Draghi oggi va in visita a Bergamo per ricordare le vittime della pandemia. La città diventata simbolo della strage pandemica in Italia – siamo ben oltre le centomila vittime – è anche quella in cui i familiari di chi spesso è stato lasciato morire di Covid, da mesi chiedono verità e giustizia su come sono andate effettivamente le cose.
La Procura ha una indagine aperta. La Confindustria ha alzato da subito un fuoco di sbarramento per allontanare da sé ogni responsabilità e giocare il ruolo della vittima. La scorsa settimana esponenti della sinistra alternativa e del comitato familiari delle vittime di Bergamo hanno subito perquisizioni con l’accusa di associazione sovversiva.
Con il discorso di Mattarella di ieri e la visita di Draghi oggi si cerca così di trasformare l’indignazione in celebrazione di concordia nazionale e depotenziarne così la forza.
La strage pandemica di Bergamo pesa infatti come un macigno sulla classe dirigente nazionale e regionale e sulle loro responsabilità nell’aver smantellato negli anni la sanità pubblica, abbassato la testa ai diktat della Confindustria sulle chiusure, ed ora nel caos sulla campagna vaccinale.
Si resta infatti in attesa che l’Ema, l’agenzia europea del farmaco, si pronunci nel pomeriggio sul nuovo via libera al vaccino AstraZeneca. La campagna di vaccinazione, secondo palazzo Chigi è costata 200 mila somministrazioni in meno dopo la frenata impressa dal ‘caso AstraZeneca’. In tal senso Draghi potrebbe aspettare il pomeriggio per andare a Bergamo, ovvero dopo che l’Ema si sarà pronunciata sull’argomento e si possa diffondere un “messaggio rassicurante” piuttosto che incertezza.
A Bruxelles sui vaccini ormai sono in pappa. La von der Leyen ha alzato i toni chiedendo lo stop all’export dei vaccini prodotti in Europa se non c’è reciprocità.
Da diversi paesi dell’Unione Europea infatti nell’ultimo mese sono partite troppe fiale verso altri Paesi “mentre a noi non torna nulla e la collaborazione non può essere una strada a senso unico” ha detto la presidente della Commissione europea, la quale sottolinea che “Se la situazione non cambia dovremmo riflettere se permettere esportazioni verso Stati che producono vaccini e Paesi che hanno un tasso di vaccinazione superiore al nostro”.
La decisione in questo caso era stata anticipata dal governo italiano, che poche settimane fa era stato il primo a chiedere alla Commissione europea di non autorizzare un esportazione di 250mila dosi di Astrazeneca dall’Italia all’Australia.
Eppure le scelte concrete in materia di controllo, contrasto e azione contro la pandemia sembrano indicare percorsi tutt’altro che corretti.
Con l’avvento di Draghi sono state delle epurazioni prima nella Protezione Civile ed ora nel Comitato Tecnico Scientifico. Hanno messo fuori gli esperti più invisi alla Lega, alle regioni leghiste e alla Confindustria e sono stati messi dentro esperti che non ne avevano azzeccata una ma di provata fede leghista e confindustriale. Era il 14 febbraio quando Salvini tuonò contro il Cts. “Non ho parole. Non se ne può più di ‘esperti’ che parlano ai giornali, seminando paure e insicurezze, fregandosene di tutto e tutti. Confidiamo che con Draghi la situazione torni alla normalità”. Aveva fatto il nome di Giorgio Palù (presidente dell’Aifa) da inserire nel Cts. Detto fatto. Draghi lo ha accontentato.
Ma la paura del virus non può mitigare ancora a lungo l’indignazione e la rabbia. Sulla gestione della pandemia ci sembra opportuno ricorrere alle considerazioni di un osservatore piuttosto acuto come Guido Salerno Aletta.
In un editoriale su TeleBorsa di qualche giorno fa ha scritto:
“Per cautela sanitaria, si continua a mettere restrizioni alla popolazione, mentre le vaccinazioni procedono con esasperante lentezza e di “cure” non se ne parla affatto. Ed intanto, ad esempio in alcune zone della Francia, gli ospedali sono in difficoltà, con i reparti di terapia intensiva occupati all’80%: una soglia pericolosissima.
Ma questo significa mandare al massacro un intero sistema sociale ed economico: le risorse per gli aiuti pubblici non sono infinite, ed i conti delle imprese saranno catastrofici.
Serve aumentare la pressione mediatica sul numero dei contagi, dei morti e degli ospedali al collasso: solo la paura mitiga la rabbia. Ma nessuno può prevedere ancora per quanto tempo ci si riuscirà.
Quando saranno finiti i risparmi, quando gli stipendi non verranno più pagati e quando le pensioni non verranno più accreditate, la rabbia e la esasperazione saranno incontenibili”.
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