Nel suo Dna politico, la minaccia della crisi di governo, le ripicche tra alleati della coalizione, i veti diretti, doppi o incrociati, insomma tutta questa paccottiglia è il modo di fare politica. Ci è cresciuto, Matteo Renzi.
La Dc infatti faceva continue crisi. Tanto nessuno poteva cacciare il partito fiduciario della cristallizzazione politica imposta dalla Guerra Fredda.
Nei lunghi decenni del potere democristiano i governi cadevano in continuazione a opera degli stessi esponenti di questa o quella corrente interna.
Non stupisce, dunque, che Matteo Renzi non sappia fare altro che pensare, agire e adottare esattamente lo stesso schema tattico, che è entrato addirittura nel gergo popolare: quando uno è ambiguo, mellifluo e intrigante, non si dice forse che si comporta “da democristiano”?
L’arrivo previsto, ma non ancora certo né nei tempi né nei modi, degli stanziamenti europei, accelera appetiti politici: gestire il denaro è gestire il potere.
Non solo Renzi, ma tutti i membri della classe dirigente italiana sono stati espressione della lunga stagione del neoliberismo, caratterizzata da tagli allo stato sociale, deregolamentazione e privatizzazione dei beni comuni.
Sono stati tutti addestrati a giustificare i tagli, favorire interessi prevalenti in economia, nessuno a immaginare, programmare, progettare investimenti utili a un cambio di passo, oramai urgente, dopo la devastazione provocata dalla pandemia Covid.
Prova ne è che le forze politiche si scontrano sulle tecnicalità della gestione delle decisioni sul che fare, ma non c’è un dibattito pubblico su cosa, come e quando cominciare a cambiare seriamente quello che Covid ha messo drammaticamente in evidenza: l’economia di mercato è in crisi, il ruolo della politica è servile, le istituzioni pubbliche sono narcotizzate dalla globalizzazione.
E allora, ci si accapiglia attorno al “malloppo” perché ciascuno vorrebbe la sua “stecca” da ridistribuire al proprio elettorato di riferimento. Cioè, dare soldi a chi ne ha persi durante il Covid. È il tentativo reazionario di far fare festa delle oligarchie, corporazioni, lobby.
Tutti agitano i rispettivi problemi. Nessuno vuole affrontare la soluzione, perché se non è collettiva, egualitaria, redistributiva non è la soluzione.
Parlare di green economy, sviluppo sostenibile, innovazione tecnologica, digitalizzazione della pubblica amministrazione, reddito individuale, investimenti produttivi, Sanità pubblica non ha senso se non capiamo se e in quale misura i contenuti di questi capitoli saranno improntati a una corretta, dunque equa, redistribuzione della ricchezza, a un nuovo patto tra gli esseri umani e la natura, a un nuovo ruolo delle istituzioni pubbliche e la creazione del valore, a una migliore vita sociale dei cittadini, a un nuovo statuto del diritto all’istruzione, alla salute, alla previdenza.
Covid-19 ci ha presentato il conto dei tremendi errori del passato recente. Mentre lo stanno pagando caro milioni di persone, non c’è più tempo da perdere in giochetti democristiani.
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