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La Rai nelle mani di una “Fondazione”. Il PD continua a fare danni

La Rai  affidata ad una Fondazione, “inclusa la proprietà nonché la scelta delle strategie e dei vertici operativi”.

Il piano è contenuto in una proposta di legge presentata alla Camera dal vicepresidente del PD Andrea Orlando che ieri ha caricato a testa bassa il consiglio di amministrazione della RAI per le nuove nomine. “Oggi la Rai, più che in passato – è la tesi di Orlando – corre il rischio di una paralisi decisionale dovuta all’incrocio tra la tradizionale lottizzazione e l’attuale incerto bipolarismo. Da molti anni, ormai, il consiglio di amministrazione fatica a prendere decisioni strategiche per l’azienda”, in questo settore “un’azienda che non sia in grado di prendere rapide decisioni strategiche rischia di essere tagliata fuori da ogni competitività”.

L’obiettivo del PD è arrivare ad “una governance della RAI indipendente dal potere politico” perche’ “questo è un limite gravissimo”.

In qualche modo l’obiettivo è ricalcare il modello Bbc proposto già nel 2007 (governo Prodi) nella riforma Gentiloni. “L’intreccio tra la Rai e i partiti –sostiene il vicesegretario del PD – è ritenuto talmente inevitabile da essere spesso tollerato come un male minore. Non è così. La sua degenerazione finisce per rendere difficile il funzionamento stesso dell’azienda. Il pluralismo, ragione fondamentale dell’esistenza del servizio pubblico, rischia di scadere in un sistema che non mette al centro il cittadino, ma l’invadenza dei partiti”. Ed ancora: “Oggi la lottizzazione va di pari passo con l’instabilità del vertice aziendale. Mandati troppo brevi, scarsa autonomia decisionale e organizzativa del vertice, impossibilità di inserimento di risorse professionali giovani e qualificate: sono i sintomi di una malattia che mette in forse l’avvenire del servizio pubblico”.
La proposta di legge interviene sul testo unico “di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005, modificando l’articolo 45, introducendo l’articolo 45-bis e sostituendo l’articolo 49. Inoltre, si interviene sulla questione della privatizzazione della Rai, ancora prevista dall’articolo 21 della legge 3 maggio 2004, n. 112, cosiddetta legge Gasparri’, che viene abrogato, liberando, così, il servizio pubblico da una ‘spada di Damocle’ che grava pesantemente sulla sua attività”. La Legge Gasparri del 2004 prevede la “Dismissione della partecipazione dello Stato nella RAI – Radiotelevisione italiana Spa”

In realtà Orlando propone esattamente la stessa cosa della Legge Gasparri cioè la privatizzazione della RAI che già oggi è una Spa concessionaria esclusivo del servizio pubblico radiotelevisivo in Italia.

Viene fissato “in dodici anni la durata di tale concessione e abolendo definitivamente la convenzione, uno strumento normativo del tutto superato e che ha già mostrato i suoi limiti in precedenza”.

La Fondazione che ha in mente Orlando e il PD viene “istituita senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica”, recepisce “le azioni della società Rai-Radiotelevisione italiana Spa”. Il patrimonio della Fondazione sarebbe costituito “dalla quota di partecipazione al capitale sociale della Rai; dai beni immobili e mobili e dai valori mobiliari e dalle elargizioni eventualmente successivamente conferiti; dai contributi da parte di enti e di privati; dai contributi attribuiti al patrimonio dall’Unione europea, dallo Stato, da enti territoriali o da altri enti pubblici”.

Tra i compiti della fondazione anche quello di nominare il consiglio di amministrazione della Rai. Il consiglio di amministrazione della Fondazione è composto da undici membri, di cui cinque nominati dai presidenti delle due Camere, due membri nominati dalla Conferenza Stato-Regioni (in sigla Crepa e che, a nostro avviso, sta rappresentando un nuovo centro di potere e fonte di serissimi problemi, ndr), altri due membri nominati dalla Crui ossia la Conferenza dei Rettori delle Università. Un membro verrebbe nominato dall’Accademia nazionale dei Lincei e l’undicesimo consigliere sarebbe eletto dai dipendenti della Rai e delle società da questa controllate.

La commissione parlamentare di Vigilanza dispone “la revoca del presidente e dei membri del consiglio di amministrazione che siano incorsi in violazioni della legge ovvero in violazioni gravi delle disposizioni dello statuto”. Il collegio sindacale della Fondazione  “è costituito da tre membri effettivi e da due membri supplenti. I membri effettivi sono nominati uno dal Ministero dell’economia e delle finanze, che assume le funzioni di presidente, uno dal Ministero dello sviluppo economico e uno dal consiglio di amministrazione della Fondazione”.

Infine, ma non certo per importanza, viene abolito il superamento del limite dei compensi ai dirigenti. “Per l’amministratore delegato e fino a un massimo di dieci figure apicali indicate dal consiglio di amministrazione della Rai, il limite stabilito dalla legislazione vigente può essere superato”.

Che la Rai faccia più che pena è ormai un dato consolidato. I programmi virtuosi sono ormai rari e impastellati dentro una melma che da anni insegue il modello Mediaset invece di rappresentarne una alternativa di qualità.

Ma quello che deve far scattare l’allarme è che la strada indicata dal PD sulla Rai è in perfetta continuità con la logica delle privatizzazioni, delle concessioni di servizi pubblici ai privati e, come abbiamo visto, delle super retribuzioni per i dirigenti. E’ esattamente il modello che ha portato allo smantellamento dei servizi pubblici e ai disastri che ne sono derivati (a a cominciare dalla sanità e dalle università). Un pò come l’abrogazione del Titolo V della Costituzione.

Lo abbiamo detto spesso e vogliamo ribadirlo: il PD è parte del problema non della soluzione.

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