Alla fine viene fuori, nero su bianco, quello che si sapeva fin dall’inizio: Ponte Morandi è crollato per assenza di manutenzione.
La società Autostrade, controllata dalla holding dei Benetton (Atlantia), ha sistematicamente evitato di investire una lira (un euro, dopo il 2002) per tenere in piedi l’infrastruttura avuta “in concessione” dallo Stato italiano.
La perizia degli esperti nominati dal tribunale non lascia spazio a dubbi e prese per i fondelli, fin qui praticate a piene mani dai vertici della società. È la corrosione a cui è stata soggetta la parte sommitale del tirante sud-lato Genova della pila 9 la causa scatenante del crollo del ponte di Morandi. I periti nominati dal gip Angela Nutini, chiamati a pronunciarsi sulle cause del disastro del 14 agosto 2018, in cui persero la vita 43 persone, hanno verificato tutto quel che si poteva.
L’inizio del processo di corrosione sarebbe addirittura cosa risalente ai primi anni di vita dell’opera, ma tutto è stato lasciato andare avanti, senza arrestarsi, fino al momento del crollo.
Infatti i periti puntano il dito contro i controlli e le manutenzioni: “La mancanza e/o l’inadeguatezza dei controlli e delle conseguenti azioni correttive costituiscono gli anelli deboli del sistema; se essi laddove mancanti, fossero stati eseguiti e, laddove eseguiti, lo fossero stati correttamente, avrebbero interrotto la catena causale e l’evento non si sarebbe verificato .
Il documento, un vero e proprio capo d’accusa lungo 500 pagine e depositato ieri pomeriggio, è stato redatto nell’ambito del secondo incidente probatorio, incentrato proprio sulle cause del crollo.
Il dramma non è stato causato da elementi esterni: “Non sono stati individuati fattori indipendenti dallo stato di manutenzione e conservazione del ponte che possano avere concorso a determinare il crollo, come confermato dalle evidenze visive emerse dall’analisi del filmato Ferrometal“, ovvero l’azienda di Campi le cui telecamere avevano ripreso da vicino le immagini del crollo del 14 agosto.
Lo stesso ingegner Morandi, del resto, era stato molto preciso nel consegnare le istruzioni per la manutenzione. Il Ponte era un’opera straordinaria per l’epoca, ma aveva bisogno di particolari accorgimenti che però il “concessionario privato”, interessato solo a intascare i pedaggi ai caselli, non ha mai eseguito.
Secondo i periti sono infatti state trascurate negli anni le sue indicazioni, con particolare riferimento proprio al degrado degli acciai dei tiranti. “Il progettista aveva posto attenzione al rischio di corrosione dei cavi – evidenziano i periti – Tali raccomandazioni erano particolarmente importanti e rilevanti tenuto conto della straordinarietà dell’opera“.
Gli esperti hanno riscontrato una “mancata esecuzione di indagini specifiche necessarie per verificare lo stato dei trefoli dei gruppi primari, così come raccomandato dal 1985“. Cioè trent’anni prima che si verificasse la tragedia.
E’ lo stile dei “privati” in tutti i loro business, ma quando accadono di queste cose vanno inchiodati alle loro responsabilità.
Dopo oltre due anni dalla morte di 43 persone la revoca della concessione non è mai stata decisa. Peggio, si sta discutendo insieme agli assassini il “giusto prezzo” per riprendere in mano pubblica la gestione autostradale.
Cose da pazzi: invece di arrestarli e chiedere i danni…
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