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“Sganciarsi dalla gabbia del MES e della Ue, il momento è ora”

La maratona di due giorni dell’Eurogruppo che avrebbe dovuto approvare “il pacchetto economico più ambizioso di sempre” si chiude con una proposta che di ambizioso non ha assolutamente nulla e che anzi ripropone tutte quelle rigidità che costituiscono la cifra  del dispositivo “europeista” e delle quali il MES è la punta dell’iceberg.

Al di là del gioco delle parti e dei toni più o meno trionfalistici del duo Conte-Gualtieri (quest’ultimo ha riassunto così “Messi sul tavolo i bond europei, tolte dal tavolo le condizionalità del Mes”, ed ambedue le affermazioni non corrispondono al vero) cerchiamo di capire in cosa consiste la proposta, almeno per quanto attiene le linee generali, visto che per i dettagli, che in realtà ne determineranno la sostanza, occorrerà aspettare il Consiglio europeo della settimana prossima.

Il pacchetto, che ammonta in teoria a poco più di 500 miliardi per tutti i paesi – cifra decisamente irrisoria visto che ne occorrerebbero almeno il triplo solo per dare una risposta iniziale ad una crisi di proporzioni mai viste in precedenza – è così composto.

SURE: si tratta dello strumento europeo per il sostegno temporaneo alla mitigazione dei rischi della disoccupazione, ed ammonterebbe a circa 100 miliardi spalmati negli anni. Quindi non un finanziamento a fondo perduto, ma un fondo della Commissione europea finalizzato ad erogare prestiti aventi natura temporanea e da rendere compatibile con i vincoli di bilancio per ora sospesi.

A garanzia di questi titoli occorrerà preliminarmente  recuperare dagli Stati membri 25 miliardi e solo dopo aver raccolto tali garanzie la Commissione recupererà fondi sul mercato prestandone una parte. Insomma gli Stati contrarranno con la UE ulteriori debiti, se pur a tassi bassi, e contribuiranno a comporre il fondo di garanzia. Non esattamente quello che si definirebbe un affare o uno slancio di solidarietà….

Banca Europea Investimenti: si tratta della banca dell’Unione Europea, disciplinata dai Trattati, che assume prestiti sul mercato dei capitali e li eroga a condizioni favorevoli per progetti che riguardano l’innovazione, il clima, le piccole imprese. Anche qui occorrerà fornire garanzie e il nostro paese sarà tra i principali contributori di questo fondo di garanzia.  Il piano ammonterebbe a circa 200 miliardi.

MES: è stato lo strumento oggetto di un duro scontro nel vertice dell’Eurogruppo. Fortemente sponsorizzato dai paesi del Nord Europa al fine di regolare definitivamente i conti con i “paesi cicala”, è stato, invece, avversato dai paesi del Sud Europa. A dire il vero tale strumento era stato rilanciato dallo stesso Conte in una recente intervista sul Financial Times e la successiva marcia indietro è stata dettata dall’esigenza di garantire equilibrio all’interno della compagine governativa (come è noto il M5S aveva fatto dell’opposizione al fondo salva stati una sua bandiera).

La mediazione trovata contempla come unica condizione di accesso alla linea di credito l’utilizzo per il sostegno al finanziamento delle spese sanitarie dirette o indirette, fermo restando l’impegno dei paesi, terminata l’emergenza, a rafforzare i fondamentali economici.

Insomma da un lato un vincolo di destinazione chiaro e preciso (solo spese sanitarie) e dall’altro una potenza del fondo assai ridotta poiché il finanziamento non potrebbe eccedere il 2% del Pil dei paesi che ne faranno richiesta: per l’Italia tale finanziamento ammonterebbe a circa 37 miliardi.

La strada all’introduzione di questo strumento è, quindi, pericolosamente avviata e se la condizionalità oggi si limita alla destinazione delle cifre, non vi è dubbio che in futuro i paesi del Nord Europa potrebbero non essere così generosi e benevolenti. In fondo la  condizionalità è elemento costitutivo del fondo salva-stati e l’assistenza finanziaria nell’architettura dei trattati è sempre subordinata al rispetto di condizioni rigorose.

Dal governo assicurano che il nostro paese non farà ricorso al MES, ma intanto lo strumento è a pieno titolo nel pacchetto di misure e sulle rassicurazioni fornite dal nostro governo meglio stendere un velo pietoso.

Recovery found o Fondo per la ripresa: è stata la proposta caldeggiata dalla Francia la quale ha giocato un ruolo di cerniera tra i paesi del nord e del sud Europa, in modo da non rompere l’asse con la Germania ma, al contempo, fare i conti con un debito nazionale che già viaggia intorno al 100%. Ed è il risultato che anche il nostro paese rivendica a piene mani.

