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Il monumento a Walter Rossi e l’ignoranza di Repubblica

In risposta all’articolo pubblicato su La Repubblica

Egregio Direttore,

leggiamo sul suo giornale del 29 marzo 2021 un articolo a firma di Marco Lodoli, in merito al cedimento strutturale del monumento dedicato a Walter Rossi.

In riferimento al suddetto articolo vorremmo fare alcune precisazioni.

Andiamo per ordine, intanto ad uccidere Walter Rossi non fu “una pistolettata sparata da un fascista”, ma fu un agguato premeditato e deciso all’interno della sezione del Movimento Sociale Italiano della Balduina a Roma. Per essere ancora più chiari ricordiamo, al prof. Lodoli, che il proiettile che uccise Walter Rossi partì dalla pistola di Cristiano Fioravanti, è stato lo stesso fratello Valerio Fioravanti a confermarlo al processo per la strage di Bologna del 1980, e non da “un proiettile sparato da Alessandro Alibrandi”.

Il Professor Lodoli in quegli anni studiava in un liceo privato di una scuola cattolica di preti maristi e ricorda “l’atmosfera che si respirava a Roma in quegli anni soltanto attraverso agguati, botte, e pistole omicide, dove si contavano feriti e morti settimanalmente” sciorinando nomi di persone uccise, omettendo colpevolmente gli assassini, che vestivano i panni dei fascisti dei NAR e del MSI e dello Stato, attraverso carabinieri mascherati da manifestanti.

Certo non fa onore ad un professore di liceo dello Stato Italiano, come è il signor Lodoli, parlare della storia di quegli anni come “ricordi lontani che il tempo sbiadisce”, e ci viene da chiedere al professore cosa racconta ai suoi studenti degli anni del fascismo? della Resistenza ? della prima e seconda guerra mondiale? E non osiamo andare troppo indietro nel tempo.

Allora glieli ricordiamo noi gli anni ’70 visto che il professore dice che è “storia quasi totalmente dimenticata”.

Il 1970 inizia il 12 dicembre 1969, quando alla Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana, a Milano, una bomba scoppia provocando 17 morti. E sempre una bomba, ben più devastante, segna la fine del decennio il 2 agosto 1980: è la strage alla stazione di Bologna con i suoi 85 morti e 200 feriti. In quei dieci anni in Italia le bombe furono molteplici e causarono centinaia e centinaia di morti innocenti.

Il professore parla di anni di piombo ma si dimentica che quelle bombe avevano un titolo “La strategia della tensione” e che gli autori erano fascisti e servizi segreti deviati dello Stato.

Quelle bombe hanno fatto molti ma molti più morti delle “pistolettate” di cui parla nel suo articolo. Perché allora non chiamarli anni di bombe?

La generazione di Walter Rossi ha lottato insieme al popolo cileno, argentino spagnolo contro tutti i fascismi nel mondo.

Ha manifestato contro la guerra in Vietnam e contro l’imperialismo americano.

La generazione di Walter Rossi ha cambiato i rapporti nella famiglia.

Le donne della generazione di Walter hanno lottato per avere pari diritti e pari dignità.

Negli anni 70’ si sono vinte tante battaglie civili, dallo Statuto dei lavoratori alla legge sul divorzi,o grazie solo alla forza della generazione di Walter Rossi.

La generazione di Walter Rossi ha scoperto il grande cinema nei cineclub e nei cinema d’essai. Ha ascoltato la musica rock e i migliori cantautori italiani. Ha impegnato il proprio tempo tra pagine di libri e arte.

Quelli della generazione di Walter Rossi, insieme a milioni di persone in tutto il mondo, dipanatasi in quegli anni, ha corteggiato la speranza: con la forza del passato e il mistero del futuro, ma, con lo spasmo vorace di addentare il presente.

Dal suo articolo, caro professore, sembra invece che la generazione di Walter Rossi è cresciuta nel segno dell’odio e della violenza. Non ci fu solo questo. Dentro il movimento di protesta, vasto e variegato, che attraverso’ quel decennio, erano contenute intuizioni che andavano invece nella direzione opposta.

Sarebbe sufficiente soffermarsi sul volume di ironia e verità che quel movimento esprimeva con la speranza di in mondo diverso ma possibile, regolato sugli uomini e non sulle merci.

Tutto questo e tanto altro per il signor Marco Lodoli si riduce a soli “anni di piombo che affondano nel mare del nulla, nella smemoratezza definitiva”.

