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Clarea, 13 dicembre 2020

Di questa giornata in Clarea voglio parlare subito, prima che possano disperdersi le emozioni, la commozione di ritrovare un mondo da cui il carcere aveva tentato di tenermi lontana.

Siamo tanti, migliaia nella piazza di Giaglione. Non solo le presenze di sempre, ma, in maggioranza, giovani che la mascherina non riesce a rendere anonimi, tante voci di ragazze: le nostre figlie e i nostri figli , i nostri nipoti; questa è una lotta che, come e più di sempre, ha la freschezza della parola e dell’azione.

Le voci della breve assemblea volano nell’aria tersa che sa di sole e di neve, ci porta il profumo della legna bruciata nelle stufe e il sentore della foresta.

A qualche chilometro ci aspettano i nostri mulini, che un pugno di giovani ha fatto rivivere e presidia contro l’allargamento del cantiere TAV. Le ruspe, come anni fa, stanno intaccando i margini del bosco. Per dileggio hanno distrutto le casette sugli alberi e si preparano ad abbattere le piante che in quei luoghi vivono da secoli.

Sulla strada verso la Clarea ci mettiamo in cammino, in migliaia. Parte arriverà al cancello blindato che sbarra il sentiero, ma tutti i giovani si apprestano ad affrontare i sentieri a monte, per cercare di raggiungere i mulini dall’alto.

Mentre continua per ore la battitura ai cancelli, sui sentieri del bosco la repressione tende i suoi agguati. Molto presto giunge fino a noi il fumo dei lacrimogeni sparati contro chi è diretto verso il presidio della Clarea. Il bosco è pieno di figure armate, in assetto antisommossa: ne intravvediamo un contingente oltre lo sbarramento, altri in postazione sopra di noi.

Davanti ai cancelli si improvvisano cori; poco lontano accendiamo un piccolo fuoco per difenderci dal freddo che si fa sentire più acuto, al tramonto .

Sentiamo che in alto i giovani si difendono con grande generosità. Quando li sappiamo sulla via del ritorno, decidiamo che è giunto anche per noi il momento di rientrare.

Mentre intorno incombe il gelo della sera invernale e l’ombra sale del fondovalle allargandosi sui boschi, nelle case delle frazioni si accendono i lumi della sera. Le voci del ritorno animano le stradine delle frazioni che fra poco saranno sommerse dal silenzio.

Ed ecco, davanti a noi, il Rocciamelone innevato contro su cui si spegne l’ultima luce.

Cammino e sento crescermi dentro la commozione per qualcosa che sento irripetibile, parte di me, per sempre.

Ora più che mai so che a noi spetta la difesa di tanta bellezza: nulla potranno contro questo nostro amore che si è fatto lotta le loro ruspe e le loro armi, né i tribunali e le prigioni in cui vorrebbero annientare i nostri figli.

Anche oggi siamo partiti e torniamo insieme.

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