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La politica eugenetica della giunta lombarda

La campagna vaccinale è troppo lenta in tutta Italia: 200.000 dosi somministrate al giorno sono davvero troppo poche perché si possa pensare di raggiungere obiettivi importanti in tempo utile.

All’interno di questo sfascio nazionale, però, ci sono regioni primatiste d’inefficienza, di clientele e di ottusità. La Lombardia occupa senz’altro il primo posto in tale graduatoria al peggio.

La percentuale di ultraottantenni vaccinati con la prima somministrazione nello spazio di oltre due mesi è del 50% circa, e il 15% sono coloro che hanno ricevuto la seconda dose. È chiaro che di questo passo le vaccinazioni di tale fascia d’età si protrarranno sino a metà maggio; di conseguenza non si ha nessuna nozione di quando potrà iniziare la fase degli ultrasettantenni e dei soggetti a rischio per patologie.

I cittadini lombardi non hanno alcuna informazione e sono ormai allo sconforto. Nei giorni scorsi, tra l’altro, diverse giornate di vaccinazione sono andate perse poiché, preparati i vaccini e presente il personale nei luoghi di vaccinazione si sono presentati pochissimi vaccinandi.

La causa di queste assenze è che gli SMS che dovevano convocarli non sono partiti. Si ha notizia poi, soprattutto in provincia di Cremona, di convocazioni di novantenni in centri distanti anche cento kilometri dalla loro abitazione.

Inoltre, il recupero dei giorni persi a causa del blocco del siero AstraZeneca non è stato organizzato, per cui chi ha saltato l’appuntamento non sa quando potrà recuperare il proprio turno.

La responsabilità delle mancate convocazioni ricade su ARIA, (Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti), che sta dimostrando la propria completa inefficienza a gestire un’operazione non particolarmente difficile come la convocazione dei cittadini nei centri vaccinali.

Contro ARIA si sono scagliati l’assessora Moratti e il commissario Bertolaso, dimenticando che tale Agenzia è però una creazione diretta del presidente regionale Fontana. Infatti ARIA nacque due anni fa per accorpare tre diversi carrozzoni politico-clientelari di epoca formigoniana: la Centrale Acquisti Arca, Lombardia Informatica e Lombardia Infrastrutture.

A capo di ARIA fu nominato un direttore di stretta osservanza leghista, Filippo Bongiovanni, costretto alle dimissioni nel luglio scorso, quando cadde nella rete dell’inchiesta sui sospetti acquisti di materiale sanitario dalla ditta del cognato e della moglie del presidente Fontana, scandalo per cui questi ultimi tre sono tuttora inquisiti.

Al suo posto fu chiamato dal Veneto Mario Gubian, ora in grave difficoltà per l’incapacità di gestione della campagna vaccinale.

Quello di chiamare funzionari pubblici dal Veneto sta diventando peraltro un’abitudine della giunta lombarda, che ha recentemente sostituito, dopo soli otto mesi, il direttore della sanità Trivelli con il pluricondannato veneto Giovanni Pavesi, in un tourbillon di nomine che sembra produrre solo ulteriori danni.

Di fronte al fallimento di un piano di gestione delle vaccinazioni costato ben 22 milioni, il presidente Fontana chiede ora “un passo indietro” del consiglio d’amministrazione di ARIA per lasciare solo al comando Gubian, che è evidentemente tutt’altro che esente da colpe.

La cacciata del Consiglio d’Amministrazione di ARIA peraltro è stata chiesta con il roboante “chi sbaglia paga” da Salvini in persona, sempre pronto a ingerirsi nelle cose lombarde con le sue sparate giustizialiste e propagandistiche.

In pratica, come da sempre, si scarica la responsabilità su qualche incarico tecnico per non mettere in discussione le scelte politiche sbagliate della giunta.

In una tale situazione di caos, prolifera, in Lombardia, il fai-da-te vaccinale. Sembra che il 16% delle dosi destinate agli ultraottantenni sia stato somministrato a soggetti non previsti dalle indicazioni nazionali, che fissano tappe progressive per età (fatto salvo il personale sanitario e scolastico).

In Lombardia sono stati vaccinati i professori universitari, che fanno lezione on line, ma soprattutto è strano che siano stati vaccinati gli amministrativi delle università e degli ospedali, personale spesso giovane e senza problemi di salute che non ha contatti diretti con il pubblico.

Nel frattempo, le imprese private stanno raccogliendo le prenotazioni tra i dipendenti, approfittando dell’accordo tra regione, Confindustria e Confapi per la vaccinazione in azienda, che sottrarrà dosi agli anziani e ai fragili.

Si badi, non si vuole qui scatenare una “guerra tra poveri” perché tutti hanno diritto a vaccinarsi, bensì sostenere che la vaccinazione per fasce d’età, dato che coloro che contraggono in forma grave la malattia sono soprattutto anziani e fragili, potrebbe far calare la mortalità da Covid e diminuire l’affollamento degli ospedali, a vantaggio di tutti.

L’esperienza in tal senso della Gran Bretagna, che ha ridotto la mortalità a pochi casi al giorno grazie a una vaccinazione che rispetta le fasce d’età, fa testo. Una constatazione che appare semplice, ma che non trova riscontro in Lombardia, dove ormai si è al caos totale e dove sembra che il criterio dell’età, che è anche quello della solidarietà e della protezione di chi è a maggior rischio, sia dimenticato a vantaggio della produttività del singolo, che tanto piace a Moratti, la signora del “più vaccini a chi fa più PIL”.

In questa situazione, non resta purtroppo che temere che la Lombardia si stia avviando a un percorso di carattere eugenetico di eliminazione dei soggetti anziani e fisicamente fragili, oltretutto “costosi”, a vantaggio dei “produttivi”.

È necessario fermare questa giunta, con il commissariamento regionale che ormai da un anno forze sociali, politiche e sindacali richiedono a gran voce e che il governo Conte non ha avuto il coraggio di mettere in atto. Commissariamento che diventa ancora meno probabile venga realizzato da un governo zeppo di ministri leghisti e italoforzuti.

Ma anche se difficile da ottenere, il commissariamento è necessario per la salvezza dei cittadini.

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