La campagna del “SI” è sempre più fondata su mistificazioni, imbrogli e falsi generalizzati, perché gli argomenti confessabili sono davvero pochi.
Ora viene diffuso persino un clamoroso FALSO su Togliatti. Dunque questi imbroglioni prendono un pezzo di una frase del segretario del PCI e lo trasformano nel contrario esatto di ciò che Togliatti aveva davvero sostenuto.
Era il 1947 e in Assemblea Costituente si discuteva del numero dei deputati.
I liberali e la destra proponevano una Camera più ristretta, con un deputato ogni 150.000 abitanti, esattamente come fanno oggi Di Maio Zingaretti Salvini Meloni e compagnia.
Le sinistre tutte erano per un deputato ogni 80000 abitanti, cioè per più parlamentari, la DC era incerta.
Togliatti schierò il suo partito a favore del numero più ristretto di abitanti per deputato, cioè per un numero più ampio di eletti.
Queste le sue testuali parole argomentazioni dai verbali: “perché una cifra troppo alta distacca l’eletto dall’elettore “…
Togliatti naturalmente intendeva una cifra troppo alta di abitanti per ogni deputato, per lui sbagliata perché avrebbe allontanato il parlamentare dal territorio e lo avrebbe ridotto a rappresentante di partito.
La propaganda cialtrona e bugiarda del SI ha invece usato solo quelle parole “cifra troppo alta”facendo credere che Togliatti parlasse del numero dei deputati, quando invece si riferiva al numero degli abitanti per deputato. Insomma
Togliatti voleva una Camera ampia e radicata nel territorio, come alla fine decise l’Assemblea Costituente. Per questo oggi Togliatti voterebbe NO.
Certo che fa pensare che il SI, che fa suo il peggiore qualunquismo reazionario e anticomunista sul Parlamento, senta poi il bisogno di arruolare grandi figure comuniste per giustificarsi. Grandi figure che prenderebbero a schiaffoni chi usa un falso per difendere un imbroglio.
IN ALLEGATO il falso su Togliatti, le sue testuali parole e quelle di Terracini che chiariscono la materia del contendere, anche se temo che per i fanatici del “SI” prove e fatti non contino nulla
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Francesco Buffoli
Premetto che per me la questione è irrilevante ai fini delle problematiche essenziali della società italiana e globale (e credo che lo sia per chiunque possieda un minimo di cognizione di causa), si tratta di propaganda spiccia su entrambi i fronti.
Il Sì a mio avviso ha utilizzato argomenti criticabili, anche “da falsari”, e legati a una visione spicciola (per usare un eufemismo) dell’esistenza e della politica. Ma il fronte del No sponsorizzato da tutti i giornali che anche su questo sito definite “padronali”, da tutta la peggior feccia politica che ha riscoperto parole come “democrazia” e “rappresentatività” solo per ragioni politiche (cerca di fare le scarpe al governo), è messo persino peggio.
La rappresentatività può funzionare se i parlamentari non rispondono solo a specifici centri d’interesse, che oggi peraltro li manovrano soprattutto sul piano comunitario. Il resto è fuffa. Il numero non conta assolutamente nulla, ci lamentiamo di questo parlamento che è il “comitato d’affari” di determinati poteri, come possiamo passare a proteggerlo, come se il suo alto numero di componenti garantisse qualcosa di diverso da ciò cui abbiamo assistito negli ultimi decenni? Sulla base di quale acrobazia argomentativa ai limiti del bipolarismo riusciamo a schierarci in questa battaglia tra fantocci, e addirittura a schierarci con il No?
Se si ragiona in termini di rappresentanza delle forze interne alla società, ripeto, il numero non conta assolutamente nulla, e lo dimostrano tutti i governi succedutisi negli ultimi decenni, che hanno approvato norme tra loro sovrapponibili perché tutelano interessi sovrapponibili.
Se vogliano farne un discorso istituzionale e formale, come se vivessimo nel mondo delle favole, possiamo osservare che il Parlamento ha votato all’unanimità la legge costituzionale e quindi cosa lo svilirebbe di più che bocciare la riforma?
In tal caso, ci stanno a cuore il Parlamento e il cretinismo endocrino di quelli che ne berciano o la guerra al governo?
Redazione Contropiano
Fatte tutte le premesse (è una risposta a un commento, non un editoriale) il numero dei parlamentari ha una ragion d’essere nella molteplicità degli interessi sociali, non solo di classe. Territori e minoranze ne risultano ridotti alla pura presenza simbolica, da panda in estinzione. Per non dire delle possibilità di rompere lo schema da parte di nuove forze emergenti…
Sarebbe accettabile solo nel caso di una legge proprorzionale pura, anch’essa sancita dalla Costituzione (ora, come saprai, è una legge ordinaria che ogni nuova maggioranza parlamentare prova a ridisegnare su misura per sé (senza neanche riuscirci mai, a riprova della stupidità collettiva).
Poi, certo, un NO sancirebbe la delegittimazione piena di questi parlamentari in carica.
Le istituzioni, in genere, durano più di chi le abita. Ma se proprio devono morire, sia per un atto di rivoluzione, non per conti da ragioniere…
Francesco Buffoli
In linea teorica posso essere d’accordo, ma se ne facciamo un problema di numeri siamo comunque messi meglio delle altre democrazie europee e anche degli USA; aggiungiamo che ci sono assemblee legislative in ogni regione e che le norme cruciali e “di cornice” arrivano dalla comunità europea.
Ribadisco di non condividere le ragioni demagogiche che hanno portato alla riforma e al voto (che affondano le radici nelle polemiche contro “la casta”, nell'”oltrismo”, nel non siamo di destra né di sinistra etc..), ma se possibile condivido ancora meno le motivazioni addotte dagli alfieri del No, ovvero i vari Corriere Repubblica etc.. che sono giornali pagati e costruiti con il denaro delle maggiori realtà industriali italiane e che hanno massacrato ogni barlume di democraticità, rappresentatività etc.. nel corso degli ultimi decenni.
In sintesi, per me si tratta di un falso problema, e credo che ne converrete anche voi: la questione centrale si pone a monte, ovvero nel fatto che l’agenda viene dettata dagli organi comunitari (privi del benché minimo controllo democratico) e che ha lo scopo di tutelare specifici interessi finanziari, anche di carattere nazionale (tedesco-francese e dei paesi limitrofi); sul piano nazionale, i diktat predetti lasciano pochi spazi di manovra, entro i quali si scannano come galline le varie “fazioni della borghesia” italiana, per rivendicare una fetta di torta più grande.
Aggiungiamo alcuni tecnicismi, quali le vergognose liste bloccate, e secondo me dobbiamo dedurre che non esiste alcun legame delle assemblee rappresentative con un fantomatico territorio.
Ma poi, davvero, con rimpasti di governo continui mirati solo ad assicurare la continuità di una specifica agenda (basti vedere l’essenziale sovrapponibilità delle normative in materia di mercato del lavoro, immigrazione, mercato delle armi etc..di tutti gli ultimi governi) e la spartizione della torta (che vale molto di più degli stipendi dei parlamentari: parliamo delle grandi opere, degli appalti etc.. dei soldi generosamente erogati a FIAT durante il lockdown), che quindi azzerano completamente il valore delle elezioni, il problema diventa la riduzione del numero di rappresentanti del popolo, che ci ostiniamo a definire tali in spregio all’evidenza? Io proprio non condivido ecco.