercatori, dei tecnici e del personale di supporto, della mancanza di fondi, della carenza di strumentazione all’avanguardia e la fatiscenza delle infrastrutture.

Basti pensare che la Ricerca non ha un proprio contratto, ma è accorpata alla Scuola con la quale non condivide assolutamente niente! Infatti il recente annuncio del presidente Conte sulla separazione del comparto Ricerca e Università dal comparto Scuola (l’accorpamento è stata una vera aberrazione!) finora ha prodotto solo la separazione dei ministeri, lasciando insoluta la questione del comparto di contrattazione fondamentale per risolvere molti nodi relativi al riconoscimento professionale dei ricercatori. È il classico esempio di interventi spot che rimangono fini a se stessi e producono poco o niente per il sistema Ricerca Pubblica.

Sul fronte precariato USB PI è da anni sulle barricate per rivendicare il diritto alla stabilizzazione delle migliaia di lavoratori della Ricerca Pubblica che vivono da sempre una condizione di precarietà a volte anche estrema (in molte situazioni avere un contratto TD è un lusso!). Pochi anni fa abbiamo vinto le lotte per la stabilizzazione dei precari dell’ISS, dopo tre mesi di occupazione, e dell’ISTAT che sono state propedeutiche per il decreto legge Madia che però ancora oggi in molti enti ed amministrazioni risulta inapplicato. In occasione dell’ultima Legge di Bilancio abbiamo lottato per far passare norme che rendessero possibile accedere alla stabilizzazione tutte le forme di contratto e rendessero più stringenti gli obblighi per gli enti, ma, nonostante abbiamo portato a casa qualche risultato significativo, ancora siamo lontani dal vincere la piaga della precarietà.

Noi non molliamo e continueremo le nostre lotte anche quando i riflettori si spegneranno, perché la Ricerca che finisce sulle prime pagine dei giornali è il frutto di un lavoro condotto quotidianamente in condizioni difficilissime da migliaia di lavoratori con salari insufficienti e spesso con contratti precari.

L’auspicio è che una volta tanto un governo si distingua dagli altri e dia le giuste risposte che il mondo della Ricerca Pubblica si aspetta!

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