Ma è bene precisare che tale proposta non ha trovato posto nemmeno nelle conclusioni del vertice ed è stato affidato a Centeno il compito di formalizzarla in una separata lettera dai indirizzare ai capi di Governo europei.

La formula della missiva farebbe riferimento a un fondo finanziato con “strumenti finanziari innovativi” che avrebbe natura temporanea e proporzionato ai costi provocati dalla pandemia. Insomma la mutualizzazione dei debiti attraverso l’emissione di bond, ovvero titoli di Stato europei, in mancanza dei quali il nostro paese prometteva fuoco e fiamme, si annacqua in una misura della quale non sono chiari i contorni e che sarà oggetto del negoziato all’interno del Consiglio europeo.

Ad oggi costituisce un oggetto misterioso frutto di una mediazione al ribasso tra opposti interessi: la formula vaga ed indefinita, unitamente alla mancata collocazione nel pacchetto di proposte dell’Eurogruppo, potrebbe consegnarla alla sfera delle intenzioni o dei desideri.

Il pacchetto europeo, costituito da misure quasi del tutto simboliche e tutte interne alla logica dei prestiti e alla conseguente valutazione della capacità di rimborso del debitore, segna l’inequivocabile sconfitta dei paesi del Sud Europa sui quali ora più che mai pende la spada di Damocle dell’ipoteca del futuro.

L’Italia (ma anche gli altri paesi del Sud Europa) non hanno in realtà mai avuto la reale intenzione di “fare da soli”, andando a reperire tutte le risorse necessarie per fronteggiare l’emergenza sanitaria ed avviare il rilancio economico sfidando apertamente l’UE e la BCE. Senza frecce al proprio arco e confidando solo sulla “solidarietà e sulla visione strategica” della Germania e dei suoi satelliti, la trattativa non poteva che terminare così.

L’UE è per definizione una struttura a-democratica, dove “la solidarietà” non trova cittadinanza né in tempi di pace né in tempi di guerra pandemica.

Resta il dato che quella frattura tra economie ed apparati produttivi così diversi, resa evidente in questi giorni ed ora solo momentaneamente tacitata da un  accordicchio, è destinata a ripresentarsi ed approfondirsi.

Per chi come Eurostop ha da subito impugnato la bandiera della rottura della gabbia dell’UE e della creazione di una alleanza tra i paesi del Sud Europa, si apre una condizione nuova e una prospettiva dal punto di vista oggettivo mai così attuale.

Se c’è un momento in cui la critica alla governance europeista viene depurata di qualsiasi aspetto ideologico ed assume connotazioni ed evidenze materiali e concrete, quel momento è ora.

Se c’è una condizione nella quale si può far largo una ipotesi di alternativa di sistema (quello che abbiamo chiamato Alba Euromediterranea), basata sulla cooperazione, sulla solidarietà e sull’uguaglianza, quella condizione è ora.

* Piattaforma Eurostop

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1 Commento


  • Alfredo Sellitto

    Napoli Milionaria……
    La guerra non è finita, Eduardo lo ripete all’infinito, ma nessuno lo ascolta, in una casa addobbata per la festa del suo ritorno ?
    Ma la festa non è la sua , vi è capitato nel momento sbagliato, nel posto sbagliato, e la festa di coloro che hanno sfruttato i bisogni derivati dalla guerra, dalla fame , dalla carestia , per arricchirsi , ecco qua, basterebbe analizzare solo questo per poter capire dove stiamo andando.

    Così i nostri governi cercano di fare una operazione molto semplice, rendere nazionale e non trasversale dei ceti sociali la crisi che si sta sviluppando in maniera logaritmica, sembra la stessa che porto alla creazione della Germania Nazista, in quel caso rendendo Nazionale e contrapposto un problema economico si diede il via alla sua stessa risoluzione allo stesso, ed ecco qui …. La guerra di Eduardo.

    Perché fanno ciò ? Per due semplici motivi
    Il primo,logico, evitare il conflitto di classe perché alla fine chiedendo di indebitarsi il sistema rimane come prima è le contraddizioni scemano in quanto i governi intervengono con nuove risorse per mitigarlo, Scuola Americana, perché sanno che questa volte scoppierebbe in maniera logaritmica come la stessa epidemia.
    Il secondo motivo, molto nascosto, sta nel fatto che in un sistema interconnesso La guerra non e’ prevista, per cui, tranne le guerre di tipo coloniale per accaparrarsi risorse extra-sistema, non se po fa.

    In fondo la guerra di Eduardo non e’ mai finita……..

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