Chi comanda a Bologna è convinto da decenni che questa città possa avere un futuro solo emergendo come vincitrice nella competizione tra grandi metropoli, per dimostrarsi più attraenti per il capitale. Seguendo questa convinzione, hanno avviato una privatizzazione con caratteristiche emiliano romagnole: abbandonando il governo pubblico dei processi di trasformazione, facendo diventare il Comune un facilitatore e sostenitore dei “progetti di sviluppo” del privato, scaricando i costi sulla popolazione.
Noi pensiamo che questa logica abbia cominciato a mostrare da anni tutti i suoi limiti, e che il governo regionale e comunale (cioè il PD ed i suoi alleati in linea con i dettami nazionali) durante la pandemia abbiano scelto in maniera macroscopica di privilegiare l’economia ed il profitto piuttosto che la salute e i diritti delle proprie cittadine e dei propri cittadini.
Noi portiamo una proposta che ribalta le priorità: vogliamo la città pubblica e popolare!
Nella città pubblica e popolare le istituzioni devono recuperare la capacità di programmazione che a Bologna sono state colpevolmente abbandonate. Per questo la città pubblica è controllo popolare proprio da parte di quei settori sociali che negli ultimi decenni sono stati espulsi o marginalizzati dalla città: chi a Bologna abita e lavora, fuori dal centro, nel retro delle botteghe scintillanti, nelle fabbriche all’avanguardia e nei magazzini della provincia, fuori dai “progetti” faraonici e senza fiato.
La crisi del Covid ha fatto esplodere tutte le contraddizioni: salta il turismo lasciando mezza città vuota; salta la scuola mentre fabbriche e magazzini non chiudono mai e la responsabilità della pandemia viene fatta ricadere solo sui giovani; salta l’università che si riconverte rapidamente alle modalità online; saltano i trasporti che non riescono a garantire la sicurezza di lavoratori e passeggeri; salta il commercio al dettaglio mentre le multinazionali della logistica incrementano i propri enormi guadagni; saltano i patti corporativi tra istituzioni, padroni e sindacati concertativi mentre le crisi industriali avanzano; saltano l’aziendalizzazione dei servizi pubblici e il sistema malato delle cooperative incapaci di gestire da sole la domanda occupazionale e i servizi essenziali; salta il servizio sanitario che pure sfrutta ancora le ultime eredità del sistema pubblico che erano un vanto, prima di liquidarle definitivamente nella sussidiarietà pubblico-privato, la quale oggi non permette di vedere alcuna differenza dai disastri che stanno accadendo nelle altre regioni del Nord Italia governate dalle destre.
Ma Bologna può avere un ruolo diverso, può diventare una città che si mette al centro di un territorio complesso tra l’Appenino e la Pianura, può ribaltare l’ordine delle priorità e mettere al primo posto chi a Bologna vive, lavora e studia, non solo all’ombra delle Torri ma anche nei quartieri in cui risiede la maggioranza della popolazione.
Serve la pianificazione e il controllo popolare sulle grandi scelte di indirizzo dell’urbanistica e dei trasporti, e quindi della questione ambientale.
Serve che Bologna agisca direttamente contro la selva di appalti e sub-appalti del pubblico e sul sistema di scatole cinesi delle “cooperative”.
Serve che da Bologna parta la ricostruzione di quella sanità pubblica smantellata negli ultimi 30 anni, a partire dalle nuove esigenze di prossimità, anche indirizzando la grande quantità di denaro prevista dal Recovery Plan, sulla base del quale il governo Draghi intende invece fare una nuova iniezione di precarietà e di sfruttamento dell’uomo e della natura, spacciandolo per un ammodernamento sostenibile, mentre tutti i partiti dell’arco parlamentare si rendono complici della corsa a spartirsi le briciole che cadranno dal tavolo.
Potere al Popolo vuole essere portatore nella città di Bologna di una proposta fuori e contro questo sistema politico-economico, in continuità con le ragioni che poco più di un anno fa ci hanno portato a partecipare alla campagna delle elezioni regionali e che nelle lotte degli ultimi 12 mesi si sono viste purtroppo confermate: la destra e la cosiddetta “sinistra” sono due facce della stessa medaglia capaci benissimo di governare insieme in nome di comuni interessi, quelli dei ricchi, degli uomini bianchi, degli imprenditori che tengono le mani in pasta negli affari del paese, della regione e della città.
Le prossime elezioni amministrative sono un passaggio importante nell’articolazione della nostra proposta. Pertanto, in vista di questo momento che accumunerà tanti centri metropolitani di tutto il paese, proponiamo queste prime riflessioni alle forze sociali, sindacali e politiche che sono disponibili al confronto.
Troppo spesso le elezioni sono state occasione per improvvisare liste che esaurivano la loro funzione alla chiusura delle urne e che guardavano a quello che restava di un ceto politico figlio di decenni passati, piuttosto che proiettarsi nel difficile compito di incrociare il malessere delle classi popolari.
Per questo pensiamo che non vi siano candidature e nomi che possano mettere in secondo piano il merito e il metodo della proposta politica. Per questo pensiamo che in questa tempesta che nell’ultimo anno ha colpito tutti, dobbiamo ribadire con forza che non siamo tutti sulla stessa barca, che in un mondo che si stravolge non possono funzionare gli schemi e le formule che ci hanno accompagnato fino all’orlo di questo baratro.
La nostra è quindi una proposta che non può essere ricondotta ad alchimie di sostegni esterni o a strumentalizzazioni delle istanze popolari, legando le mani all’agibilità delle lotte sociali cui è necessario invece dare nuova linfa non relegandole nel cassetto dei ricordi.
L’Assemblea degli iscritti di Potere al Popolo della provincia di Bologna ha quindi stabilito con decisione unanime di tutti i partecipanti:
– che Potere al Popolo sarà presente nella battaglia elettorale con una proposta da costruire democraticamente nei prossimi mesi.
– che Potere al Popolo è disponibile a misurarsi su coalizioni che esplicitino fin da subito la completa alternativa al perimetro delle destre e del centrosinistra, sia al primo turno sia nell’eventuale ballottaggio.
Discriminante sarà affermare e praticare in modo univoco e deciso l’indipendenza, l’avversione, la rottura da questo sistema dei partiti che è da sempre classe dirigente di questa città, e ci chiediamo con che faccia qualcuno potrà chiedere un voto “utile” per fermare l’onda di destra se con quella destra governa il paese.
Intanto continuiamo ogni giorno a portare avanti il nostro sostegno alla costruzione di mobilitazioni sociali e strumenti di solidarietà necessari, ma presto convocheremo una prima assemblea pubblica in cui ragionare collettivamente su questa proposta, non appena gli sviluppi della situazione di contagio metteranno tutti e tutte nella condizione di operare in sicurezza e con massima partecipazione.
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