Il cedimento strutturale del monumento dedicato a Walter Rossi per il professor Lodoli “acquista inevitabilmente un valore simbolico, è il tempo che si accartoccia su se stesso, la memoria che cede un po’ per volta e poi tutta insieme” e Walter Rossi “diventa la memoria che non sta in piedi”.

Questo non possiamo proprio tollerarlo, perché la memoria storica non si tocca, perché Walter Rossi lottava per un mondo migliore e per questo ha perso la sua vita a venti anni, perché Walter Rossi è un nuovo partigiano come tutti i compagni morti in quegli anni.

Anni che il professore Marco Lodoli chiama con sprezzante e irrispettoso disprezzo “anni di piombo”.

Lo stesso sprezzante disprezzo nel definire Walter Rossi “per il nostro tempo è solo un nome come tanti, difficile da ricordare”.

Invece noi vogliamo ricordare al professore che il nome e la storia di Walter Rossi non la dimenticheremo mai perché è la nostra storia e “la storia siamo noi, attenzione nessuno si senta escluso…” come dice Francesco De Gregori, lui si un vero professore caro Marco Lodoli.

Egregio direttore per chiudere ci faccia la cortesia di ricordare al professor Lodoli che il giornale dove scrive e che Lei dirige è nato nel bel mezzo degli anni ’70 e che il successo editoriale lo deve soltanto alla nostra generazione

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

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5 Commenti


  • Alfredo Simone

    Grazie, compagne e compagni di Contropiano, per questo articolo che risponde puntualmente alle parole in libertà del signore in questione, rifiuto di chiamarlo professore e anche di citarne il nome. Nei giorni scorsi c’è stato l’anniversario dell’uccisione di Fausto e Iaio oltre a quella di via Fracchia, vicende molto diverse tra loro, per alcuni versi, ma accomunate dalla volontà della Stato (la maiuscola è solo per far capire di chi parlo) di coprire entrambe quelle stragi, così come tante, troppe altre. Un grosso abbraccio riconoscente perché la memoria è importante, anzi fondamentale, e non a caso i “servitori dello Stato” e i loro supporter cercano di inquinarla.


  • Sergio Gaudino

    È bene ricordare che la storia è memoria e la memoria è storia, ed il presente ed il futuro esistono unicamente per la memoria. Un popolo senza memoria, è un popolo senza storia, è solo un fantoccio inerte ed un uomo che vuole dimenticare, è solo un fantoccio senza memoria. Grazie professor Lodoli per avercelo ricordato. Il suo articolo, ha il merito di risvegliare le coscienze


  • Marco Lodoli

    Caro Alfredo Simone, ma tu hai letto il mio articolo?Mi sa di no, perché io scrivo esattamente il contrario di quello che tu riferisci e per cui ti indigni. E comunque io insegno in borgata da 40 anni, cercando di sviluppare nei ragazzi uno spirito critico e un pensiero libero. Credo di aver dato tanto come professore, anche se tu pensi di no. Ho insegnato ai miei studenti a leggere un testo e a comprenderlo, ad esempio. Un caro saluto, Marco Lodoli


  • Marco Lodoli

    Scusate, ho mandato due volte il mio commento, con qualche modifica e qualche aggiunta. Non sono pratico…


  • Alfredo Simone

    Non ho l’abitudine di parlare per sentito dire. L’articolo l’ho letto – https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2021/03/29/walter-rossi-la-memoria-che-non-sta-in-piediRoma10.html?ref=search – e devo dire che capisco che di fronte a osservazioni così puntuali, come quelle di Contropiano, si cerchi di gettare fumo negli occhi. Un insegnante di borgata vale per quello che insegna e devo dire che oltre a quello che Le detta il suo smisurato ego – Avevo vent’anni quando uccisero Walter Rossi, e ricordo perfettamente l’atmosfera che si respirava in città. Agguati, botte, e poi pistole omicide, ogni settimana si contavano i feriti e i morti. Uccisero il giudice Occorsio proprio all’angolo di casa mia, ero alla manifestazione in cui morì Giorgiana Masi, e mi ritrovai per caso a cento metri dalla Renault rossa, la bara di Aldo Moro. Anche se non militavo in nessun gruppo politico, sono stato testimone di una stagione atroce, di violenza nutrita da ideologie folli, da un odio insensato….. « – dubito che possa insegnare qualcosa di utile.

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