Domenica 3 maggio, alle ore 17:30, in diretta facebook dalla pagina di Contropiano.org e da tutte quelle della Rete dei Comunisti, si terrà una conferenza online (qui l’evento facebook) sulla connessione tra le forme di repressione e il contesto della crisi sistemica, denominato da Roberto Fineschi “capitalismo crepuscolare”.
Intervengono Roberto Fineschi (filosofo) e Mauro Casadio (Rete dei Comunisti). Modera Antonio Allegra (Rete dei Comunisti).
Di seguito il testo di lancio.
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Le forme di repressione odierne, che si accentuano e si accentueranno nelle prossime settimane con il pretesto della gestione della pandemia, vanno comprese connettendole al contesto della crisi sistemica di quello che Roberto Fineschi definisce “capitalismo crepuscolare”.
La violenza e il potere non sono mai concepibili in astratto, ma sempre come violenza e potere di una classe sull’altra: non si tratta semplicemente di descrivere la violenza e la repressione insite nella situazione sociale presente, ma di comprendere come queste traggano “legittimità” in quanto funzionali all’egemonia di una classe sulle altre in una determinata configurazione storico-sociale, in un determinato Stato.
Il discorso pubblico sulla violenza si concentra per lo più sul rapporto tra gli individui e lo Stato, ma i soggetti in gioco sono le classi, non gli individui: concepire la violenza astraendo dai rapporti di classe significa dunque rimanere all’interno dell’ideologia della classe dominante, del complesso di rappresentazioni della classe dominante che orientano la prassi sociale.
L’individualismo è il prodotto della rappresentazione del mondo propria della borghesia, perciò concepire la violenza a partire dagli individui e non dalle classi significa fermarsi al piano dei fenomeni di superficie senza comprendere di quali relazioni sociali questi sono il prodotto.
Le figure dei soggetti storici, le configurazioni delle classi, oggi sono determinate dalla fase di sviluppo del modo di produzione capitalistico nella sua crisi sistemica.
Anche il cosiddetto “neoliberismo” (ma sarebbe più corretto parlare di ordoliberismo) non va inteso esclusivamente in termini ideologici, ma va connesso alle trasformazioni strutturali del modo di produzione capitalistico: la crisi di valorizzazione connessa alla variazione nella composizione organica del capitale e all’espulsione del lavoro vivo, sostituito dall’innovazione tecnologica connessa ai processi di automazione, disgrega inevitabilmente il tessuto sociale.
L’emergenza pandemica sta ponendo sotto gli occhi di tutti le conseguenze catastrofiche del modello capitalistico che non ha più alcuna capacità progressiva per garantire i diritti sociali, né margini sufficienti di redistribuzione della ricchezza compatibili con l’appropriazione privata dei profitti.
La violenza della classe dominante e della sua rappresentanza politica sono il sintomo di una crisi di egemonia delle élite dirigenti che è il riflesso della crisi sistemica del modo di produzione capitalistico.
È questo, a nostro avviso, il contesto all’interno del quale comprendere la violenza strutturale del capitale oggi, e iniziare a concepire le forme organizzate per opporvisi.
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