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Scuola. Oggi manifestazioni in sessanta città per affermare che è una priorità del paese

All’appello hanno risposto una sessantina di città dove oggi si scenderà in piazza per riaffermare che “La scuola è una priorità”.

In occasione della conferenza Stato-regioni che oggi si riunisce a Roma per approvare le linee guida indicate nella bozza “Piano scuola 2020-2021”, scenderanno piazza genitori, insegnanti e studenti che contestano il documento. Alla mobilitazione organizzata dal comitato «Priorità alla scuola» hanno già aderito 48 organizzazioni come sindacati, associazioni di docenti, di genitori e di studenti.

La mobilitazione chiede la riapertura delle scuole in presenza e in sicurezza di tutte le scuole, dai nidi alle università, a tempo pieno, a partire da settembre, un vero finanziamento di tutta l’istruzione, la fine del precariato, una nuova visione della scuola, la sua priorità insieme all’università e alla ricerca rispetto a tutti i piani di investimento del governo nell’ambito del «Recovery fund» europeo.

A un mese dalle “indiscrezioni” della dott.ssa Ferrario sulle conclusioni del CTS, ecco che circola la bozza del documento ministeriale che dovrebbe uscire dalle consultazioni del 25 giugno. Vogliono verificare la nostra reazione? È la stessa di un mese fa” scrive in un post la rete “La scuola è una priorità”.

Le nostre manifestazioni del 25 giugno diventano sempre più PER la riapertura della scuola e CONTRO le linee guida. Il ministero dice che rispetterà le “indicazioni finalizzate alla prevenzione del contagio contenute nel Documento tecnico, elaborato dal Comitato tecnico scientifico (CTS) istituito presso il Dipartimento della Protezione civile”.

Il post sottolinea tutti i rischi concreti che emergono dalla linea indicata dal governo sulla scuola e la ripresa scolastica a settembre. Il documento si distingue per la prosa ministerialese e scuolese, e inventa il gioco perfetto che permette di non finanziare decentemente la scuola pubblica. Né una persona né un soldo in più, ogni scuola faccia da sé, con i mezzi propri e quel che offrono i territori e gli Enti locali. In nome dell’autonomia scolastica, che viene comoda quando il governo non si vuole assumere responsabilità, viene delegato totalmente alle singole scuole come “riaprire le scuole a settembre”. Tutto dipenderà dalle scelte, e dalle possibilità, delle singole scuole, senza che siano indicate né condizioni minime né risorse aggiuntive disponibili, con buona pace del diritto allo studio dei bambini e ragazzi”.

Infine si suona un doveroso allarme sulla fine di un sistema di istruzione nazionale già emerso dentro il mefitico progetto di autonomia differenziata delle regioni: L’intero documento sottende una visione non unitaria del paese. Secondo questa visione sarà sempre più difficile parlare di una scuola pubblica nazionale!”

 

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