Sabato 19 marzo saremo di nuovo in piazza contro la guerra. Fuori l’Italia dalla guerra, no all’invio di armi, fuori la Nato dall’Europa e stop all’economia di guerra che andrà a colpire i settori popolari, sono le indicazioni su cui sabato 19 marzo la Rete dei Comunisti parteciperà alla manifestazione di Roma contro il pericolo rappresentato da una base militare strategica piazzata in mezzo a quartieri popolosi come Cinecittà e Centocelle, a Pisa a sostegno dei lavoratori aeroportuali che si sono rifiutati di caricare armamenti italiani destinati al fronte di guerra in Ucraina e domenica a Sigonella contro la base militare Usa.
L’invio di armi, le basi militari e il vertiginoso aumento delle spese e della propaganda di guerra in un paese già prostrato da anni di recessione economica ed emergenza sanitaria, sono la materializzazione di cosa significhi trascinare il nostro paese in guerra come sta facendo il governo Draghi.
In nome dell’espansionismo della Nato e delle ambizioni dell’Unione Europea, stiamo scivolando sempre più velocemente sul piano inclinato che può portare alla terza guerra mondiale. Per questo motivo occorre imporre il cessate il fuoco, il ritiro delle truppe russe e la neutralità dell’Ucraina e poi l’apertura di seri negoziati di pace tra Mosca e Kiev, negoziati che non possono però non tenere conto anche delle esigenze delle popolazioni delle Repubbliche del Donbass diventate una barriera all’avanzata del fascismo in Ucraina e nell’Europa dell’Est. Le persecuzioni contro gli antifascisti, la messa fuorilegge dei comunisti ucraini e il trattamento bestiale riservato agli immigrati provenienti da paesi non europei sono lì a confermarlo ancora una volta.
La Rete dei Comunisti ritiene che la responsabilità di questa escalation sia della arrogante espansione militare della Nato verso l’est e contro la Russia.
La Russia ha messo il mondo di fronte al fatto compiuto entrando con le truppe in Ucraina. E’ un atto avventurista che può trascinare l’intera Europa – all’est come all’ovest – dentro una guerra dalle conseguenze disastrose e imprevedibili.
Lo stesso avventurismo è quello che vediamo nelle classi dirigenti europee e della Nato, incluso il governo italiano. Accentuare l’escalation significa portare l’Europa e il mondo sull’orlo di una guerra totale e nucleare. Quello che sembrava uno scenario remoto e impossibile è diventato invece un incubo ben presente nell’agenda internazionale.
In questo senso intendiamo denunciare la totale irresponsabilità nell’aver collocato una base militare strategica come il Comando Operativo Interforze in mezzo ai quartieri più densamente popolati di Roma e d’Europa. Questa base sarebbe uno dei primi bersagli ad essere colpiti in caso di guerra.
Allo stesso modo inviare armamenti per la guerra in Ucraina dall’aeroporto di Pisa o da quello di Pratica di Mare, trasforma il nostro paese in un potenziale Stato in guerra contro la Russia. Negare o ignorare tutto questo in nome dell’interventismo, riporta il nostro paese ai decenni più bui e all’isteria di una martellante propaganda di guerra su televisioni e giornali.
Economia di guerra significa aumento delle bollette, della benzina, dei prezzi dei generi alimentari. Significa aumentare le spese militari di altri 10/12 miliardi euro all’anno e quindi tagliare le spese sociali. Significa veder chiudere centinaia di imprese e migliaia di licenziamenti a causa delle sanzioni verso la Russia.
Noi non ci arruoliamo nella guerra della Nato e di Draghi. Torniamo ad affermare che vogliamo tenere l’Italia fuori dalla guerra e non intendiamo accettare passivamente i costi dell’economia di guerra che il governo intende scaricare sulle famiglie, lavoratrici e lavoratori, settori popolari.
Per queste ragioni saremo in piazza sabato 19 marzo a Roma alle ore 15.00 in Piazza Don Bosco, a Pisa alle ore 15.00 davanti all’aeroporto “Galilei” da cui partono le armi. Domenica 20 marzo ore 10.30 alla manifestazione alla base Usa di Sigonella.
Invitiamo tutte e tutti ad attivarsi per trasformare i luoghi di lavoro, le scuole, le università e i territori in punti di resistenza popolare contro la guerra.
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