La pressione di Confindustria – anche tramite il “partito del Pil” (Lega-Pd-FI-FdI-+Europa e frattaglie varie – sta diventando inarrestabile. E gli scienziati vengono relegati nell’inferno dei “gufi” che “non capiscono” le necessità della produzione.
Ragioneremo preso su questo singolare punto d’arrivo della classe imprenditoriale moderna, che per tre secoli aveva fatto della scienza un’arma formidabile di trasformazione del vecchio mondo, contro ogni “veneranda idea” contraria a natura e verità. Ora, ma non da oggi, gli scienziati vanno bene sono se sono dei “tecnologi” in grado di dare nuove merci o metodi di produzione. Ma se avvertono sui rischi della “logica di impresa” vanno silenziati.
E’ il destino di Cassandra, del resto, quello di vedere ciò che gli altri non possono vedere. Figuriamoci cosa accade quando, oltretutto, non si vuol vedere qualcosa che imporrebbe agli “imprenditori” di fare molti passi indietro e mettersi semmai a disposizione della collettività umana.
Vale per la pandemia e ancor di più per il cambiamento climatico.
A sorprendere, in realtà, non tanto il discredito gettato sugli scienziati, ma la velocità con cui alcuni scienziati vengono destituiti del ruolo di salvatori della patria – assegnato loro a buon diritto nel momento del panico da pandemia – a quello di “fastidiose cassandre” che dovrebbero solo avere il buon gusto di tacere.
Il virologo Massimo Galli, responsabile del settore al policlinico Sacco di Milano, è tra questi.
In una intervista al Fatto Quotidiano prova a spiegare in termini comprensibili perché la “riapertura totale” è una follia. Peggio: un crimine perpetrato con premeditazione.
Qui la sintesi fattane dall’agenzia Agi. Illuminante…
“Qui stiamo parlando di riaprire il 4 maggio, una data a gravissimo rischio che lo diventa dieci volte di più se non mettiamo in campo misure su base aziendale. Il test nazionale ideato dal Governo non è utile per riaprire il 4 maggio”.
Secondo il sanitario “se lo scopo è mettere in condizione le imprese di ripartire“ ci sono almeno due problemi: il primo è che “non abbiamo un’organizzazione per fare a breve termine la veni-puntura a tutti i lavoratori”. Il secondo che “non abbiamo nessun test sierologico la cui positività che garantisca l’assenza di virus nei secreti del malato”.
Dunque? “Quindi a tutti i positivi dovremmo fare il tampone”, è la risposta del professor Galli e pertanto “il prelievo in laboratorio allungherà i tempi rispetto al pungidito”.
Secondo Galli, infatti, “non si possono mettere in poche settimane milioni di italiani in fila per la puntura del braccio per poi portare il campione in laboratorio” mentre, semmai, a livello aziendale, “mi convince di più l’idea di fare lo screening con pungidito”.
Poi Galli chiosa: “Io ritengo si debbano usare più test: il kit rapido su larga scala e poi i tamponi e il prelievo venoso ai positivi al kit. Se devo abbattere un muro e non ho ancora il martello pneumatico comincio con il piccone, dopo avere accertato che abbia il manico e la punta, non aspetto il meglio che è nemico del bene”.
Conoscenza, logica, calcolo delle dimensioni e dei tempi per poter concretamente fare una serie di operazioni su grande scala.
Dovrebbe essere la lingua normale che gli imprenditori parlano, no?
E invece, quando si tratta di interesse individuale, e dunque arrivano a vedere nell’equazione il segno “profitto zero”, diventano in un attimo terrapiattisti e no vax…
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