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Libia. Il traffico di migranti in mano al capo della Guardia Costiera libica

Interrompere il flusso di profughi e migranti nel Mediterraneo. Per questo motivo l’Unione Europea ha approntato ben due missioni militari navali (Euronavmedfor e Sophia) con l’obiettivo di bloccare i barconi e il traffico di esseri umani dalla Libia verso l’Italia. A tale scopo è stata avviata la collaborazione con le autorità libiche o almeno una parte di esse.

Ma se si scopre che il boss della tratta di migranti nella città libica di Zawiya è Abdurahman Al Milad Aka Bija, più conoosciuto come Al Bija, 28 anni, il quale è anche il nuovo comandante della Guardia costiera della città (45 chilometri a Ovest di Tripoli) le cose in Libia continuano a rivelarsi molto ma molto più complicate di quando c’era il regime di Gheddafi (con cui l’Italia aveva firmato un Trattato di amicizia qualche mese prima di andare a bombardarlo). Inoltre il Comando centrale della Guardia costiera libica di Tripoli non sarebbe neanche riuscito a portare la città sotto il proprio controllo. Il motivo è che a comandare a Zawiya è la tribù Abu Hamyra, di cui Al Bija è membro. La tribù ha approfittato del vuoto di potere venutosi a creare dopo la caduta di Muammar Gheddafi nel 2011, per controllare stabilmente la città costiera e la locale raffineria.

A rivelarlo è stata una giornalista freelance, Nancy Porci, in una inchiesta pubblicata su TRT World, un network televisivo turco.  Ma l’inchiesta svela anche che l’ente statale petrolifero libico (Noc) non ha accesso ai profitti della principale raffineria di greggio della Libia occidentale situata proprio a Zawiya. Un abitante di Zawiya ha riferito ad Al Jazeera che il capo dei miliziani “è pagato direttamente dal governo con il compito di monitorare le attività al porto. Dovrebbe lavorare con i funzionari della marina, ma invece è il boss del traffico di esseri umani. Non solo gestisce quello che accade al porto, ma controlla direttamente anche diversi centri di detenzione”.

L’agenzia Askanews riporta che una fonte del ministero dell’Interno libico, contattata da al Jazeera, ha confermato il racconto dell’abitante di Zawiya: “Le guardie costiere corrotte danno i migranti ai miliziani e i miliziani li tengono in centri di detenzione illegali. Qui iniziano a ricattare i migranti. Gli prendono i soldi, i telefoni, i documenti. Con i numeri che trovano sui telefoni, i trafficanti chiamano le famiglie per chiedere un riscatto per lasciarli andare. I miliziani li vendono anche ai caporali della zona che li usano come forza lavoro gratuita. Contrastarli è quasi impossibile, anche per la polizia”.

 

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