Continua il movimento di protesta degli studenti turchi contro Erdogan. A inizio gennaio la nomina del militante dell’AKP Melih Bulu a rettore dell’Università del Bosforo aveva scatenato la rabbia di studenti e professori, dando il via a presidi e manifestazioni contro una nomina decisa direttamente dal governo al di sopra di tutti gli organi accademici.
Nonostante la repressione e gli arresti di decine di studenti ad oggi ancora in carcere, la protesta si è allargata alle altre università prendendo di mira tutti i rettori-commissari fino a caratterizzarsi in una critica complessiva alla deriva autoritaria di Erdogan.
Conosciamo bene il rischio che battaglie come queste vengano strumentalizzate da una propaganda occidentale che oggi ha tutto l’interesse a mettere in discussione l’autorità di un soggetto sempre più scomodo per gli interessi geopolitici di Francia, Israele e Stati Uniti, in Medio-Oriente e Nord-Africa.
Non per questo rinunciamo a schierarci con forza dalla parte degli studenti contro il regime di Erdogan. Pensiamo però non sia possibile prendere posizione contro Erdogan senza denunciare apertamente l’imperialismo dell’UE, che dai tempi delle primavere arabe è complice e corresponsabile della sua ascesa.
Che in Erdogan ha trovato una sponda preziosa nel brutale contenimento dei flussi migratori, nella destabilizzazione della Siria o nei conflitti con Russia e Iran – per non parlare dei rapporti con l’Italia, secondo partner commerciale della Turchia in Europa.
Non possiamo poi fare a meno di pensare all’università di casa nostra, settore strategico del progetto imperialista europeo, così ben integrata negli assetti di potere da non aver bisogno di rettori-commissari, ma anzi, sempre più incubatore di “tecnici” per governi di larghe intese.
Alla pacificazione dell’alto del mondo della formazione riformato sulle necessità dell’UE corrisponde una pacificazione dal basso nelle rappresentanze studentesche.
Abbiamo visto infatti come nei mesi dove la pandemia ha portato a galla tutte le contraddizioni del sistema universitario, come in quello della ricerca, queste abbiano scelto di agire da mediatori, non rompere la compatibilità con il Governo e le istituzioni, spesso sostituendosi tentando di colmare le lacune e i disservizi. Abdicando ad un ruolo di critica radicale verso un modello dimostratosi fallimentare da stravolgere alle fondamenta.
Il Governo di larghe intese a guida Draghi che va profilandosi in queste ore non permette ulteriori giochetti e ambiguità: l’UE cala la maschera e mostra il suo vero volto, la CGIL dichiara da subito la sua disponibilità, mentre PD e Lega sono pronti a lavorare insieme svelando il bluff della loro falsa contrapposizione.
D’ora in poi la scelta di campo sarà evidente, da che parte starà quel mondo della sinistra giovanile che finora ha sempre rinunciato al conflitto in casa nostra ma che non rinuncia mai a esultare quando lo scontro avviene in qualche paese lontano? (E magari anche antipatico all’establishment nostrano?)
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